Una decisione difficile (parte prima)

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Jim era in ospedale, seduto su uno scomodo letto

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Jim era in ospedale, seduto su uno scomodo letto. Si era svegliato un'ora prima e aveva rifiutato di consumare la colazione. Continuava, da interminabili minuti, a osservare il blu della parete dall'altra parte della stanza. I suoi occhi nocciola fissavano un unico punto e si perdevano in esso, come per scoprire le sue mille sfumature.

Jim non aveva voglia di mangiare, si sentiva troppo debole. Da quella mattina, il suo risveglio era diventato una condanna. Ogni movimento sembrava forzato, un gesto meccanico che solo un robot poteva compiere. Si sentiva come se il suo corpo si fosse ridotto a una lastra d'acciaio: troppo dura da rompere, con cui era impossibile convivere. Ogni suono gli appariva troppo lontano, ovattato: la sua esistenza si era ridotta a una bolla d'aria.

Un rumore riuscì a spezzare il suo stato d'inquietudine. Sul volto rugoso dell'orologiaio comparve un sorriso rassegnato. Era un cinguettio, l'avrebbe riconosciuto tra mille suoni. Con uno sforzo enorme, si voltò verso il davanzale e vide un uccellino che si era appena posato su quella superficie. Il volatile si guardava intorno in modo confuso. I raggi del sole illuminavano le sue piume ocra e lo rendevano ancora più bello di quanto non fosse già. Sembrava che luccicasse, pareva una piccola pietra di bronzo fuso.

Il pennuto rivolse il becco verso l'interno della stanza ed emise un altro cinguettio, più lungo del precedente. Quel movimento rese Jim felice perché aveva a fianco il simbolo della libertà. Gli eventi della sera precedente erano confusi, ma ricordava il suo intervento contro il padrone degli animali. Non si era pentito di aver salvato Pip.

La stanza era luminosa e i raggi del sole entravano con forza. Jim si trovava in una camera rettangolare e, dal punto in cui era, poteva vedere una piccola scrivania con accanto una sedia di colore scuro. Un mobile alto sovrastava il tutto con imponenza.

All'improvviso ebbe una strana sensazione, come se fosse paralizzato dal dolore. Il silenzio si ruppe quando un medico entrò nella stanza. Indossava un camice bianco a maniche lunghe e teneva su un braccio una cartella rossa. Tra i due ci fu un discreto saluto: la stretta di mano del dottore era forte ma indecisa per la notizia che avrebbe dovuto comunicare.

Jim ebbe l'impressione che il medico fosse triste: non sorrideva, sembrava dovesse domare una situazione più grande di lui. Guardava la cartella con sguardo all'apparenza assente.

Molti pensieri affollarono la mente dell'orologiaio. Deglutì e strinse con una mano le lenzuola. Il medico si sistemò gli occhiali piccoli e neri e si schiarì la voce.

"È g-grave?" chiese Jim. 

Il dottore alzò lo sguardo. "La ferita è grave. Mi dispiace, ma... dobbiamo amputare la gamba."

Per il negoziante fu come se il mondo gli fosse crollato addosso: la sua vita sarebbe cambiata irrimediabilmente.

Abbassò lo sguardo e cominciò ad aprire a chiudere le labbra senza pronunciare alcun suono. "C-Cosa? Non è possibile. La mia gamba sta benissimo!"

Chiave: verità e menzognaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora