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Fra le mille diavolerie della vita che non sopporto, una in particolare riesce a farmi inalberare più delle altre: avere un ricordo ai margini della mente cosciente e non riuscire ad estrapolarlo.
Vi è mai successo? É una sensazione odiosa, perché sai benissimo che quel dannato ricordo è lì, sulla punta della lingua, e aspetta solo di essere rievocato. Tu ci provi, ci provi con tutto te stesso, ma senti solo una grande sensazione illusoria, come quando stai sognando qualcosa di fantastico che svanisce appena apri gli occhi.
Mentre tornavamo al bunker, con gli zaini pieni di provviste e articoli vari, provavo esattamente ciò che vi ho appena descritto.
Sapevo di aver già sentito quella frase («Non fidarti della K!»), ma non avevo idea del dove e del quando, e soprattutto non riuscivo a intuirne il significato.
Per un attimo pensai di chiederlo a Rachel, ma lasciai perdere: stavo vaneggiando.
Quando arrivammo al nostro rifugio fummo accolti con tripudio. Abbracciai tutti mentre Johan usava la sua voce naturalmente amplificata per narrare le nostre epiche gesta.
Quando fu il turno di salutare Trix, non la trovai. Mi guardai intorno, cercandola e, quando la trovai, sorrisi.
Aveva gettato le braccia intorno al collo di Zeta e lo stava stringendo come se avesse avuto paura di non rivederlo più.
Vedevo il loro amore sbocciare di giorno in giorno.
Affondai le mani nel folto pelo di Anubi e lui mi restituì il saluto con una ruvida leccata. Notai che qualcosa in lui non andava.
"Che c'è, bello?" gli chiesi, accucciandomi di fianco a lui.
Mi aspettavo una risposta a parole, diamine, a volte mi dimenticavo di conversare con un cane, ma lui si limitò ad un grugnito.
Sì, qualcosa non andava.
Inquieto, mi avvicinai agli altri. Trascorremmo qualche ora seduti nella stanza a chiacchierare, come se il mondo non fosse finito.
Dana e Hype ci raccontarono di essere fuggiti da un marito ed un padre violento proprio nel momento in cui le città dava il benvenuto alle nuvole. Intravidi un velo di tristezza negli occhi di Hype, ma riconobbi un'incredibile maturità in quel bambino, che non doveva superare i dieci anni.
Abraham e Tabytha, invece, mi confessarono di aver cercato Trix in lungo e in largo arrendendosi una volta vista la metropolitana deserta. Abraham, in particolare, si sentiva responsabile per aver abbandonato la sua nipotina così in fretta.
"Non mi avete abbandonato." disse Trix, "Sono io ad averlo fatto, quando non vi ho raggiunti alla fattoria."
Jeffrey ascoltò silenziosamente. Mi accorsi che non sapevo nulla di lui.
La notte stava per abbracciare ancora una volta la città.
Il bunker era fornito praticamente di ogni cosa, un appartamento per dieci persone. Era comodo, quasi confortante in una situazione come quella, ma io continuavo a sentire un prurito di inquietudine alla base del cranio.
Si addormentarono tutti molto presto, mentre io rimasi sulla mia branda a guardare quel noiosissimo soffitto in cemento. Sentii un movimento vicino a me e mi voltai. Rachel.
"Ehi." sussurrai, "Come stai?"
"Meglio, grazie." rispose, "Quando ti ci abitui, l'apocalisse non è poi cosi male."
"Finché siamo assieme." dissi, sorridendo.
Si coricò di fianco a me e mi strinse, coprendosi con il lenzuolo che avevo abbandonato ai miei piedi.
Percepivo il profumo della sua pelle così vicino che per un istante pensai di impazzire. Il mondo stava finendo e lei trovava ancora il modo di rendermi felice.
Nella luce soffusa dei piccoli neon di emergenza, la guardai negli occhi.
Fidatevi di me, era davvero bellissima.
Un rumore spezzò quella magia.
"Cos'è stato?" chiese Johan, sollevandosi dalla branda con la prontezza di un ex-soldato.
"Non ne ho idea." dissi, alzando la testa.
Si svegliarono tutti.
Capii che la situazione stava per precipitare quando sentii il ringhio di Anubi.
Lo capirono anche Rachel, Trix, Zeta e Jeffrey.
Ancora quel rumore. Era un suono metallico, lontano, come se qualcuno stesse aprendo...
"Ci hanno trovati!" urlai. Come accidenti avessero fatto, non lo sapevo.
In un istante, la stanza del bunker fu un caos.
Recuperai le armi e le lanciai a Rachel, Zeta, Trix e Jeffrey, poi intimai a Dana e Hype di nascondersi nel bagno.
Tabytha fece di tutto per convincere Abraham a fare lo stesso, ma lui era uno all'antica, uno di quei vecchi lupi disposti a morire pur di proteggere la propria famiglia, e di conseguenza declinò la richiesta.
Ad un tratto, un istante prima che il sangue inondasse quella stanza ricavata nel cemento, il mio sguardo finì su Katia.
Era chinata in cerca della sua arma, e la maglietta corta che indossava si sollevava leggermente, lasciando scoperta la parte bassa della schiena.
Aveva un tatuaggio. Una K. K di Katia.

Buongiorno amici miei! Come state?
Devo farvi due importantissimi annunci:

A) Wattpad non mi notifica sempre i commenti; se vedete che non vi rispondo giuro che non mi state antipatici, è la tecnologia che vi odia! (Ma io vi troverò e vi risponderò)

B) Sto partecipando ad un concorso con questo racconto. Se vi piace la storia e avete voglia di sostenermi (ovviamente se pensate che io lo meriti) basta lasciare una stellina alla 33^ storia di "Concorso 2016" scritto da Sophland.

Come sempre, grazie di tutto!Baciiiiii

The EndDove le storie prendono vita. Scoprilo ora