Una sera ho fatto sedere la bellezza sulle mie ginocchia.
E l'ho trovata amara.
E l'ho ingiuriata.
Ho impugnato le armi contro la giustizia.Arthur Rimbaud "Una stagione all'Inferno"
Mi appoggiai al muro bianco di fianco all'aula di letteratura francese e lasciai cadere la testa all'indietro.
Qualcosa mi diceva che non sarei dovuta essere li. C'erano così tante cose da scoprire, da capire.
E mia madre.., il pensiero mi raggiunse all'improvviso, cosa sapeva lei di tutto questo?
Pensai di correre da lei in quel momento, mollare tutto e chiedergli spiegazioni. Forse, in questo modo, avrei scoperto la verità, oppure, mi sarei semplicemente potuta rinchiudere nel freddo familiare della mia stanza e li, ... li avrei aspettato.
Sospirai stropicciandomi gli occhi.
Non potevo farlo. Non ora che mia madre stava finalmente meglio. Non ora che non prendeva più le medicine, che non faceva più paura, che non delirava più...Non potevo dirglielo, correre da lei così, farla ricadere nel baratro.
Scossi la testa.
Chissà come dovevo apparire da fuori con quei capelli in disordine, la carnagione pallida per la stanchezza e quello strano modo di appoggiarmi al muro. Come se stessi per cadere o qualcosa mi stesse tirando giù.
Mi raddrizzai scacciando ogni pensiero e guardai l'orologio. Ero in anticipo di venti minuti e l'aula era ancora chiusa.
Davanti a me molti ragazzi passavano da un lato all'altro con i loro vestiti alla moda, con le loro vite, con i loro sorrisi, alcuni con lo stesso sguardo gelido che avevo visto il giorno prima; preoccupati per quello che accadeva in quella città maledetta ma, comunque, tremendamente lontani dalla verità.
Ripensai alle parole di Daniel; forse avrei davvero potuto scordarmi di quello che ero, fare finta di niente e andare avanti come se nulla fosse.
Scordandomi persino di Eva.Eva...
Sospirai un po' troppo rumorosamente e qualcuno si girò a guardarmi.
<<Hei>>
Alzai lo sguardo di soprassalto ancora con la mente da un'altra parte.
Aidan, con i suoi occhi nocciola spenti proprio come il giorno precedente, stava di fronte a me con un'aria sperduta, stralunata o forse divertita. Non capivo.
Lo osservai per qualche secondo, felice di quella improvvisa distrazione, e mi accorsi dei tanti tatuaggi che gli coprivano le braccia. Tutti tatuaggi in bianco e nero; disegni bellissimi che sembravano nascondere significati profondi e magici.
<<Hei>>Dissi.
Sollevai gli angoli della bocca in un sorriso leggero, mentre, col pensiero, immaginavo storie fantastiche sull'origine di quei disegni. Storie incredibili, proprio come quelle delle iniziali che portavano al braccio gli Anonimi, ma che riguardassero la vita, non la morte.
<<Mi dispiace per ieri io... >> La voce di Aidan aveva un che di rauco ed affannato che mi ricordò Daniel.
Daniel illuminato dalla luce dell'alba, Daniel e i suoi occhi freddi, gelidi, scuri... un brivido si propagò dalle mie ossa fino ad emergere in superficie.
<<...non sono stato gentile>> Lui inclinò la testa di lato facendo oscillare i capelli castani.
Anche gli angoli delle sue labbra si piegarono in sorriso contorto, stanco. Un sorriso che cerca di apparire normale, celando nel contempo una sorta di sofferenza.
Il mio stesso sorriso.
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APATHY
ParanormalMia Anderson è una diciannovenne bella, esuberante e con la passione per la letteratura. Ma nel suo passato si nasconde un episodio dal quale cerca disperatamente di fuggire: la misteriosa scomparsa di sua sorella. L'inizio dell'università...