Parte 42

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Per questo capitolo ho provato a spezzare le parti adattando il testo a wattpad. Fatemi sapere cosa preferite e nel caso riadatterò anche tutti i capitoli precedenti! :) 

Un respiro e poi un attimo di silenzio.
Un altro respiro ed un altro attimo di silenzio.
Era estenuante rimanere li ad ascoltare quei respiri fin troppo faticosi, fin troppo lenti.

Che cosa avevo fatto?

Socchiusi gli occhi e cercai di far scomparire quell'immagine straziante; l'immagine di Aidan steso nel letto, della sua pelle fin troppo chiara e dei cerchi scuri che gli contornavano gli occhi.
Anche ad occhi chiusi, però, riuscivo a sentire quegli strani rantoli, quei rantoli che emetteva ogni volta che cercava di respirare.

Chissà per quanto avrebbero continuato, pensai, chissà quando avrebbero smesso.
Forse stava morendo.
Ed era colpa mia.

Repressi un brivido e mi raddrizzai.
Ero seduta sul pavimento di una piccola stanza. Anche questa era scura, fredda, proprio come tutto quello strano posto dal quale sarei voluta fuggire subito.
Aidan era steso su un letto sul lato sinistro della camera. Sulla parete sopra di lui c'era un'unica e fin troppo piccola finestra dal quale entrava il solito, triste e dolce, rosso del tramonto. Lui era steso lì, illuminato da quella strana luce che metteva in evidenza i tratti spigolosi del suo viso, senza nulla a coprirlo o a difenderlo dal freddo provocato da quelle piante nere, inquietanti.
Quelle piante che ricoprivano tutto con la loro oscurità, con il loro gelo.
Come la morte, pensai.

Avevo provato ad avvicinarmi a lui. Avrei voluto coprirlo con le lenzuola sul quale era steso e che nessuno si era preoccupato di sistemare. Avrei voluto dargli calore, stringergli la mano, ma quegli strani rantoli mi avevano bloccato a qualche metro di distanza da lui, senza lasciarmi passare. Come se fossero una barriera che potessero proteggerlo da chi, in effetti, lo aveva ridotto cosi.
Trattenni il fiato e strinsi gli occhi.

Sentivo che presto le lacrime sarebbero tornate a tormentarmi.
Cercavo di trattenerle, di calmarmi, di essere forte.
Ma più ci provavo più mi sentivo schiacciata da quella casa scura, da quei rantoli strazianti, dalle verità che Trevor mi aveva detto.

"... I figli di Moloch ti hanno creata..."

Scossi la testa.

Non avevo capito nulla di quello che mi aveva raccontato; non avevo idea di cosa fossero i figli di Moloch e non credevo di volerlo sapere.
Solo una cosa era chiara: ero stata creata per una qualche ragione.
Che senso può avere una vita di cui non hai il controllo? Che senso può avere una vita artificiale?
Strinsi le ginocchia al petto e lasciai che il mio sguardo si perdesse sul tramonto in lontananza.

Forse non ero abbastanza forte per sapere la verità, pensai.
Forse era giusto che morissi io al posto di Aidan, proprio come sarei dovuta scomparire io al posto di Eva.
Eva.
Anche la sua scomparsa, o la sua morte, allora erano dipese da qualcun altro?

«Non è colpa tua»

Una voce profonda rimbombò nella piccola stanza, sulle pareti scure, fino a perdersi in un eco lontano. O almeno a me sembrò così, come se io fossi lontana anni luce da tutto ciò che mi circondava.
Anche da quella voce ferma.
Quella voce che avrei voluto non riconoscere ed avevo, invece, riconosciuto subito.
Anche questo, chissà come, mi spaventava.

Rimasi immobile mentre lui si avvicinava a me. Ogni suo passo lo rendeva un po' più reale, un po' più vicino, anche se io mi ostinavo a non guardarlo.
Non ce l'avrei fatta ad affrontare anche lui. Sarei crollata, di nuovo.

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