Parte 46

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Mi rivestì con gesti veloci e meccanici, infilandomi i jeans ed il maglione nero che Daniel mi aveva portato in camera.

Ad ogni gesto cercavo di prendere fiato, rilassavo i muscoli per quanto possibile, controllavo il tremore delle mani. Non volevo ricadere nel panico che mi aveva attanagliato fino a poco prima; volevo solo che le lacrime e l'agitazione passassero, finalmente.

Mi sentivo prosciugata.

Quando Daniel mi aveva lasciato da sola nella stanza io avevo preso un grosso respiro, ma non mi ero mossa.
Avevo semplicemente aspettato che il panico lasciasse la sua presa su di me; avevo stretto le labbra e avevo passato il tempo a guardare lo scorcio oltre alla finestra; mi ero persa nel blu notte del cielo puntinato da stelle d'argento e d'oro; avevo lasciato scorrere gli occhi, incerti, sulla figura della ragazza in lontananza, sul modo in cui la sua pelle risplendeva nel buio, sul modo con cui il vento le agitava i lunghi capelli corvini che arrivavano a sfiorare la terra sotto i suoi piedi.

Anche quando dall'altra stanza avevo sentito provenire dei rumori, non mi ero mossa. Sembravano grida, rumori di cose che si rompono; io non ci feci caso.

La mente correva troppo rapida verso le sue conclusioni ed io faticavo a stare al passo con i mille pensieri che mi si agitavano nella testa.

Se i figli di Moloch mi hanno creata, mi dicevo io tra un respiro e l'altro, allora anche la scomparsa di Eva c'entra qualcosa.

Ormai ero più che sicura che le due cose fossero correlate. Molto probabilmente Eva ora era un Anonimo, sembravo ripetermi io mentre con le mani stritolavo la coperta bianca, probabilmente era proprio lei la padrona dell'impronta che avevo addosso.

A quel pensiero una forte sensazione di panico mi era salita alla gola fin quasi a soffocarmi, io l'avevo respinta con prontezza concentrandomi per non abbandonarmi ai tremori.

Mentre Daniel mi parlava di quello che gli era successo, mentre mi raccontava di Lisa e della sua storia, io avevo provato il desiderio di rivelargli la verità su mia madre, su mia sorella. Ma poi, chissà perchè, non ce l'avevo fatta.

In fondo sapevo che parlarne sarebbe stato inutile ed era quello, forse, a farmi soffrire ancora di più.
Se era vero; se lei era l'Anonimo propietario dell'impronta; allora lei mi avrebbe voluta morta, ed io avrei voluto morta lei.

Non potevo accettarlo.

Daniel, comunque, era tornato da me poco dopo essersene andato; bussando piano alla porta ed entrando con un cambio di abiti in mano ed una strana espressione sul volto.

Il suo viso mi era apparso più bianco del solito; sotto lo zigomo aveva un cerchio rosso, le labbra erano macchiate da striscie scure che sembravano sangue ed il naso era leggermente livido.

Io non chiesi niente e mi limitai a sorridergli di sbieco, cercando di non incontrare mai il suo sguardo buio e penetrante.

Ogni volta che lo sorprendevo a fissarmi da sotto le lunghe ciglia scure, mi sentivo improvvisamente confusa ed i pensieri si mischiavano gli uni sugli altri.

Mi successe anche in quel caso, proprio mentre lui mi passava i vestiti e le nostre mani si sfioravano.
Mi persi per qualche secondo sentendo quel contatto, ed anche lui parve vacillare quando le sue dita fredde e lunghe sfiorarono le mie.

L'unica cosa che mi fece tornare alla realtà fu il ciondolo che Daniel mi passò subito dopo.
Una grossa pietra blu che pendeva da una catenina di argento sottile.

Oro blu, pensavo ora mentre me la mettevo al collo.

Daniel mi aveva lasciato del tempo per cambiarmi ed ora, finalmente pronta, mi trovavo ferma ad osservare la strana collana che mi brillava sul collo. Accarezzai la superficie blu della pietra con le dita che tremavano; al tatto era  calda e liscia come la seta; dentro gli si agitavano tante piccole luci di colore azzurro e blu che mi ricordavano la fiamma viva di un fuoco.

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