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I cinque giorni successivi furono un nebuloso tentativo di reintrodurre un vago senso di normalità all'interno  delle nostre vite.
Venne fuori che Zeta era stato colpito da un'arma di piccolo calibro, trascinandosi il proiettile all'interno dell'addome per quasi quattro ore.
Katia riuscì a ridurre l'emorragia, e nell'arco di due giorni potei rivedere quello che pareva lo spettro di mio fratello.
Mentre aspettavo che Zeta si riprendesse, feci amicizia con i nonni di Trix, Abraham e Tabytha, che si rivelarono un autentico spasso.
Trascorsi un'incalcolabile quantità di tempo con Rachel, e più volte finimmo con il guardarci negli occhi senza avere il coraggio di andare oltre.
Implicitamente, stavamo entrambi cercando di evitare che il nostro progressivo avvicinamento nascesse dalla prospettiva dell'improbabile futuro che ci attendeva.
Non ci amavamo perché era arrivata la fine, ci amavamo perché noi eravamo l'inizio.
Durante le sporadiche avventure al di fuori del bunker (compiute esclusivamente per non perdere la cognizione della terra emersa e per permettere ad Anubi di fare ciò che qualunque cane desidera fare quando è all'aperto), assistetti alla resa definitiva della città.
Gli edifici collassarono quasi tutti, lasciando solo scheletriche strutture allungate verso il cielo, rovine rimaste per testimoniare l'antico tentativo dell'uomo di combattere contro qualcosa di più potente.
Gli alberi del parco si ridussero a enormi cadaveri legnosi, ed io non intravidi più nemmeno l'ombra di un soldato.
Il giorno in cui Zeta fu in grado di camminare, muoversi e parlare come prima distava una sola settimana dall'inizio della fine.
Aveva portato a termine, per dirla in termini sportivi, un recupero-lampo.
Uscì dalla piccola stanza adibita ad ambulatorio con un gran sorriso ed un colorito più incoraggiante di quello che gli avevo visto addosso tre giorni prima. Dopo essersi profuso in innumerevoli formule di ringraziamento nei confronti di Katia e Johan, si sentì in dovere di ricambiare il favore. Era impaziente di riprendere in mano la sua vita.
Johan chiese volontari per una spedizione. Le provviste scarseggiavano e mancavano dei farmaci fondamentali per garantire cure di primo soccorso, se se ne fosse presentata la necessità.
Io e Rachel ci offrimmo per primi, Zeta alzò la mano immediatamente dopo.
"Non puoi andare, dannazione, sei quasi morto!" gli disse Johan, con il suo vocione.
"Non mi importa. Voglio uscire da qua." replicò mio fratello.
"Lascialo andare, Jo." disse Katia, appoggiando la spalla ad un muro. "Basta che non torni con un altro proiettile addosso."
Vinse Zeta. Accompagnati da Johan, uscimmo all'imbrunire del settimo giorno.
Era la prima volta che ci apprestavamo ad affrontare quello scempio di notte, ma Johan sosteneva che sarebbe stato più conveniente.
"I nemici che temiamo si fanno vedere ben prima di arrivare. Sono un branco di militari del cazzo, mica linci del deserto." aggiunse, con un'espressione rabbiosa dipinta in volto.
Aprimmo il tombino da cui eravamo spuntati e ci immergemmo nuovamente in quell'aroma di morte e devastazione.
Johan ci condusse verso ovest, dove il centro della città ospitava i grandi magazzini più forniti.
Ci ritrovammo per la seconda volta dentro ad un supermercato, ma questa volta fui ben attento a guardarmi intorno.
Ci dividemmo: Zeta e Johan si sarebbero dovuti occupare del cibo e delle medicine, io e Rachel avremmo pensato a cercare beni più pratici, come batterie per automobili, generatori e carburante.
Restammo soli, completamente al buio, come amavamo fare in quella che ormai sembrava una vita precedente.
La notte era stata il nostro rifugio, il momento in cui salivamo sui tetti dei fienili e guardavamo le stelle, l'attimo in cui il frinire dei grilli era l'unico rumore del nostro Universo, e la pulsazione dei nostri cuori l'unica melodia.
Presi per mano Rachel e gliela strinsi. Sorrise nel buio, ed io me ne accorsi, perché il suo sorriso l'avrei visto ovunque.

Non vi scrivo spesso attraverso i capitoli, ma stavolta mi sento in dovere di farlo.
Ieri questa storia ha raggiunto il quarto posto in Fantascienza e, se l'ha fatto, è solo merito vostro. Non saprei come altro esprimere la mia gratitudine, quindi vi dico semplicemente grazie.
Grazie davvero.

The EndDove le storie prendono vita. Scoprilo ora