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Dovunque voi vi troviate, sono sicuro che abbiate già sentito parlare di esperienze pre-mortem, di luce divina e di distacco dell'anima.
Volete sapere una cosa? Un fracco di cavolate. Per inciso, parlo per me.
Aprii gli occhi. Buio.
Sentivo la testa vuota, come se nella mia vita non avessi fatto altro che vivere in quell'oscura stanza senza pareti. Non ricordavo niente.
Provai a camminare, ma non successe nulla. A quel punto, capii.
Ero in uno stato di incoscienza. Qualunque cosa mi fosse successa, ero immerso nell'etereo spazio fra il subconscio e la razionalità.
La sensazione era la stessa di un sogno lucido, in cui ci si rende conto di essere addormentati ma non ci si riesce a svegliare. Più semplicemente, credevo di essere in coma.
Aspettavo di vedere la luce che mi avrebbe strappato dal mio corpo terreno e di fluttuare via, abbandonando le mie spoglie dovunque fossero, ma non successe.
Esistevo unicamente lì, in quell'interminabile pozzo artesiano.
Aprii gli occhi. Luce.
Una fortissima luce lacerò le mie pupille, facendomi gridare di sofferenza.
Immediatamente dopo, un dolore lancinante mi esplose fra la spalla ed il polmone destro.
I ricordi si riversarono nella mia mente.
Rachel. Zeta. Anubi. Pioggia. Soldati. Johan. Osservatorio. Katia.
Ero disteso sulla pancia, nella stanza vetrata che funzionava da centro operativo dell'Osservatorio.
Ero immerso nel sangue. Con la guancia destra premuta a terra, allungai lo sguardo.
Il sangue non era solo mio. Johan era morto.
Ebbi l'impulso di piangere, ma la mia gola emise solamente un rantolo graffiato. Ero sicuro che uno dei miei polmoni stesse collassando.
Rimasi immobile a lungo, in quella posizione, mentre lacrime salate mi scendevano lungo gli zigomi e si mischiavano con il sangue sul pavimento.
Credevo che, da un momento all'altro, sarebbero spuntati Katia e i militari, ma nessuno aprì la porta.
Il tempo era scandito dalla pioggia sui vetri e dal mio respiro simile allo sbuffo di una caffettiera elettrica con il serbatoio dell'acqua quasi vuoto.
Ma il tempo non esisteva più, perché non esisteva più l'essere umano, con i suoi stupidi tentativi di dare un senso e una direzione al corso degli eventi.
Le cose, semplicemente, accadevano. Non c'era modo di controllarle; a volte erano favorevoli, altre volte no.
Il mondo non aveva tempo di dare un senso al tempo.
Sentii un rumore cupo, poi la porta blindata si spalancò.
Bloccato a terra com'ero, non riuscivo a vedere il nuovo o i nuovi arrivati, così cominciai ad agitarmi.
Ma poi sentii la voce.
"Elja!"
Rachel.
Rachel e Anubi.
Udii le suole degli stivali militari di Rachel fischiettare al contatto con il pavimento umido di sangue e lacrime.
Vidi il suo volto, appena sopra di me.
Aveva gli occhi lucidi e le labbra tremanti.
Alcune ciocche di capelli le si erano appiccicate in fronte, conferendole un aspetto selvatico. Era bella. Diamine se lo era.
"El, ti prego." disse, piangendo. "Ti prego resta con me."
Dissi qualcosa.
Diciamo che ci provai.
"D...dvè K...ia...?" balbettai, mentre uncini roventi scavavano le mie interiora.
"Katia?" chiese Rachel. Non so come potesse capirmi. "Katia non ci darà più problemi. E nemmeno gli altri soldati. Ci siamo quasi, tesoro, non lasciarmi sola proprio adesso." mi pregò, piangendo a dirotto.
Sorrisi, mentre il sangue del pavimento mi bagnava le labbra.
"Come.... mi hai.... chiamato?" dissi.
Lei, asciugandosi grosse lacrime argentee, sorrise. "Lo sai. Lo sai cosa sei per me."
"D...dove... Zeta?"
"Lo sto andando a recuperare. Ho trovato il computer che teneva traccia del suo segnale, so dov'è!" esclamò.
"Andiamo... salvarlo."
Rachel mi lanciò un'espressione severa.
"Non ci pensare nemmeno." disse, prendendo una siringa dallo zaino. "Elja, adesso ascoltami attentamente. Questa è morfina. Sapevo cosa vi aveva fatto, così, prima di sbarazzarmi di Katia, ho fatto in modo che mi spiegasse come usarla. Ti farà un po' male."
Sentii un lieve bruciore al braccio.
Guardai Rachel e provai a dire qualcosa.
"Graz... grazie... io... mi dispiace... Johan." il respiro cominciò a mancarmi.
Il buio ritornò prepotentemente a far parte dei miei pensieri, poi si portò via tutto il resto, gettandomi di nuovo nell'oblio.

The EndDove le storie prendono vita. Scoprilo ora