EPILOGO

4.8K 416 105
                                    

[Canzone: Alibi - 30 Seconds to Mars]

Ci salvarono.
Alcune città avevano sopportato l'onta della pioggia con successo, riuscendo perfino ad organizzare squadre di soccorso come quella che ci salvò la vita.

Sono passati sei mesi da quel pomeriggio.
Rachel mi ha confessato di aver trascorso circa venti minuti per riuscire a convincere Anubi a fidarsi ancora di uomini vestiti con uniformi militari.
Conservo ben pochi ricordi del volo in elicottero, ma, fra ciò che mi è concesso rievocare, ho impressa nella mente l'immagine della città vista dall'alto, un enorme accumulo di cemento e acciaio polverizzati, in ginocchio di fronte alla terrificante azione della natura.
Nonostante sia ormai passato un bel po' di tempo, ancora oggi decine di domande mi danzano in testa come marionette senza fili.
Mi chiedo ancora chi fosse il senzatetto e quante cose sapesse, mi chiedo se sia sopravvissuto o se l'acqua l'abbia trovato prima che l'alcool gli restituisse la lucidità sottratta.
Mi chiedo come abbia fatto il sogno a mettermi in guardia da Katia e mi chiedo come Rachel, Zeta, Trix, Anubi ed io, quattro sparuti poppanti ed un cane, abbiamo fatto a sopravvivere.
Mi chiedo se tutto questo è reale.
Sono domande che non troveranno mai risposta, e mi va bene così.
A volte le cose accadono e basta.
Volete sapere com'è diventato il mondo?
Fidatevi di me se vi dico che non vi farebbe piacere vederlo.
Il mondo non c'è più. Almeno, non come lo conoscevamo.
Io, Rachel e gli altri adesso viviamo all'interno di un enorme aeroporto, ricostruito per poter ospitare circa duemila persone.
La connessione Internet dell'esercito, che è stata rimessa in funzione grazie ai grossi cavi della fibra ottica che attraversano il fondo dell'oceano, ha rivelato ai sopravvissuti ciò che nemmeno il più catastrofico dei film catastrofici avrebbe potuto mostrare: il nulla.
La terra emersa, in ogni parte del globo, è, semplicemente, terra.
I vapori acidi della pioggia e il mare inquinato incideranno senza ombra di dubbio sul nostro stile di vita da qui in avanti, ma essere ancora vivi oggi è già una grande conquista.
La popolazione mondiale si è ridotta dell'ottantaquattro per cento; ciò significa che l'uragano Moses, questo il nome che lo contraddistingue, si è portato via più di sei miliardi di anime, un numero che è destinato a salire.
Il sole che sorge sul Nuovo Mondo incontra persone che hanno perso tutto, bambini che non hanno un futuro certo e neonati che vedranno questo mondo come quello in cui sono sempre vissuti, senza poter mai ammirare il verde accecante di una foresta o il blu infinito di un mare non avvelenato.
Grossi movimenti ambientalisti stanno facendo il possibile per ripopolare la natura, ma ci vorrà a dir poco un secolo prima di poter apprezzare i risultati.
L'uomo ha cercato di estinguersi con le proprie mani, inquinando, uccidendo e non rispettando la dimora che lo ospitava.
Come ho già detto in precedenza, non so se tutto questo sia il risultato di un'opera divina o la vendetta della natura; in ogni caso, penso che avremmo dovuto aspettarcelo.

Spesso penso a Johan, ma mentirei se vi dicessi che è lui a cui si rivolgono i miei sentimenti più intensi.
È il ricordo di Jeffrey a tenermi sveglio, la notte.
In questi giorni, ho potuto visitare qualche sito Internet grazie ad uno dei computer della torre di controllo. Gran parte dell'enorme database del Vecchio Mondo è andato distrutto, e con esso una grossa fetta della memoria umana ha salutato per sempre l'Universo.
Ma qualcosa è rimasto.
Ho trovato una foto, proveniente dalla Cecenia del 1994.
Ritrae un soldato di spalle, intento a sfiorare con malinconiche dita un pianoforte abbandonato ai margini di un bosco.
Mi ricorda il vecchio Jeff.
Mi ricorda che non tutto è perduto, che un briciolo di umanità ancora risiede nell'animo di ciascuno di noi
Saremmo stati grandi amici, io e quello zuccone silenzioso.

 Mi ricorda che non tutto è perduto, che un briciolo di umanità ancora risiede nell'animo di ciascuno di noiSaremmo stati grandi amici, io e quello zuccone silenzioso

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

La quotidianità è un aspetto della vita che è rimasto, con chissà quanti altri, nel Vecchio Mondo.
Ogni mattina, ci svegliamo presto e lavoriamo in piccole serre, coltivando lembi di terra depurata dalle scorie acide.
La sera siamo così stanchi che incolonnare tre o quattro parole di fila è già un successo, ma spesso mi sdraio accanto a Rachel e, mentre lei chiude gli occhi dolcemente, io aggiungo qualche sporadica frase qui sopra, su questa malandata agenda del 2005.
Zeta e Trix sono una bella coppia. Condividono molte passioni e sembrano andare d'amore e d'accordo. Sono davvero felice per loro.
E sono felice per Abraham e Tabytha, che quando lavorano in mezzo alle serre sembrano un'affiatata coppia di pensionati che ha deciso di fuggire dal caotico respiro della città per rifugiarsi nella deliziosa cornice di un cottage estivo.
Il mio piccolo Anubi è diventato una pedina fondamentale per l'aeroporto: controlla il perimetro con i soldati e si assicura che nessun malintenzionato -quelli purtroppo non moriranno mai- scavalchi le recinzioni nel tentativo di giocarci un tiro mancino.
E poi ci siamo io e Rachel.
Dopo essermi ripreso dall'infortunio alla spalla, ho potuto occuparmi di lei. Ci siamo messi insieme, ed è meglio di qualunque cosa potessi prevedere.
Con lei accanto potrei vivere anche la mia intera vita così, fra una stanza in cemento con un paio di brande scomode e claustrofobici quadrati di terra brulla.
È qui al mio fianco proprio adesso, e dorme affondata fra le mie braccia, mentre arriccia il naso in una delle sue interminabili elucubrazioni notturne.
Il contatto con la sua pelle e quello con la sua mente sono ciò che mi tiene legato a questo mondo.
Per salvare la mia vita ho dovuto sacrificare quelle altrui, ho dovuto scegliere di porre fine all'esistenza di qualcun'altro, come un dio annoiato che si mette a giocare a dadi con la vita degli altri.
Non dimenticherò mai i volti delle persone che ho ucciso, ma se voglio andare avanti devo almeno tentare di farlo.
E dimenticare significa ricostruire, che è quello che ho intenzione di fare.
Penso spesso ai miei genitori, a cosa avrebbero fatto in una situazione come questa. Mi do sempre la stessa risposta.
Avrebbero ricominciato.
Lo farò anche io.
C'è un'idea che sta prendendo piede dentro di me, mentre questa dannata stilografica giunge al termine dei suoi giorni.
Devo metterla in pratica, prima che la paura di farlo me lo impedisca.
"Rachel. Ehi, tesoro." dico, accarezzandole una guancia.
Lei alza la testa, assonnata. Mi rivolge uno sguardo confuso, un faro verde nel buio della notte.
"Mmm?" mugola.
"Mi vuoi sposare?"
Il resto ve lo dirò quando riuscirò a recuperare un'altra penna.

FINE (Più tardi arrivano i Ringraziamenti :D)

The EndDove le storie prendono vita. Scoprilo ora