Parte 41

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Agitazione. Irritazione. Rabbia.

Forse erano queste le sensazioni che avrei provato se fossi stato capace di provare qualcosa, pensai.

Mi sedetti su una poltrona nel lato destro della stanza e sospirai.

Per quella dimensione avevo creato una piccola casa; con una grande sala, un lungo corridoio e quattro stanze che spuntavano da questo. Erano le poche cose che mi ricordavo della mia vecchia casa, della mia vecchia vita, di quando ero solo uno stupido bambino umano.

Serrai i pugni e lasciai che il mio sguardo si spostasse, lentamente, lungo la grande sala in cui mi trovavo; sul lungo tavolo al centro, sul piccolo divano nell'angolo sinistro, sulle finestre che lasciavano entrare la luce rossastra del tramonto che avevo disegnato.

Se mi sforzavo riuscivo anche a recuperare qualche ricordo; mia madre seduta sul divano a leggere un libro, il rumore di un telegiornale, qualche parola...

Tutto quel mondo era ormai morto da tempo.

Scrollai la testa ed imprecai sottovoce.

Avevo provato a chiamare Daniel almeno dieci volte per dirgli dell'Oro Blu, per dirgli che era a casa di Mia.
Per dirgli di prenderlo il prima possibile.

Perché non mi rispondeva?

Cercai di bloccare i pensieri, di non pensare subito al peggio, di non pensare a ... Lisa.

Lisa.

Che cosa le stava succedendo?

Daniel diceva sempre che lei era la parte più umana di noi; forse l' unico anonimo che fosse mai stato in grado di ridere, di provare compassione, di essere qualcosa di più di un semplice mostro.

Ma da quando era arrivata quella stupida ragazzina tutto, in lei, era cambiato. Era diventata più brusca, più irascibile, più simile a noi di quanto non fosse mai stata.

Daniel diceva che era colpa dell' energia di Mia se lei stava cambiando, eppure, sentivo che mi stava mentendo, che mi stava nascondendo qualcosa.

Mi passai una mano tra i capelli e socchiusi gli occhi.

Avevo iniziato a sospettarlo già da un po' di tempo; da quando Daniel e Lisa avevano iniziato a scomparire durante le ronde notturne, da quando Daniel aveva iniziato ad irrigidirsi tutte le volte che gli chiedevo spiegazioni.

Daniel.

Sarebbe sicuramente andato fuori di testa per quello che era successo con Mia.

Ma non ero riuscito a trattenermi. Era tutto colpa sua. Tutta colpa di quell'inutile ragazza.

Scrollai la testa per liberarmi di quell' irritante pensiero e mi decisi a riprendere in mano il telefono.

«Cazzo» mormorai quando partì, di nuovo, la segreteria telefonica.

Sapevo che sarei dovuto andare con lui. Sarei dovuto essere lì a guardargli le spalle.
Invece ero seduto su una poltrona, nascosto in una dimensione alternativa, ridotto a fare da guardia del corpo a quella mocciosa che non faceva altro che frignare.

Almeno in quel momento ero da solo, pensai, finalmente non avevo più quell' irritante voce nelle orecchie.

Un rumore acuto interruppe il filo dei miei pensieri ed io mi irrigidì.

Il muro di fronte a me si era deformato per lasciare il posto al consueto portale scuro. Daniel lo attraversò cadendo al suolo; aveva una mano stretta sul fianco destro ed i vestiti laceri sembravano più scuri del solito.

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