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La paura della morte è una delle forze più intense che pervadono la nostra mente.
Ce l'abbiamo fin da piccoli e, per quanto sia irrazionale, non riusciamo a liberarcene.
Viviamo in catene, pensando al momento in cui i nostri occhi si chiuderanno per l'ultima volta, e non riusciamo ad accettare l'inevitabile.
Ci avete mai pensato?
Io, personalmente, non riesco a comprenderla e nemmeno a concepirla.
Il solo pensiero di smettere di esistere, come cenere che si disperde nell'atmosfera, mi fa rabbrividire.
E morire rappresentava il concetto diametralmente opposto a ciò che volevo fare il giorno in cui l'apocalisse abbracciò il mondo che conoscevo.
Mentre la pioggia si abbatteva sulla città, riducendola in poltiglia, noi assistevamo impotenti dall'interno di quel grosso supermercato.
"Moriremo qui?" disse Trix.
Strinsi le labbra. "Facciamo in modo che non accada."
Con l'aiuto di Zeta e Jeffrey, abbassai la serranda del centro commerciale ed attivai il generatore di emergenza.
Non ci avrebbe aiutato per molto, ma dovevamo arrangiarci con ciò che avevamo.
Utilizzamo le scale mobili spente per scendere al piano di sotto e andammo diretti verso il reparto alimentari.
Il cibo nei nostri zaini cominciava a scarseggiare, e quello era l'unico posto dove le possibilità di rifocillarci erano concrete.
Camminammo senza far rumore, consci di poter non essere gli unici all'interno dell'edificio.
Ho letto da qualche parte che moltissimi bambini hanno il sogno di rimanere chiusi in un centro commerciale. Io, da piccolo, non ero da meno.
Sorrisi amaramente, pensando che, in quel momento, quel tanto agognato sogno era quanto di più distante potessi desiderare.
D'altronde, eravamo in trappola.
La mia più grande speranza, per quanto macabra, si basava sui cadaveri che avevo visto all'esterno: i militari dovevano aver già visitato quel posto.
Il reparto, come mi aspettavo, era in gran parte devastato. I soldati dovevano essere passati dal retro e aver recuperato la maggior parte dei generi alimentari.
Tuttavia, qualcosa era rimasto.
Due celle frigorifere continuavano a funzionare, ed il loro contenuto sembrava in buone condizioni.
L'unica cosa che scandiva il tempo dentro a quel luogo eternamente illuminato dalla luce soffusa dei neon era il ticchettio incessante della pioggia.
Vidi Rachel guardare in alto e capii cosa stava pensando.
"Non credo che il tetto ceda. Sarà anche la fine del mondo, ma è pur sempre pioggia."
Lei si voltò verso di me. "Ho paura."
Ci guardammo a lungo negli occhi, poi le accarezzai la punta delle dita.
Incrociare lo sguardo con Rachel era una sensazione strana, ma mi regalava un piacere antico, impareggiabile. Come immergere il cuore in una sorgente termale.
In quel momento, leggevo nello smeraldo delle sue iridi paura, disperazione e tristezza.
Ma, come sempre, quella meravigliosa sfumatura cristallina pulsava di saggezza e ferrea determinazione.
Le strinsi più forte le mani.
"Non basta la fine del mondo per cancellarci."
Lei sorrise debolmente.
"Grazie. Se fossi stata da sola in tutto questo..."
"Ti saresti salvata ugualmente." la interruppi. Volevo che credesse in sé stessa almeno quanto io credevo in lei.
Sentii un urlo alle mie spalle. Mi voltai. Zeta.

The EndDove le storie prendono vita. Scoprilo ora