Fra le pagine del mio diario, in precedenza, vi ho parlato di due delle tre cose per cui vivo.
Ci ho pensato a lungo, in questi giorni, e ritengo che sia arrivato il momento di parlarvi della terza: la famiglia.
La famiglia è fondamentale per ognuno di noi. Non tutti hanno la fortuna di averla ma, lasciatevelo dire da uno che ha perso praticamente tutto, se ce l'avete, tenetevela stretta.
Dopo la morte dei miei genitori, il mondo mi era crollato addosso.
Tornare a casa dopo la scuola e non trovare nessuno in casa, non avere una madre a cui raccontare la propria giornata o un padre con cui guardare una partita in televisione è... deprimente. Dico davvero.
C'era Rachel, ovviamente, e se non ci fosse stata lei probabilmente non sarei qui a scrivere.
E c'era Zeta. L'ultimo baluardo della famiglia Underwood, nonché il fratellino di cui dovevo prendermi cura.
Sulla lapide dei miei genitori, fra le tante promesse, ne avevo fatta una in particolare, che prevedeva la più dedita tutela della sua incolumità, anche a costo della mia.
In quel momento, dentro a quello stupido supermercato, la mia mente venne scossa da una terribile sensazione.
Non hai tenuto fede alla promessa più importante.
Vidi Zeta accasciarsi a terra con le mani premute su un fianco, mentre Jeffrey sparava all'impazzata verso un uomo.
Il mio cervello si spense. Avevo speso gli ultimi anni della mia vita ad assicurarmi che mio fratello vivesse in pace ed era stato sufficiente un minuto per distruggere ogni mio sforzo.
Senza curarmi dei proiettili che fendevano l'aria in cerca di una meta, mi precipitai su Zeta, facendogli scudo con il mio corpo.
Era riverso sul pavimento, con la testa rivolta verso l'alto e lo sguardo vitreo.
Grosse lacrime gli solcavano copiosamente gli zigomi arrossati, mentre la pelle del volto assumeva progressivamente il grigio colore dell'inverno.
Gli tolsi le mani e lui non oppose resistenza. Era stato colpito in pieno, sul fianco destro.
Non mi intendevo di anatomia e non avevo idea di quanto sangue avesse perso; in poche parole, non sapevo quanto tempo gli rimaneva prima che gli organi collassassero a causa dell'emorragia.
Adagiai delicatamente i palmi delle mie mani in corrispondenza della zona colpita e sentii il calore del sangue scivolarmi fra le dita.
Zeta abbassò gli occhi verso di me. Lo leggevo. Leggevo nei suoi occhi il terrore, la paura di morire, l'impotenza di fronte a qualcosa che nessuno di noi poteva controllare.
E vedevo anche un'altra cosa.
Vedevo il neonato che avevo stretto fra le braccia immediatamente dopo mia madre.
Vedevo il bambino a cui avevo insegnato a leggere e a scrivere, il bambino a cui di sera raccontavo storie di draghi e di cavalieri.
Vedevo il ragazzino che mi mordeva per giocare, quello a cui avevo dovuto dire che i nostri genitori non sarebbero mai più tornati; vedevo l'adolescente con cui avevo fantasticato su Rachel e sul futuro.
Vedevo mio fratello. E piangevo, piangevo così tanto da non riuscire a respirare.
Sentii dei capelli sfiorarmi la spalla e mi voltai. Rachel. Piangeva anche lei, e mi teneva bassa la testa per proteggermi dai proiettili.
Sentii altri capelli sulla spalla opposta e vidi Trix, in lacrime, stringere la mano immobile di Zeta.
Era questa la mia vita, mentre la storia del mondo giungeva al capolinea.
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The End
Science FictionQuesta storia comincia dalla fine. La fine di tutto. "Immaginatevi di svegliarvi un giorno e di scoprire che il mondo che conoscete è finito. Questa è la mia storia." #2 in Fantascienza [12.04.2016]