34 - Fame di lei

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Flynn

Con una sigaretta incastrata fra le labbra, affondai le mani nelle tasche del giubbotto di pelle alla ricerca dell'accendino. Scesi i gradini due alla volta e raggiunsi il salotto, seduti sul divano vidi Roxy e mio padre.

Lui era intento a leggere il giornale, ma devo ammettere che non gli si addiceva per niente il ruolo da "capo-famiglia" delle soap opere. Roxy invece sbadigliava assonnata, malgrado mezzogiorno fosse passato da un pezzo sembrava essersi svegliata da poco. In mano aveva il suo cellulare e navigava fra i social per trascorrere il tempo.

Era domenica, Monica presenziava all'inaugurazione di una nuova statua a Central Park al fianco del sindaco, sarebbe tornata solo nel tardo pomeriggio.

C'eravamo solo noi in casa, ma l'aria era diventata a dir poco irrespirabile per me. La presenza di mio padre era soffocante. Per questo avevo deciso di uscire, di fare un giro in moto così da non dover trascorrere del tempo con lui.

Salutai con un cenno del capo Dolores, che varcava la soglia della cucina con un vassoio d'argento stretto fra le mani.

«Stai uscendo, Flynn?» mi chiese dolcemente, avanzando di un passo verso di me.

«Vado a fare un giro in moto.»

Recuperai le chiavi dal mobiletto accanto all'ingresso, fu allora che mio padre parlò.

«Roxy, perché non inviti Thalia uno di questi giorni?»

Mi immobilizzai davanti alla soglia, le dita rigide attorno al pomello della porta.

«Perché no, è da tanto che non viene a casa.» rispose Roxy con nonchalance, ignara delle vere intenzioni di papà.

Certo, Thalia non era una minorenne e stava a lei decidere se cedere o meno alle avance di mio padre. Conoscendola, sapevo che volesse solo essere amichevole quella sera al municipio, a quell'evento organizzato da Monica.

Ma anche solo immaginarli insieme mi provocò un ringhio rabbioso, che mi graffiò la gola. Aprii la porta d'ingresso e la richiusi con forza, tanto che le assi dello stipite tremarono.

Entrai in ascensore con il casco sottobraccio, premetti poi il bottone per scendere al piano terra.

In tasca avevo trovato l'accendino, lo stringevo come se potesse essere l'ancora a cui aggrapparmi per non perdere definitivamente il lume della ragione.

Non riuscivo a vederla con nessun altro, non riuscivo a pensarla al fianco di qualcuno che non fossi io. Era diventata la padrona dei miei pensieri, delle mie azioni.

The Masked Angel era solo un vago ricordo ed era da diverse sere che non frequentavo l'Angels, più precisamente dalla festa organizzata da Foster.

Thalia mi era entrata dentro, scavando dentro di me con dolcezza e delicatezza, senza la paura di graffiarsi fra le spine che mi pungevano l'anima.

Quando poi l'avevo vista in compagnia di Henry, di notte in mezzo al bosco, non ero riuscito a reprimere l'istinto di seguirli. E avevo fatto bene, perché quell'idiota era ubriaco marcio e stava per commettere l'errore che avrebbe rimpianto per tutta la vita, perché io glielo avrei fatto rimpiangere.

Non appena le porte dell'ascensore si aprirono, uscii dal palazzo a grosse falcate e salii sulla moto.

Quasi mi scordai della sigaretta che ancora mi pendeva dalle labbra. Infilai il casco e partii per le trafficate strade di Manhattan con una destinazione ben precisa in mente: Thalia.

Sentivo il bisogno di vederla dopo averla evitata per qualche giorno, in seguito alla gita.

Non ci eravamo mai scambiati i numeri di telefono, quindi dovetti solamente sperare che fosse in casa. Era domenica, era l'ora di pranzo, avevo buone possibilità che non fosse uscita.

𝔒𝔟𝔰𝔢𝔰𝔰𝔢𝔡 - Rose sfioriteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora