Luang Prabang (parte terza)

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Pip avvicinò lo strumento alle labbra e una melodia incerta si diffuse nell'aria

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Pip avvicinò lo strumento alle labbra e una melodia incerta si diffuse nell'aria. Suonò con sempre più intensità, producendo un tono più acuto e prolungato. In quella melodia stonata riversava tutta la paura che provava in quel momento. L'ansia e la frustrazione muovevano le sue dita in modo rapido, senza un criterio preciso.

"Basta!" urlò l'uomo, spazientito per quell'agghiacciante suono. "Basta!" ripeté, stringendo Aura sempre di più.

La donna cercò di non muoversi e strabuzzò gli occhi quando vide delle piccole luci dietro Pip. Sembravano minuscole gemme di un verde ramato. Dei latrati improvvisi sovrastarono il suono stonato del flauto. Pip smise di muovere le dita e rimase fermo, impassibile. Sentì un forte spostamento d'aria che lo portò a indietreggiare, mentre alcune ombre gli passavano a fianco per proteggerlo. La luce a intermittenza riuscì a illuminare i corpi aranciati dei cani, che ringhiarono rabbiosi verso l'aggressore. Pip guardò il flauto e poi di nuovo gli animali: com'era possibile? Quale sortilegio li aveva incantati?

Continuò a indietreggiare, finché le sue gambe entrarono in contatto con il soffice pelo del micio che l'aveva condotto in quel vicolo. Sembrava che fosse guarito e girava intorno a lui. Si strusciò alle sue gambe, come per rassicurarlo.

L'aggressore balbettò: "Non è possibile..." e indirizzò il coltellino verso gli animali. "Non muovetevi!"

Aura gli colpì l'addome con il gomito e provò a scappare, ma la cieca furia dell'uomo riuscì ad afferrare i suoi lunghi capelli corvini e a sbatterla a terra con impeto. Si girò e sollevò l'arma dalla punta d'argento, ma uno dei cani gli saltò sulla schiena e infilò i denti con ferocia. Aura riuscì ad allontanarsi a gattoni e, sempre sotto la luce a intermittenza, vide il corpo dell'aggressore cadere inerme. Dopo un breve momento di buio, notò che i cani avevano circondato l'uomo e lo stavano aggredendo con i loro denti affilati. Pip strabuzzò gli occhi: le urla di lui raggiunsero i meandri della sua anima, incastonandosi nella sua memoria. Non se le sarebbe mai dimenticate: quelle non erano grida umane. Era crudele, tutto, ogni istante di quell'assurda situazione.

Le musiche tradizionali coprivano le grida glaciali di quell'uomo, che sembrava bruciare nell'inferno più buio. Aura si coprì gli occhi: non poteva guardare quel macabro spettacolo, era davvero troppo. Anche Pip non era in grado di sopportare tutto quel dolore e pensava che nessuna persona dovesse patire una sofferenza simile. Con il flauto stretto in pugno si avvicinò agli animali.

Pian piano le urla strazianti dell'uomo si affievolirono, finché non ebbe più la forza di emettere alcun suono. 

Pip si portò una mano alla bocca, sconvolto. Brividi di orrore gli percorsero la pelle, come se fosse entrato in contatto con ondate di scariche elettriche. 

Per un attimo provò a empatizzare con lui. 

Si strinse nelle spalle e percepì dei morsi, gli stessi che i cani stavano infliggendo al corpo ormai esanime dell'uomo. 

Chiave: verità e menzognaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora