13.

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Stamattina ho un brutto presentimento. Mi sono svegliata male, e ho mal di stomaco, in più oggi un compito importante, e non posso non andare a scuola.

Mi vesto con un paio di leggins e una maglietta con sopra una frase abbastanza spinta, mi sistemo i capelli e come ogni giorno mi dirigo in fermata, e come ogni volta da quando ho litigato con Simone, lui non è in fermata.  Avrà trovato qualche altro mezzo di trasporto in buona compagnia. Serro i pugni e aspetto il pullman che mi porterà in quel carcere. Ultimamente la scuola mi và stretta e mi stò anche stufando di andarci, ogni giorno la stessa routine, alzarsi, pullman,cose che si fanno durante il giorno, noia noia e noia.

Oggi è una giornata cupa, e ls gente tra loro non parla, immaginavo, non è una bella giornata, si respira un'aria soffocata.

Arrivata a scuola, Maria mi offre una sigaretta, che accetto per non sò quale motivo, ma avevo bisogno di rompere quella monotonia di ogni giorno, il fumo che buttavo fuori diventava sempre più piacevole anche se, i miei polmoni avevano bisogno di prendere fiato ogni tanto, e quando la nicotina entrava in circolo mi dava una buona sensazione, e qualche giramento di testa.

Quando entro in classe, noto simone al cellulare, un pò arrabbiato, vorrei andare li e abbracciarlo, ma ripensando a ciò che mi ha fatto, mi fà solo schifo.

Sussurro a maria - L'hai visto? Sembra che gli è morto il gatto -

Ridiamo insieme, ma dentro ho ancora qualche dubbio. Che avrà? Da sua migliore amica dovrei andare lì ed essere la sua valvola di sfogo, e farlo piangere sul mio petto e dirgli cose confortanti, ma se ci penso, io non sono più la sua migliore amica, mi fà male, ma devo allontanarmi da lui, dopo quello che mi ha fatto sopratutto. A quel pensiero mi rattristo un pò, ma mi autoconvinco ad essere forte, devo esserlo, per me. Mi merito di essere felice, ogni tanto.

Durante le ore, mi giro per vedere Simone, lo ammetto, sempre bello rimane. Qundo mi giro, noto che mi stà fissando, e mi rigiro abbassando lo sguardo, non mi giro per tutto il resto dell'ora.

Al cambio dell'ora, vedo Simone avvicinarsi a me, con aria impaurita, quasi come volesse chiedermi scusa, faccio finta di non vederlo e mi avvicino a Maria, perchè se prova a parlarmi ho paura della mia reazione. Ma lui mi viene vicino, e mi sussura di dovermi parlare, abbassa lo sguardo e si siede al mio posto quasi come dovessi seguirlo.

- Vai, vedi che ha da dire. -

- Ho paura - mi accorgo di tremare.

- Vedi che dice, poi al massimo vattene -

Mi conosco troppo bene, mi ritroverò a urlargli in faccia.

Mi avvicino a lui, con aria impaurita, e forse i miei occhi trasmettono paura.

- Ciao - mi dice lui, molto freddo. - Ciao, mi volevi parlare? - cerco di restare calma, ma la mia gamba non smette di tremare.

- Sei arrabbiata con me? - mi guarda e rivedo il mio simone - Si,tanto - mi viene spontaneo.

- Sai, Valentina mi ha preso molto - fà una piccola pausa - non volevo ignorarti, e farti allontanare da me -

Mi viene un sussulto. - E quella festa eh? , sai cosa ho passato per te? hai presente l'inferno? Ecco peggio, la vedi questa mano? - indico la mano fasciata da una benda - Sono i pugni che ho tirato addosso al muro, per te - Sudo freddo, e lui rimane a fissarmi, forse ho urlato un pò troppo.

- Scusa - sussurra lui. - Scusa?! Hai anche il corraggio di chiedermi scusa?, dopo anni e anni d'amicizia tu, mi sostituisci con la prima che passa, e quello che sai dirmi è scusa?- mi alzo dalla sedia, con le lacrime agli occhi. - Sai il dolore che ho provato per te? Lo sai? no, tu eri a quella dannata festa, quella foto mi è apparsa davanti e anni d'amicizia mi sono crollati davanti, e tu, - riprendo fiato - mi chiedi scusa? - mi esce quasi un sussurro di voce. Con quel poco di forza che mi rimane gli dico - Non hai mai saputo i sentimenti che ho provato per te - era quello il momento,  dovevo dirglielo - Ti ho amato fino a piangere di nascosto, e mentre tu ti facevi le altre, io ero a casa a piangere sangue - Maria, mi si avvicina e mi prende per un braccio e mi porta fuori dalla classe.

- Calmati- Mi passa un dito sotto l'occhio. - Calma - mi abbraccia.

Scoppio a piangere a singhiozzi, e in quel momento non mi interessa di chi passasse.

- E' uno stronzo - Mi allontano da maria - Mi ha chiesto scusa, perchè si sentiva solo, povero, non c'era Valentina, cosa sono la sua ruota di scorta? - Urlo, si, urlo così che lui possa sentirmi.

Maria mi dice di abbassare la voce, quando un gruppo di ragazzi si affacciano dalla porta.

Ma che mi guardino, non mi interessa, devono sapere che Simone è un bastardo.

Alessio esce dalla sua classe, probabilmente mi ha sentito essendo sullo stesso piano, esce molto impanicato e appena mi vede in lacrime mi abbraccia, e rinizio a piangere, mi accarezza i capelli e mi stringe al suo petto. Non fà domande, si limita ad abbracciarmi. - Sono qua, tranquilla, quando e se vuoi parlarne sono qua- Mi sento meglio a quelle parole.

Simone esce dalla classe sbattendo la porta, si gira, e appena mi vede abbracciato a lui tira un pugno al muro, e se ne và da qualche parte. Alessio capendo la situazione mi porta a fare un giro. - Devi fare lezione - dico io singhiozzando. - Era noiosa, e tu sei più importante - Lo guardo, e sorrido in mezzo alle lacrime, una luce di speranza in un tunnel buio.

Camminiamo per il giardino della scuola, quando mi abbraccia, e restiamo abbracciati per cinque minuti abbondanti, e mi calmo.

- Mi vuoi spiegare cos'è successo?-

Gli spiego tutto, della mia scenata davanti a  lui e del suo scusa inutile, e mi sale la rabbia e guando faccio per prendere a pugni con la mano sana il muro della scuola lui mi ferma, con molta facilità e mi riporta al petto.

- Qunta forza in una donna così minuta - dice con un goccio di ironia.

Sorrido, in effetti ha ragione, sono piccola ma la forza c'è l ho.

Mi ritrovo abbracciato ad un ragazzo che in tre giorni, mi capisce molto più di quanto faccia una persona che mi conosce da anni e anni, a volte sono proprio le persone a cui dai più fiducia a voltarti le spalle.

Mi prende il viso tra le mani e mi chiede se volessi passare il pomeriggio con lui, dato che sapeva che da sola mi sarei solo fatta male, e non aveva tutti i torti.


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