Parte 4

343 30 13
                                    




Quando tornammo a casa io ero più alticcia del dovuto.
Salii le scale barcollando e sentii June dietro di me sghignazzare prendendomi in giro per chissà cosa.

Quando finalmente arrivai in camera, dovetti trovare le forze per mettermi il pigiama. Ero talmente stanca che sarei andata a dormire vestita.
Sorrisi a questo pensiero.

Era da anni che non ero così stanca, in effetti soffrivo di insonnia da quando ero piccola. Non ero abituata ad addormentarmi subito, anzi, diciamo che non accadeva mai.

Ma quella notte, per la prima volta, appena la mia testa toccò il cuscino, mi addormentai.

L'ultima cosa che vidi furono quegli occhi.
Daniel ... si chiamava così.

●■●■●■●

«Cosa stai facendo?!»

Un uomo in tuta mi venne incontro con fare minaccioso, io scrollai la testa e sbattei gli occhi, incredula.
Ero in mezzo alla strada, l'auto dell'uomo a un passo da me.
«Io,...» Boccheggiai e mi guardai le gambe. Ero in pigiama in mezzo alla strada?!

«Che cosa stai facendo, vuoi ucciderti?!»

L'uomo continuava ad urlare e io indietreggiai lentamente, non avevo idea di dove mi trovassi.
«Mi ... mi dispiace»

Lui mi lanciò qualche altro insulto e se ne andò senza nemmeno preoccuparsi per me. Che stronzo.

Mi guardai intorno una o due volte, le strade erano buie e quasi deserte, doveva essere notte.
Rimasi per qualche minuto immobile sul marciapiede, continuai a sbattere gli occhi aspettando di svegliarmi.
Perché era un sogno, non poteva essere che così.
Provai a darmi un pizzicotto, poi un altro ancora ma,... niente.

Iniziai a camminare di qua e di la, senza sapere cosa fare. All'improvviso sentii qualcosa graffiarmi la pianta dei piedi e mi accorsi di avere i piedi nudi.

Chinai subito la testa, terribilmente in imbarazzo. Sapevo che avrei dovuto chiedere aiuto a qualcuno, ma mi sembrava tutto così assurdo, non mi ricordavo come ero arrivata fin li. Non poteva essere vero.

Mentre le prime lacrime iniziavano a solcarmi le guance mi ripetevo che avrei, prima o poi, trovato un cartello, un posto familiare, qualcosa di utile, insomma. Per fortuna quel momento non tardò ad arrivare e riconobbi l'incrocio in cui avevamo svoltato quel pomeriggio. Tirai un sospiro di sollievo quando mi accorsi di non essermi allontanata troppo e, con le lacrime agli occhi, iniziai a correre subito verso casa.
L'incredulità aveva lasciato il posto alla paura, alla disperazione.

Entrai a casa e mi riversai sul pavimento, in lacrime. Di certo non potevo più dormire dopo quello che era successo.

Quando arrivò l'alba io ero ancora li, immobile. Il sole che entrava dalla finestra del corridoio illuminava tutto, rendendo più chiaro quello che era successo.
Mi guadai per la millesima volta; con il sole, i miei piedi, apparivano totalmente neri e graffiati.

Strinsi le labbra e soffocai un grido.

Come l'alba, dopo qualche ora, arrivò anche Carol. Spuntò dal corridoio stropicciandosi gli occhi arrossati dal sonno. Quando mi vide si fermò, gli occhi piccoli come fessure si aprirono in un istante.
«Ma che..?!»

Io scrollai le spalle.
«Penso..» Le parole uscivano dalla mia bocca impastate e tremolanti « di essere sonnambula »
Carol si bloccò continuando a fissarmi e, ad ogni occhiata, la vedevo stringere le labbra per il disgusto.

«Cosa?» Deglutì ed io abbassai lo sguardo «Dove sei andata?»

In mezzo alla strada!
«Mi sono svegliata sulle scale» Non so perché mentii, semplicemente sentivo di doverlo fare.

Carol iniziò a sghignazzare, probabilmente sollevata dalla notizia che, almeno, non ero uscita dal condominio.
La guardai avvicinarsi alla cucina e prendere un bicchiere di succo.
«Dai vai a lavarti» Il suo sguardo si addolcì «Tranquilla, eri molto stanca, a volte succede»

Io annuì. Non aveva senso ma mi consolava pensare che poteva succedere, che era normale e mi ero allarmata per niente.
In fondo, forse, aveva ragione lei.

Mi alzai debolmente e andai verso la doccia. Quando l'acqua calda iniziò a sfiorarmi la pelle mi sentii subito più leggera. Mi sciacquai la faccia più volte del dovuto e, sentendo quell'esperienza diventare sempre più sfocata e lontana, mi lasciai sfuggire un sospiro di sollievo. Era finita.

Mentre mi asciugavo i capelli mi tornò in mente la sera precedente e sorrisi al mio riflesso come un'idiota. Era bello avere conosciuto qualcuno di nuovo e non vedevo l'ora di raccontarlo a Carol.

E poi.. nulla poteva togliermi dalla testa quegli occhi neri, quei riccioli scuri, quella bocca... Scossi la testa.
Mi stavo comportando esattamente come una tredicenne.

Quando tornai in cucina, finalmente vestita e pulita, trovai June e Carol che facevano colazione insieme.
Entrambe si fermarono quando mi videro entrare.

«Cazzo...» June scosse la testa «Ti avverto...» Mi puntò un dito contro come se fossi un mostro «... A me fanno paura i sonnambuli»

«Oh ma smettila» Agitai una mano in aria come per scacciare una mosca «E' solo la prima volta che mi capita»

June riiniziò a mangiare e Carol sogghignò.
«Ti abbuffi sempre così?»

June annuì con la bocca piena.
«Il bello dei metabolismi veloci» Fece l'occhiolino a Carol e io risi mentre mi sedevo sul divano, socchiudendo gli occhi.
Che stanchezza.

Vidi il giornale inclinato sul bracciolo del divano e lo tirai a me, lentamente, con i muscoli che imploravano pietà. Avevo accumulato troppa tensione.

«Allora qualcuno mi racconta come è andata ieri?» Carol cercò di mandare giù anche l'ultima goccia di succo rimasta nel bicchiere inclinando in modo disumano la testa.

«Si ci penso io» June masticava e parlava contemporaneamente «E' successo che Mia ha subito fatto colpo»

Alzai gli occhi al cielo. Con la mano, intanto, sfogliavo il giornale solo per il piacere di sentirlo tra le mani.
Poi l'occhio mi cadde sull'immagine della ragazza scomparsa e mi si gelò il sangue.
Allontanai subito il giornale.

«Cosa?» Carol rise.

«Non la ascoltare, non è vero»

June scosse la testa.
«E tu che ne sai? Io ti dico che non ho mai visto Ethan guardare nessuno così»

Incrociai le braccia e non risposi. In effetti avevo notato che poteva esserci dell'interesse, ma non avevo voglia di parlare di questo e soprattutto non volevo farmi delle illusioni.

«Che ne dite di fare un giro per vedere la città oggi?» Cambiai argomento ed entrambe furono entusiaste della mia idea.
Richiusi gli occhi per assaporare almeno qualche minuto di riposo.

APATHYDove le storie prendono vita. Scoprilo ora