46 - L'antagonista della storia

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Thalia

Era domenica, il sole era sorto da poco sopra i grattacieli e Manhattan sembrava particolarmente silenziosa quella mattina, come fosse ancora dormiente. Probabilmente, l'unica ad aver trascorso la notte in bianco e con lo sguardo fisso sullo schermo di un cellulare ero io.

Mi mordicchiai il labbro inferiore, la gamba sinistra che dondolava nervosamente sotto il tavolo sgombro della cucina. Su quella superficie, proprio al centro, posava il mio telefono e non facevo altro che guardarlo, in attesa di vedere il display illuminarsi per via di qualche notifica.

Non avrei dimenticato la rabbia e la delusione negli occhi di Flynn, i suoi pugni chiusi lungo i fianchi e le labbra arricciate in una smorfia. Avrei voluto corrergli dietro mentre se ne andava, e lo avrei fatto se non fosse che il palco dell'Angels mi stesse aspettando. Non avevo scelta.

Immaginavo che parlasse sul serio quando disse che avevamo chiuso, ma non ci avevo creduto fino a quando non aveva ricominciato a ignorare i miei messaggi e le mie telefonate.

Francamente, non riuscivo più a comprenderlo. Prima eravamo sulla stessa lunghezza d'onda, ma ora? Ora Flynn era venti passi avanti a me, io dietro di lui arrancavo cercando di tenere il passo con le sue stranezze, i suoi segreti e i sentimenti taciuti.

Dopo aver fatto sesso, prima del viaggio in Messico, era scomparso. Immaginavo avesse ottenuto ciò che voleva e che quindi non gli servissi più, poi però mi aveva salvato e aveva messo a repentaglio la propria vita per me. Inoltre avevo capito fosse geloso, quella scenata dopo avermi visto con un altro ragazzo in un locale ne era la prova.

Quindi ero certa che gli importasse di me almeno un po', ma qualcosa sembrava frenarlo, come se fosse stato costretto ad allontanarsi. Poi a spegnere quella più piccola speranza che nutrivo per noi due, fu l'aver scoperto che fossi io The Masked Angel. Quella era senz'altro la goccia che fece traboccare il vaso.

Volevo parlargliene, prima o poi sarei stata costretta a farlo, cercavo solo di aspettare il momento giusto.

Ma quando mai sarebbe stato il momento giusto? Anche se fossi stata io a dirglielo ero certa che si sarebbe infuriato, perché non avrebbe cambiato il fatto che agli inizi gli avevo mentito.

E poi stavamo parlando di Flynn, di colui che vedeva muri e scudi fra sé e chiunque altro, che mostrava le zanne perché sapeva che ferire per primo era meglio che essere feriti.

E io l'avevo ferito, ne ero certa. Così come lui aveva ferito me. Sembrava non facessimo altro che distruggerci, era estenuante.

Distolsi lo sguardo dal telefono quando sentii la porta d'ingresso aprirsi e i cardini cigolare. Con numerose buste colme di cibo fra le mani, Drake fece il suo ingresso in cucina e si sorprese nel vedermi già sveglia.

Al rientro dal Messico lui si era trasferito nell'appartamento di Zack, proprio come aveva deciso durante la nostra lite. Gli avevo detto che poteva restare una volta che avevamo ripreso a parlarci, ma lui non voleva saperne, era con Zack che voleva cominciare a vivere. Ma nonostante tutto, non aveva smesso di prendersi cura di me.

«Sei già in piedi? Come diamine è possibile?» esclamò mentre poggiava le buste sul tavolo, davanti a me.

Mi conosceva, sapeva che la domenica mattina la trascorrevo sotto le coperte a dormire. Beh, eccetto quel giorno almeno.

«Non ho chiuso occhio, sto aspettando che Flynn mi risponda.»

«Beh, bisogna incollare il telefono alla mano di quell'idiota. Sbaglio o non è la prima volta che non ti risponde e che sparisce dalla circolazione?»

Scossi il capo e sospirai appena, incrociando le braccia al petto. «Credo che l'altra volta ci fosse stato qualcosa o qualcuno che gli impedisse di scrivermi, forse l'aveva fatto pensando di proteggermi.»

𝔒𝔟𝔰𝔢𝔰𝔰𝔢𝔡 - Rose sfioriteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora