Se riflettete attentamente su questa storia, vi accorgerete che è costellata di assurdità.
Già sento le parole che rimbombano nelle vostre teste: «Davvero basta così poco per far soccombere una città intera? In fin dei conti non si è visto niente di apocalittico.» e «L'esercito dov'è, in tutto questo?», o ancora «Cinque agenti armati non sopravvivono e tre mocciosi con un cane sì?». Queste sono proprio le domande che si sollevarono nel vorticoso mulinello della mia materia cerebrale. Ero incredulo a tal punto che spesso, quella notte, mi pizzicai la pelle credendo di svegliarmi nel mio letto, in un giorno come tutti gli altri. Ma tutto quello non era un sogno, e andava affrontato.
Per qualche oscuro motivo, che potete chiamare sorte, casualità, Dio o qualunque cosa vi vada a genio, noi eravamo lì, vivi e vegeti, e cinque uomini enormi e addestrati erano abbandonati sullo stopposo asfalto di una superstrada con i corpi lacerati.
La vita a volte è come uno di quei giocatori di poker che per vizio cercano di vincere con le mani deboli e si sbarazzano di quelle imbattibili.
Noi, ovviamente, eravamo la mano debole. Ma non ero sicuro che avremmo vinto.
Quando il sole - o quel che ne rimaneva - fece capolino all'orizzonte, il cielo era diventato la furiosa combinazione fra l'ormai consueto "blu follia" e il rosso infuocato dell'alba.
Il sonno ormai era un aspetto della vita che avevamo lasciato all'esistenza precedente. In verità, non sentivo più alcuno stimolo vitale, che fosse fame, rabbia o spossatezza.
Sapevo di essere vivo solo perché avevo paura e perché la sensazione dei fili d'erba sui polpacci era troppo reale per appartenere alla dimensione onirica o a quella della morte.
La città, che iniziò a profilarsi dinanzi ai nostri occhi intorno alle sei del mattino, era lo stesso, inconfondibile, ammasso di grigi edifici cubici che ricordavo.
Niente sembrava turbare il fiero portamento degli interminabili palazzi.
"Sembra che stiano accelerando." disse Zeta, additando le nuvole. Aveva ragione.
Diedi un'occhiata a Rachel, che era tornata ad arricciare il naso, completamente immersa nei suoi ragionamenti.
Sapevo a cosa pensava. Le sue labbra contratte gridavano «Rifugiamoci in città!», ma i suoi occhi limpidi e spaventati non erano affatto d'accordo. Mi avvicinai.
"Anche a me non piace per niente l'idea di ficcarmi in quella trappola." dissi, "Ma potrebbero avere un piano di soccorso per quelli che, come noi, riescono a raggiungerla."
Rachel scosse la testa. "Lo sai anche tu che è una menzogna. Se davvero avessero voluto accoglierci, non lo avrebbero fatto con dei posti di blocco. Chi si vuole salvare lo deve fare da solo."
Guardai oltre le nuvole pulsanti e annuii. Sì, lo dovevamo fare da soli.
Sentii un rumore cupo. Sembrava quello di un vecchio binario scosso dall'arrivo di un treno.
Mi guardai attorno e non vidi niente. Proprio non capivo che accidenti di essere potesse produrre un suono così lugubre.
Poi vidi Zeta che fissava Anubi e capii che il mio giovane cucciolo era appena diventato adulto.
Con gli enormi denti scoperti in un orribile ringhio, il pelo ispido sollevato in una folta criniera e le zampe anteriori genuflesse in avanti, per un attimo mi diede l'impressione di avere di fronte un autentico lupo, di quelli che si vedevano solo nei documentari.
Volsi lo sguardo nella direzione in cui la mia fedele bestiola puntava e fu allora che capii che ci sarebbe voluto ben più di un lupo per uscirne vivi.
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The End
Ciencia FicciónQuesta storia comincia dalla fine. La fine di tutto. "Immaginatevi di svegliarvi un giorno e di scoprire che il mondo che conoscete è finito. Questa è la mia storia." #2 in Fantascienza [12.04.2016]