Dal diario di Elja Underwood
Quando vidi per la prima volta le nuvole, era estate. Io e Rachel, la mia inseparabile compagna d'avventure, eravamo nel bel mezzo di un campo di grano.
Il proprietario, un contadino sulla settantina, aveva avvertito la polizia riguardo ad una non meglio precisata "invasione aliena", ripetendo più volte che fosse necessario «l'intervento dell'esercito, dei servizi segreti e dei governi di tutto il mondo.»
Quel che Jim Stones - questo il suo nome- non sapeva seguiva principalmente due linee: 1) era pazzo, 2) il centralino della polizia era quello che io e Rachel intercettavamo con più impegno.
Dunque, non appena il nostro sofisticato marchingegno da radioamatori aveva captato la richiesta d'aiuto, io e Rachel, un po' per noia, un po' per curiosità, ci eravamo diretti al campo di Stones.
Rachel Fenwich, ve lo posso garantire, era la creatura più nobile mai apparsa su questo pianeta. Grossi occhi verdi come smeraldi incastonati in un viso dalle proporzioni giottesche, incorniciato in una cascata riccioluta di capelli ramati. Il tutto completato da un corpo da atleta, o da favola, se preferite.
Tra noi non era mai successo nulla, ma quando eravamo insieme l'aria si caricava di quell'inconfondibile staticità che satura le stanze in cui due persone si desiderano.
Esisteva un tacito accordo fra noi, un profondo e silenzioso legame che non ci faceva mai superare la sottilissima linea che separa la provocazione dall'amore. Ed era bello, bellissimo.
Ma, fra tutte, la cosa che più amavo di Rachel era ciò che aveva dentro la testa. La mia vita, seppur non troppo lunga, a quell'epoca mi aveva già consentito di conoscere centinaia di persone, ma nessuna, NESSUNA, parlava, ragionava e agiva come Rachel.
Rachel era uno dei tre motivi per cui ero al mondo. Tormentare vecchi contadini pazzi era il secondo. Il terzo ve lo dirò più tardi.
Come ho detto prima, andammo al campo di Jim.
Erano circa le sette di sera di un'afosa giornata d'agosto. Il sole stava tramontando all'orizzonte, oltre gli interminabili campi coltivati della zona.
L'aria era carica di elettricità, ma ero sicuro che in quel momento non fosse dovuto al rapporto fra me e Rachel. C'era qualcosa di più.
Il campo di Stones era una vasta tenuta divisa in quattro aree; il vecchio ne coltivava tre a stagione lasciando a riposo la quarta, usando la tecnica del maggese come se fosse stato il vassallo di un capriccioso signorotto del Medioevo.
L'area rivolta verso ovest, verso il tramonto, ospitava spighe di grano alte quanto un pony, il che non è affatto male per un campo di grano. Ci sapeva fare il vecchio.
Quando arrivammo, notai che molte spighe erano piegate nella stessa direzione; viste dall'alto formavano sicuramente uno schema geometrico, o qualcosa del genere.
«Alieni?» direte voi, «no» vi risponderò io.
Conoscevo bene il burlone che non aveva altro da fare se non fingere di provenire da un altro pianeta, e quando vi dico che lo conoscevo, intendo che lo conoscevo davvero bene. Soprattutto perché era mio fratello minore.
Rachel, che come detto prima vantava una mente molto più che acuta, capì subito e soffocò una risata, lanciandomi un'occhiata.
Risi anch'io, e camminai fino al centro della geometria.
Guardai all'orizzonte, godendomi la freschezza del tramonto. Fu allora che vidi le nuvole.
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The End
Science FictionQuesta storia comincia dalla fine. La fine di tutto. "Immaginatevi di svegliarvi un giorno e di scoprire che il mondo che conoscete è finito. Questa è la mia storia." #2 in Fantascienza [12.04.2016]