<<Posso andare in cortile a disegnare?>> Lo dissi con ancora il piatto di patate al forno che fumava davanti a me. Presi una forchettata indecisa e la masticai di fretta.
Di solito a quest’ora, sulle otto o nove di sera, vedevo passare davanti alla mia finestra una bambina con lunghi capelli neri.
L’avevo vista la prima volta qualche settimana prima. Mi ero affacciato alla finestra della mia stanza per guardare fuori, preso dalla noia di un lunedì sera, e lei era lì; camminava da un lato all’altro con passi leggeri, la guardavo sorridere e risplendere sotto la luce dei lampioni come se fosse una stella. I capelli neri, che ondeggiavano ad ogni suo passo da una parte all’altra, erano talmente lunghi che le coprivano tutta la schiena.
Mi era sempre piaciuto disegnare, pensavo, ma non avevo mai trovato un soggetto così bello per i miei lavori.Mia madre si pulì le labbra con il tovagliolo <<Prima dovrai finire la cena>>
Mio padre, dall’altro capo della tavola, dava da mangiare qualcosa al cane che gli scodinzolava intorno.
<<Ho quasi finito>> Mi infilai in bocca un'altra forchettata di patate.
<<Leo, non ti abbuffare>> Mia madre si versò un bicchiere d’acqua e lo butto giù tutto d’un fiato. Contava i bicchieri d’acqua che beveva ad ogni pasto perché diceva che idratarsi era la prima cosa.
Mi infilati a forza un altro boccone in bocca e mi alzai <<Ho finito>> Dissi afferrando il mio block-notes e correndo fuori.
Forse se avessi saputo che quella era l’ultima volta che vedevo mia madre sarei rimasto almeno qualche minuto in più ad osservarla, ad osservare la somiglianza tra lei e me.
Avevamo gli stessi capelli biondi e gli stessi occhi verdi splendenti e mio padre diceva sempre che avevo preso i tratti più belli di entrambi, quelli di lei.
In realtà mio padre diceva molte cose che io non ascoltavo quasi mai.Uscì in cortile correndo verso la strada sul retro, proprio quello accanto all’orto. Il recinto dell’orto della mamma era completamente ricoperto di edera. Al buio questa sembrava nera proprio come se qualcuno l’avesse ricoperta di inchiostro scuro.
Mi sedetti in un angolo sull’erba bagnata che mi pungeva le gambe scoperte e mi misi ad aspettare. Occupai il tempo guardando il muro di edera scura davanti a me. Immaginai che fosse il muro di un grande castello, immaginai di essere un valente cavaliere, mi sistemai meglio gli occhiali sul naso, e poi inizia a disegnare una fortezza circondata da enormi piante scure.
Ero eccitato da quel mio modo di fantasticare. Grazie alla fantasia potevo viaggiare dovunque, conoscere mondi nuovi, più belli e avventurosi della casa in periferia nella quale vivevo.Mentre disegnavo seduto sull’erba, alzavo la testa solo ogni tanto per guardarmi intorno, per guardare la piccola strada laterale nella speranza di vederla ancora passare. Fu in uno di quei momenti che finalmente la vidi.
Comparve sotto lo spicchio di luce come un fantasma. I capelli neri sembravano essere talmente scuri da arrivare a inghiottire tutto il resto; la pelle, invece, brillava come diamante. Pensai che sarebbe stata perfetta nel mio castello di edera scura.
Mi alzai un po' impacciato e corsi verso di lei con la matita e i fogli sotto il braccio <<Ciao>>
Le arrivai vicino quasi di soppiatto, comparendo dall’ombra dei giardini delle case. Ma lei non sembrava né sorpresa né spaventata. Mi sorrise e puntò su di me uno sguardo nero come la notte.
<<Io sono Leonardo>> Dissi e di nuovo tirai su gli occhiali <<Ma tutti mi chiamano Leo>>
Ufficialmente a chiamarmi così erano solo i miei genitori ma questo a lei non lo dissi.

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APATHY
ParanormalMia Anderson è una diciannovenne bella, esuberante e con la passione per la letteratura. Ma nel suo passato si nasconde un episodio dal quale cerca disperatamente di fuggire: la misteriosa scomparsa di sua sorella. L'inizio dell'università...