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Immagino che, se già avevate il sentore che io fossi pazzo da legare, adesso ne avrete la certezza.
Ma non temete, adesso chiarirò ogni questione.
Se vi conosco bene - ed io non vi conosco, ma supponiamo che sia così -, so che adesso avrete diverse domande da pormi, come, ad esempio:
a) «Ma che diavolo stai farneticando?»
b) «Cosa significa schioccare la lingua?»
c) «Rachel è stata rapita e tu schiocchi la lingua?»
d)«Ma che diavolo stai farneticando?» (Non è una ripetizione, ma la quantità minima di volte che me lo direste se mi aveste davanti).
Andiamo con ordine.
Le mie non sono farneticazioni, ve lo giuro.
La rivista, con quello spiacevole articolo sui non vedenti, mi aveva fatto venire in mente un libro.
In questo libro, una donna cieca raccontava di riuscire a condurre una vita praticamente normale grazie allo schiocco della lingua.
Avete presente i pipistrelli?
Così come questi simpatici animaletti, molti non vedenti utilizzano l'udito per ricostruire l'ambiente che li circonda.
Il concetto è molto semplice: schiocchi la lingua e ascolti il rumore che il luogo in cui ti trovi ti restituisce.
Se sei a dieci metri di distanza da una parete e schiocchi la lingua, sentirai un rumore di ritorno ben differente da quello prodotto da una parete distante cinque o venti metri.
Basandomi su questo concetto, avevo schioccato la lingua in cerca degli ostacoli che mi separavano dall'aggressore di Rachel.
Era un metodo spartano, considerando che non l'avevo mai fatto prima e che il mio udito era disturbato dai passi dell'uomo che si allontanava, ma non potevo permettermi di cadere o sbattere e perdere per sempre Rachel.
Funzionò la prima volta, in cui evitai per un pelo un muro, ma non la seconda. La mia spalla urtò un grosso scaffale ed io caddi per terra. I passi dell'uomo si allontavano, e con essi la speranza di salvare Rachel.
Avevo gioito troppo presto.
Se solo avessi tenuto la torcia nel mio zaino e non nel suo.
Ad un tratto, mentre riprendevo dolorante la mia corsa, sentii la corsa dell'uomo interrompersi.
Svoltai un angolo andando completamente a caso ed intravidi un cono di luce.
Illuminava l'uomo che, di spalle, stringeva le braccia intorno a Rachel.
Perché si era fermato?
Trovai la risposta quando sentii una voce, proveniente da dietro la fonte di luce.
"Resta fermo lì dove sei."
Zeta!
Stavo per piangere. Mio fratello, che fino a cinque giorni prima era più un cadavere che un essere vivente era lì per me. Per Rachel.
"Se fai un passo, ti faccio fuori. Lasciala andare." disse.
All'inizio, l'uomo non si mosse. Poi, improvvisamente, spinse Rachel con grande forza in direzione di Zeta.
Il cono di luce barcollò e poi si allontanò, come se Zeta avesse perso la torcia nell'urto.
L'uomo approfittò della confusione e scomparve nel buio.
Corsi verso mio fratello e Rachel, cadendo almeno cinque o sei volte.
Se avevo capito come usare il trucco dei non vedenti, me l'ero già dimenticato.
"Zeta! Rachel! State bene?" chiesi, gridando.
Risposero affermativamente. Li strinsi, e nel frattempo vidi arrivare anche Johan, con in mano una grossa torcia.
"Come faceva a sapere il tuo nome?" chiese Rachel, asciugandosi le lacrime.
"Sapeva il tuo nome?!" esclamò Johan.
"Non lo so." dissi.
Qualcosa di remoto, nella mia testa, mi disse di stare attento. Un ricordo mi lampeggiò in un lontano recesso della mente, ma non riuscii ad afferrarlo. Però sentii ciò che quel ricordo mi stava urlando.
Non fidarti della K!

The EndDove le storie prendono vita. Scoprilo ora