6 - Un incontro alle porte dell'inferno

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Thalia

«E lì c'è la cucina, che è collegata al salotto.»

Stavo visitando l'appartamento che avevo adocchiato diversi giorni fa online, durante la pausa pranzo in mensa, insieme a un agente immobiliare.

Le pareti erano chiare e i mobili dalle rifiniture semplici, le finestre davano sulla strada. Quello era l'appartamento all'ultimo piano di un palazzo nel quartiere di Harlem, che trovavo perfetto per me e le mie necessità seppur fosse di piccole dimensioni.

«C'è solo una camera da letto?»

«Si, ma se dovessi avere ospiti il divano può diventare un secondo letto.»

Nella mia mente prese forma l'immagine di Drake addormentato su quel divano, e sorrisi all'idea di ospitarlo in una casa che avrei reputato mia. Per me significava esser riuscita finalmente a chiudere quella porta che dava sul mio passato, una volta per tutte.

«Credo sia... beh, è perfetta. Dove devo firmare? E se fosse possibile vorrei trasferirmi qui già domani, alloggio in un ostello da un bel po' di giorni ormai.»

Il proprietario annuì con entusiasmo a ogni mia richiesta, disse che potevo trasferirmi in quella casa anche subito in seguito alla firma del contratto.

«Ho lasciato tutti i documenti in macchina, torno subito.»

Lo osservai lasciare, per un momento soltanto, l'appartamento. Rimasi da sola, nel luminoso salotto di quella che, presto, sarebbe diventata la mia nuova casa per un anno. Mi sfuggì un sorriso mentre prendevo il cellulare dalla tasca posteriore dei jeans, composi poi il numero di mio fratello. Quest'ultimo rispose dopo due squilli soltanto, pareva stesse aspettando quella telefonata con il cellulare posato a portata di mano.

«Drake, sei solo? Puoi fare videochiamata?» mi dimenticai persino di salutarlo, tanto ero emozionata ed entusiasta.

«Posso ritenermi offeso, dopo che non ho ricevuto nemmeno il buongiorno?» seppur non potessi vederlo, ero certa che un caldo sorriso gli curvava le labbra.

«Chiedo umilmente perdono, o mio amabile e buono fratello. Ti prego di non far caso alla mia dimenticanza, non accadrà mai più un errore tanto grave.» pronunciai quelle parole in tono solenne, tanto che riuscii a stento a trattenere una risata.

«Bene, ora va decisamente meglio. Comunque si, sono solo. Ti chiamo su Facetime.»

Drake mi chiamò pochi secondi dopo. «Si può sapere che ti prende? Perché tanto entusiasmo, piccoletta?»

Non gli risposi subito, feci un giro su me stessa inquadrando ogni angolo del salotto, soffermandomi sul sofà. «Lo vedi quel divano? Tu dormirai lì quando verrai a trovarmi.»

Drake sorrise con così tanta sincerità da scaldarmi dentro. «Hai trovato casa? È splendido Thal, dico davvero. Cerco di venire il prima possibile a trovarti, che ne pensi?»

«Penso che sia una fantastica idea, Drake. Ho così tanto da mostrarti in questa città: faremo un pic-nic a Central Park, di notte vedremo le luci di Times Square e poi saliremo sul grattacielo più alto per vedere lo skyline di Manhattan al tramonto. L'appartamento è ad Harlem, ma possiamo prendere la metro o il pullman per arrivare in centro.»

«Sembrano tutte ottime idee.» Drake sorrise. I suoi gomiti posavano sul tavolo della cucina della nostra casa in Messico e con una mano si scompigliava il ciuffo castano, che gli ricadde sulla fronte.

Ci furono alcuni attimi di silenzio, che lui decise di infrangere porgendomi la stessa domanda che ero sempre riuscita a evitare, in un modo o nell'altro. «Non mi hai ancora detto che lavoro fai. Abbiamo parlato della scuola, della città...»

𝔒𝔟𝔰𝔢𝔰𝔰𝔢𝔡 - Rose sfioriteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora