Capitolo 25 Ossessionata dagli Stevens

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Sono passate tre settimane da quel brutto giorno. Ero svenuta in preda al panico, convinta che il mio migliore amico fosse morto e cosa ancora peggiore, convinta che fosse stata tutta colpa mia. Al mio risveglio mi avevano sistema in una camera del Day Hospital, mi avevano attaccato qualche flebo e si erano rifiutati categoricamente di farmi muovere da li.

Non appena avevo ricevuto le dimissioni ero andata all'info point a chiedere di Ben, ovviamente. Mi era stato detto che era stato dimesso, che suo padre lo era venuto a prendere.

QUINDI ERA VIVO. Ricordo di aver sofferto molto in quei giorni, i sensi di colpa, l'idea che fosse arrabbiato con me e che sia stato questo il motivo per cui se n'era andato senza salutarmi o dirmi niente. Inutile dire che ho provato incessantemente a chiamarlo, a chiamare lui, a chiamare Thomas, ma niente, spariti tutti e due.

"Tesoro è pronta la colazione" urla mia madre dal salotto.

Dopo l'accaduto Jack è venuto a Londra a prendermi e mi ha costretto a stare qualche giorno da loro, che poi sono diventati tre settimane. Come da programma sono arrivati anche i miei genitori e devo ammettere che mi fa piacere vederli. La sera stessa del mio arrivo ho ricevuto le scuse da Sam e anche da mio fratello, e visto il mio stato d'animo ho impiegato davvero poco a perdonarli.

"Arrivo mamma!".

Prima di alzarmi, come ogni mattina ormai, controllo il cellulare per vedere se Benson mi ha scritto, ma ovviamente no. Gli mando un messaggio come faccio ogni giorno.

Ben, ti prego rispondimi, i sensi di colpa mi stanno uccidendo

Ovviamente non mi aspetto una risposta e vado in salotto a fare colazione.

"Allora quando pensi di tornare all'università?" domanda mio padre senza neanche guardarmi negli occhi e continuando a "leggere" il suo giornale.

"Non c'è nessuna fretta" si intromette mio fratello nella conversazione.

"Tranquillo Jack, pensavo giusto di tornare a casa dopodomani così da poter tornare in università lunedì, sono già rimasta troppo indietro" affermo.

"Si, lo penso anche io" afferma mio padre con arroganza. Ormai sono abituata al suo modo sgarbato di rivolgersi a me, quindi, faccio finta di non aver sentito, cosa che non si addice a Jack invece.

"Papà, Amanda ha passato un brutto periodo, può tornare in università quando vuole!" gli dice con un po di cattiveria nella voce.

"No, non può, considerando che l'università gliela pago io!" dice ora abbassando il giornale e guardandomi negli occhi con aria di sfida.

Se prima ero a pezzi, ora sono disperata. E ritiro tutto quello che ho detto in merito all'essere felice di vederli.

"Fuori da questa casa" gli urla Jack in faccia. "Hai sentito quello che ho detto? Fuori!"

Mio padre comincia a ridere e non sembra volersene andare.

"Per favore basta.." cerco di mettermi in mezzo.

"No. Basta un cazzo. Lui se ne va subito!" continua Jack.

Una serie di emozioni contrastanti mi assalgono, ripercorro con la mente tutti gli avvenimenti dell'ultimo mese, mi sento persa, sola, distrutta, mi manca Benson e mi manca anche Thomas.

Sento la nausea raggiungere la bocca, corro più veloce che non posso e mi chiudo in bagno.

"Piccola che succede? E' già la terza volta questa settimana! Forse dovresti chiamare il medico!" mi urla Sam dall'altro lato della porta.

GIRL WOOED - CONTESADove le storie prendono vita. Scoprilo ora