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Qualcuno di voi si è mai accorto quante cose diamo per scontate ogni giorno?
Avere un tetto sulla testa, un letto in cui dormire, montagne di cibo in tavola, persone al proprio fianco...
Nessuna di queste cose ci spetta per diritto. Non esiste nessuna legge naturale che impone una direzione al corso degli eventi.
Se volete un pizzico di poesia: un giorno sei in mezzo alle stelle ed il giorno dopo sei fuori dalle palle.
Avevo ancora le mani premute contro il fianco quando Jeffrey mi si avvicinò.
"Tampono io la ferita. Rachel, porta via Elja."
Guardai Jeffrey quasi senza vederlo, ma era impossibile non notare la sua tempia sinistra, fradicia di sangue.
Sentii una mano prendermi il braccio delicatamente e portarmi via da mio fratello.
Mi guardai attorno, ma vedevo tutto sfocato. "Dov'è?" chiesi.
"Chi?" mi rispose Rachel.
"L'uomo. Quello che ha ucciso Zeta."
Rachel guardò alle sue spalle e vide ciò che avevo visto io: l'uomo non era dove pensavamo che fosse.
"Non credo che Jeffrey sia riuscito ad ucciderlo." disse, con la voce tremante.
"Devo andare."
Provai a fare un passo, ma Rachel mi si parò davanti.
"Ti prego, lasciami andare." le dissi. La vidi tentennare, ma non aveva alcuna intenzione di lasciarmi passare.
"Era mio fratello, Rachel." mugolai. "Lasciami trovare chi l'ha ucciso."
Cedette, spostandosi su un lato.
"Stai attento."
La ringraziai, cominciando a correre verso l'interno del reparto alimentari.
Non era solo una questione di vendetta.
Quell'uomo, chiunque fosse, ci aveva attaccato alle spalle, di sorpresa, e non avrebbe esitato a riprovarci.
Corsi a perdifiato, mentre grossi scaffali ricolmi di prodotti sfrecciavano ai margini del campo visivo.
Avevo già percorso tre o quattro settori, quando fui attirato da un movimento.
Vidi di sfuggita il piede di qualcuno che girava l'angolo, verso l'uscita. Allungai la falcata dalla parte opposta e me lo ritrovai davanti. L'uomo.
A dire il vero, non doveva essere molto più vecchio di me. Sorrideva.
"Scusami amico." disse, "Ma nella vita bisogna essere squali. Se non uccidi, sarai ucciso."
A mente lucida, credo che non avrei mai fatto del male ad una persona, se quest'ultima avesse ucciso mio fratello per difendersi.
Ma quel ragazzo sorrideva, sorrideva di piacere, e mio fratello era morto senza nemmeno averlo visto in faccia.
Mossi un passo verso di lui. Il suo sorriso rimase lì, su quella faccia da idiota.
Un altro passo. Un altro ancora. Arrivammo faccia a faccia.
"E adesso? Mi uccidi a mani nude? O preferisci un proiettile nello stomaco, come il tuo amico?"
Fu la goccia che fece traboccare il vaso.
Avrebbe potuto spararmi molto prima, poiché io avevo abbandonato
l'arma vicino a Zeta ed ero completamente disarmato.
Avrebbe potuto darmi una testata e finirmi una volta svenuto.
Ma era esattamente ciò che il suo volto diceva: un perfetto idiota, egocentrico, narcisista e presuntoso.
Io, invece, ero semplicemente una bestia accecata dalla furia e dalla disperazione.
Eravamo così vicini che potevo sentirne l'odore di sudore.
Prima anche solo che potesse accorgersene, le mie mani gli stringevano il collo.
Doveva aver pensato che scappassi, o che la mia forza non fosse sufficiente a minacciare la sua incolumità.
Ma non sapeva che la forza faceva parte della mia vita quotidiana in campagna, non aveva compreso che la forza era l'unica virtù che la vita mi aveva regalato.
Aveva dato per scontato che i centimetri che ci separavano a suo favore mi avrebbero fatto soccombere.
Lessi il terrore nei suoi occhi, ancora più chiaro che in quelli di mio fratello.
Provò a divincolarsi in ogni modo, ma i pugni con cui mi colpiva erano solo il solletico di un idiota.
Lo vidi morire, sentii la sua vita fuggirgli dal corpo nella stessa, vigliacca, maniera con cui lui era fuggito da mio fratello.
Non provai rimorso, nemmeno per un minuto.
Mio fratello era tutto ciò che avevo.

The EndDove le storie prendono vita. Scoprilo ora