«Mia» Qualcuno mi stava scrollando forte, ma, forse, non abbastanza. Quel contatto, infatti, mi sembrava distante, proveniente da chissà dove e in grado solo di sfiorarmi.
In quel momento ero concentrata su qualcos'altro; qualcosa di più importante.Dovevo trovarla.
«Mia, forza svegliati» La voce che mi chiamava divenne più nitida e potente. C'era qualcosa in quella voce di terribile e affascinante nello stesso tempo.
Era una voce profonda e greve. Una voce che mi faceva venire i brividi e che allo stesso tempo mi appariva familiare.
Aprì gli occhi di soprassalto e sbattei le palpebre.Ero certa di trovarmi in qualche posto lontano; come una strada desolata o, peggio ancora, il bosco. Invece, aprendo gli occhi, vidi solo le pareti familiari della mia stanza e la porta, ancora chiusa, davanti a me.
Qualcuno mi teneva per le spalle, le mani calde, forti.
Senza nemmeno girarmi capì di chi si trattava; aveva un odore inconfondibile che sapeva di aria fresca.
«Daniel»Lui mi si avvicinò all'orecchio e mi sembrò di sentirlo sorridere accanto alla mia guancia «Temo che questa mania di andare in giro alla notte non ti passerà presto»
Mi girai lentamente verso di lui.
Nel buio della stanza non era altro che una figura sfocata e scura; proprio come mi era sembrato fosse anche Matt la notte prima.
«Da quanto tempo sei qui, Daniel?» La mia voce era flebile a assonnata. Solo un sussurro.Lui alzò le spalle. A separarci erano pochi centimetri ed io desiderai, per un istante, di poterlo toccare. Tutto in lui aveva le sembianze di un sogno ed io faticavo a credere che quella fosse la realtà.
«Da un po'...» La sua voce era rauca e affannata. Carica di qualcosa che non riuscivo a capire.
Il suo respiro si scontrava sulla mia pelle, leggero e fresco come il vento leggero e confortante tipico delle notti d'estate.«Perché...» Cercai di incontrare il suo sguardo ma i suoi occhi sembravano fondersi con il buio intorno a noi «... perché sei venuto qui?»
«Volevo vedere come stavi» La mano di lui si allungò fino a sfiorarmi il viso. Io trattenni il respiro e socchiusi gli occhi «Non ti avrei svegliato se tu... non ti fossi alzata»
Abbassò la mano e si allontanò da me con un rapido passo indietro. Lo vidi passarsi una mano tra i capelli scuri mentre, dalla finestra dietro di lui, l'alba iniziava a sorgere spandendo nell'aria la sua luce bluastra.
«Sto bene...» La mia voce si spense quando, nella mia mente, ricomparve il ricordo del giorno precedente.
Daniel si appoggiò al muro dietro di lui ed io, confusa, decisi di sedermi sul letto.
«Mia» La sua voce mi entrò nelle orecchie proprio mentre percorrevo la camera con piccoli passi tremanti. Quando riuscì a sedermi i miei occhi si erano ormai abituati alla debole luce dell'alba e Daniel smise di apparirmi sfocato.
Potevo, per esempio, vedere i capelli scuri che gli si schiacciavano ai lati della fronte come se avesse sudato, le labbra rosse tese in un'unica linea sottile e i muscoli, muscoli che si contraevano come nello sforzo di sorreggere un grosso peso.
«I segugi... hanno passato il portale» Daniel si passò una mano tra i capelli mentre il suo sguardo diventava sempre più distante.
Mi strinsi le braccia al petto ed abbassai lo sguardo «Cosa sono i segugi?»
Daniel emise un sospiro flebile e a me sembrò che, quel suono, potesse riempire l'intera stanza «Ti ho detto che molti Anonimi cacciano le impronte vero? Sono loro i segugi» Qualcosa nel suo viso pallido si contrasse «Loro cacciano le impronte perché... sono molto potenti. Un'impronta può avvicinarci alla mortalità per molto tempo, può farci provare emozioni e, in molti casi, può anche lasciare dei poteri. Tu però... tu sei molto più di un'impronta normale»
Mi morsi un labbro distogliendo lo sguardo da lui «Quindi cercavano me, vero?»
«Si, non so se hanno capito cosa sei... ma si, cercavano te»
Guardai il cielo azzurrino fuori dalla finestra, sarei dovuta essere spaventata, disperata o anche scioccata, ma non lo ero. Il mio pensiero era rivolto a tutte quelle parti importanti della mia vita che sapevo che avrei dovuto accantonare, che sapevo che avrei perso.
Scossi la testa «Cosa devo fare?»La mia voce era anche fin troppo decisa, come se, in quel momento, fossi davvero convinta di potere fare qualcosa.
Il mio sguardo tornò su Daniel e si soffermò sul contorno delle sue labbra rosse, sui riccioli delicati che gli circondavano il viso e sul bianco della sua pelle che metteva in evidenza le occhiaie nere che gli cerchiavano gli occhi.
Lui scosse lentamente la testa «Non lo so Mia» Un brivido mi attraversò la spina dorsale quando lui pronunciò il mio nome «Devi imparare a gestire i poteri, scoprire cosa sei...»
Mi alzai in piedi all'improvviso «E come pensi che dovrei fare?!»
Lui continuò a guardarmi, totalmente indifferente alla mia reazione «So che tu ti fidi dei cacciatori ma... aspetta prima di dire loro la verità»
Io scossi la testa «Non capisco, non dovreste essere tutti dalla stessa parte?»
Un ghigno macchiò il viso di Daniel e i suoi occhi si accesero improvvisamente.
Gli occhi di un predatore.
«Si, dovremmo»Percorsi i contorni del suo corpo, ora finalmente nitidi, mentre con la mente cercavo qualcosa da dire.
Mi accorsi solo in quel momento degli innumerevoli strappi che gli coprivano i vestiti e mi morsi un labbro mentre vidi che, questi, non erano solo coperti di strappi ma anche di strane macchie.
Macchie scure e spaventose.
Strinsi gli occhi per vederne il colore ma non ci riuscì ed il mio respiro si fece sempre più affannato.
Sentivo che quelle macchie erano sangue, qualcosa dentro di me sembrava esserne anche fin troppo convinto.«Tu... sei ferito?»
Daniel non rispose ma posò gli occhi scuri e ancora lontani su di me.
Mi alzai dal letto andando verso di lui, quasi correndo, mossa da un desiderio infantile di riuscire a fare qualcosa dove non si può fare niente.«No» Daniel allungò un braccio per fermarmi ed io mi bloccai, scioccata «Sto bene,...» Un sorriso ironico e crudele gli si dipinse sul viso «... non è mio il sangue»
Mi bloccai «Avete combattuto contro di loro?»
Non avrei dovuto stupirmi che non fosse sangue suo, ma il pensiero era doloroso. Stavo cercando di fare finta che Daniel fosse diverso da quello che era, ed ogni volta che scorgevo la verità un brivido mi attraversava la spina dorsale.
«Si ma non siamo riusciti a prenderli tutti» Daniel abbassò lo sguardo mentre io, respirando, facevo un passo verso di lui «Torneranno»
«Mi dispiace» Mi guardai le mani «E' colpa mia»
Cercai di avvicinarmi a lui ma, di nuovo, Daniel mi fermò.
«Mia, Trevor ha ragione»Mi passai una mano tra i capelli «Cosa vuoi dire?»
«Sono un mostro» Dalle sue labbra uscì un respiro pesante. Talmente pesante da distruggere il mondo intero.
I suoi occhi erano rivolti verso il basso e a me sembrarono, in quell'istante, anche più neri del solito.
Bui come se dovessero nascondere qualcosa.«Daniel...»
«Lasciami parlare Mia...» Subito mi zittì mentre nell'aria intorno a noi comparivano i primi raggi di sole «Io non provo nulla» I suoi occhi bui si posarono su di me ed il mio respiro divenne pesante. Erano come due lastre di ghiaccio. Neri ma gelidi «Nemmeno l'emozione più banale, lo capisci?»
Alzai gli occhi su di lui, lentamente.
Non avrei mai potuto capire.Il suo viso era, come sempre, immobile e glaciale ed il suo sguardo era perso in chissà quali pensieri lontani.
Lontani da noi, da me, da lui.
«E' per questo che dovrei starti lontano»La luce dell'alba lo rendeva simile ad uno spirito, simile a qualcosa di immateriale.
La materia, però, era forse l'unica cosa che aveva. Perché Daniel non aveva anima, non aveva emozioni o sentimenti.
Era un mostro.
«Daniel io...»Ma lui era già sparito, senza dire altro.
Solo in quel momento le lacrime iniziarono a scendere,incontrollabili, macchiandomi il viso.

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APATHY
ÜbernatürlichesMia Anderson è una diciannovenne bella, esuberante e con la passione per la letteratura. Ma nel suo passato si nasconde un episodio dal quale cerca disperatamente di fuggire: la misteriosa scomparsa di sua sorella. L'inizio dell'università...