«Davvero non capisco come possa non piacere» La voce di June diventò presto stridula ed esasperante.
Ero seduta ad un tavolo nella grande ed affollata sala del McDonald's, con gli avanzi del pranzo davanti, e i miei amici accanto a me.
Nulla poteva sembrare più normale di così e, infatti, dentro di me, era come se sentissi che tutto questo fosse sbagliato.
Solo un modo per dimenticare che presto tutto sarebbe finito.
Che tutto era cambiato.«Bè, io non capisco come possa piacere!» Carol agitò una mano in aria, come faceva sempre quando si innervosiva e Alex, accanto a June, sghignazzò.
Non avevo capito di cosa stessero parlando. Le loro voci erano solo un rumore indistinto; un rumore troppo debole per superare il frastuono assordante dei miei pensieri.
Mi sfiorai i capelli e sospirai.
Non facevo altro che pensare alla notte precedente. Non sapevo cosa dovessi fare e non credevo che ignorare tutto fosse la scelta migliore.
Ma di chi avrei potuto fidarmi? A chi potevo chiedere aiuto?Sentivo ancora lo sguardo di Daniel su di me, leggero, come se mi fosse rimasta addosso una ragnatela.
Eppure di una ragnatela sarei riuscita a sbarazzarmi, mentre quegli occhi bui continuavano a tormentarmi, a inseguirmi...
"Io sono un mostro" aveva detto.
Scrollai la testa per la decima volta.
Era un mostro ed era l'unico che poteva darmi delle risposte.
Avrei potuto fidarmi di lui? Avevo fatto bene a fidarmi?
Qualcosa dentro di me mi diceva di no.Scacciai via il pensiero e mi misi a giocare, distratta, con un pezzo di cibo che era rimasto nel piatto.
«Mia?» Ethan allungò il braccio sul tavolo fino a sfiorarmi. I suoi tratti erano leggeri e le sue labbra carnose si arricciavano in un sorriso amichevole, uno di quei sorrisi di cui non puoi dubitare, di cui puoi fidarti «Ci sei?»
Storsi la bocca.
Non riuscivo a vedere altro oltre a quel maledetto triangolo che gli segnava il polso e che sporgeva, anche fin troppo evidente, dalla manica grigia della sua felpa.
Il triangolo nero con al centro la sfera bianca. Il simbolo opposto a quello degli Anonimi.
La prova che lui era un cacciatore.«Stavo solo pensando...» Cercai di sorridergli e allontanai velocemente la mano dal suo tocco caldo.
Avrei dovuto fidarmi di loro... di Ethan... una parte di me non faceva altro che ripetermelo.
Sollevai lo sguardo fino a posarlo nei suoi occhi dorati, c'era qualcosa di rassicurante in quel colore caldo e luminoso. Non erano occhi in cui ti potevi perdere, non erano gli occhi vuoti degli Anonimi.
"Non devi fidarti. Non di lui. E' la luce a generare l'ombra"
Mi bloccai. Incapace di respirare.
Qualcosa nella mia testa mi aveva parlato, sembrava il mio pensiero ma... ero sicura di non essere stata io.Sbattei le palpebre. Nessuno sembrava essersi accorto del mio scatto ed io cercai subito di calmarmi.
Strinsi a pugno la mano sotto il tavolo e respirai profondamente.«Allora come vi trovate all'Università?» Alex posò i suoi occhi azzurri prima su di me e poi su Carol.
Erano occhi di un azzurro intenso, quasi artificiale, dotati della stessa luminosità di quelli di suo fratello.
Occhi di luce.
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APATHY
ParanormalMia Anderson è una diciannovenne bella, esuberante e con la passione per la letteratura. Ma nel suo passato si nasconde un episodio dal quale cerca disperatamente di fuggire: la misteriosa scomparsa di sua sorella. L'inizio dell'università...