La vittoria dell'amore

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Il giorno dopo a Meandosi il sole era nascosto dalle nuvole che diventavano sempre più cupe. Il cielo sembrava essere ricoperto da un soffitto nero, chiaro segno di un imminente temporale. Çağla si svegliò intorno alle dieci e si stupì del fatto che la cameriera non l'avesse chiamata, come tutte le altre mattine. Appena indossò le ciabatte, vide alcune fotografie attaccate allo specchio con un nastro adesivo. Si avvicinò: in ogni immagine lei era in compagnia del padre e a volte anche della madre. Ritraevano momenti lieti: gite al lago, feste di compleanno e istanti di quotidianità. Fissò l'immagine del padre e pensò a come fosse cambiato da allora: la brama di potere l'aveva reso cieco. Çağla si vestì e intanto le venne il sospetto che l'idea delle foto fosse stata sua per convincerla a non partire. Le valigie erano pronte, vicino alla porta. Ormai aveva deciso di lasciare il castello e nessuno sarebbe riuscito a convincerla a cambiare idea. La ragazza si diresse nella sala da pranzo e trovò il padre che la stava aspettando. Lei chiese arrabbiata: "Perché la cameriera non mi ha svegliata oggi?" Abdullah non rispose e continuò a fissarla. Lei posò le valigie vicino alla porta del castello: "Se credi che quelle foto mi abbiano convinta a cambiare idea, ti sbagli. Non voglio vivere più qui. Questa è ormai per me una prigione. Non voglio il potere, ma poter essere libera di amare. Forse hai ragione tu e lui non è l'uomo giusto, ma voglio sbagliare per capire i miei errori." "A volte non è possibile tornare indietro perché se cadi, alcune ferite ti rimangono per sempre!" esclamò il padre. La Principessa rispose: "Meglio: saranno un monito per il futuro. Non credere di riuscire a convincermi perché ormai l'immagine di padre protettivo è scomparsa: resta solo quella di un uomo incapace di capire i suoi sbagli e cieco dal potere." Abdullah si avvicinò: "Almeno fermati a mangiare con me. Sarà il nostro ultimo momento insieme." Çağla scosse la testa: "Non ho intenzione di sedermi allo stesso tavolo della persona che mi sta distruggendo la vita!" Prese le sue valigie e indossò uno sporco vestito con un cappuccio. Il padre tentò di fermarla: "Se tu esci da quella porta, io... ti diseredo!" La ragazza fissò il padre negli occhi: "Sono contenta. Non voglio i tuoi soldi: fino a ora ho sempre vissuto nel lusso e nello sfarzo, ma a discapito della povera gente e negli sporchi imbrogli in cui sei stato coinvolto." Aprì la porta e si voltò verso di lui: "Un papà che ha messo a rischio la vita di sua figlia e messo in galera l'uomo che ama... non merita nemmeno il mio rispetto!" e chiuse la porta del castello. Il rumore rimbombò in tutto l'edificio, ma soprattutto nel cuore di Abdullah: quelle parole non se le sarebbe mai dimenticate.

Poco dopo nell'ospedale di Roma Angela e Irina erano nella stanza della sorella. Elisabetta si era svegliata la sera prima ed erano state molto contente. Avevano parlato per molto tempo della loro preoccupazione nei suoi confronti. La giornalista era piuttosto scossa, però era riuscita a riprendersi subito dicendo di non essersi pentita del suo gesto. Quella mattina la donna era riuscita a mangiare alcuni biscotti per colazione. Mentre stava bevendo un bicchiere d'acqua, guardò Angela e Irina e notò uno strano silenzio. Sembravano pensierose e continuavano a scambiarsi strane occhiate. Dopo che l'infermiera aveva ritirato il vassoio, lei chiese sospettosa: "Cosa sta succedendo? È da quando ho cominciato a mangiare che restate in silenzio. Mi devo preoccupare?" Angela alzò lo sguardo verso di lei e poi guardò Irina. Con voce insicura disse: "Forse è meglio che spieghi tu. In fondo se siamo in questo guaio è solo causa tua: io ti ho solo coperta!" L'avvocato si alzò e non seppe come cominciare. "Irina!" esclamò Elisabetta con tono serio. La sorella spiegò: "La polizia è venuta da noi ieri e ci ha chiesto di dare la nostra versione dei fatti svolti a villa Bacco. Io ho mentito dicendo che Elena non sapesse nulla delle attività illegali di Mariano." La giornalista fu sorpresa: "Davvero?" Cercò di comprendere meglio la situazione e si rivolse ad Angela: "Di solito tu sai sempre come comportarti: non hai confermato la versione di Irina, vero?" L'archeologa respirò profondamente: "Ho dovuto coprirla. Volevo confessare la verità, però lei mi ha incastrata. Se avessi mentito, Irina sarebbe finita nei guai e..." "Non serve dare delle spiegazioni: la sostanza non cambia!" esclamò Elisabetta. Irina cercò di spiegare: "Ho mentito perché Elena non merita di andare in carcere. Quando le abbiamo parlato, ho sentito una sensazione strana, come se lei desiderasse una felicità che non può avere perché deve mettere in primo piano le sue responsabilità. Sono sicura che non volesse davvero andare in carcere. Ha già pagato per le sue colpe vivendo accanto a un uomo come Mariano. In più è incinta e non volevo che la creatura crescesse in una cella." "Non sono affari nostri: a noi importa solo che si scopra la verità. È questo il motivo per cui ci siamo dirette a villa Bacco e per il quale ho deciso di salvare Elena! Ho rischiato di morire per nulla?" esclamò confusa Elisabetta. Angela cercò di tranquillizzarla: "Calmati adesso. Ognuno deve essere responsabile delle proprie azioni: questo vale sia per Elena sia per te, Irina!" L'avvocato si giustificò: "Ho cercato di mettermi nei suoi panni: ha due figli da crescere e uno in arrivo! La sua famiglia è stata distrutta e non volevo che potesse accadere lo stesso con la sua vita! Non mi pento della mia scelta e sarei pronta a comportarmi nello stesso modo. Ho cercato di convincere Angela e non doveva per forza difendermi." "Siamo sorelle e bisogna aiutarsi a vicenda. Anche se una di noi commette uno sbaglio." commentò l'archeologa. Irina spiegò: "Tutti noi meritiamo una seconda possibilità. Lei si è comportata da donna innamorata e dobbiamo capirla. Volete che la creatura che porta in grembo cresca in uno squallido carcere? È vero: ognuno affronta le conseguenze delle sue scelte, ma lei non ha scelto di nascere e trascorrere i suoi primi anni di vita in una cella! Se non vuoi mentire per Elena, pensa alla sua creatura." Elisabetta sbuffò: "Va bene, ma sia chiaro: se la verità sui fatti accaduti alla villa sarà scoperta dalla polizia, noi dovremo pagare per la nostra menzogna. Siete pronte a questo sacrificio per una donna che conosciamo di persona solo da ieri?" Irina e Angela si guardarono e poi annuirono. Irina aveva ragione: la creatura non aveva deciso di nascere e non si meritava di pagare per scelte non sue. "Se la polizia verrà qui, io mentirò e confermerò la vostra versione." disse lentamente la giornalista. Dentro di sé sapeva che prima o poi se ne sarebbe pentita.

Chiave: verità e menzognaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora