Parte 22

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Corsi a casa senza guardarmi indietro. Nella mia bocca si erano annidate tantissime parole e domande che non avrei mai avuto il coraggio di tirare fuori. L'unica cosa che avrei voluto era urlare e disperarmi ma, fortunatamente, l'ultimo barlume di lucidità che mi era rimasto me lo impediva.

Quando mi mancò l'aria nei polmoni mi fermai e respirai profondamente.
Eva.
Era un nome che avevo persino paura a pensare, un nome che non mi era mai sfuggito dalle labbra e, per questo, non potevo credere di avere passato tutta la lezione a scriverlo.
Non potevo credere di non essermene accorta.

Scrollai la testa iniziando nuovamente a camminare.
Cercai di concentrarmi solo sulle piccole increspature dell'asfalto, cercai di proteggermi da quei pensieri creandone degli altri. Ma non funzionava.
Questi vagavano lontani dall'asfalto della strada, lontani da me, raggiungendo il mio passato, le mie paure e gli avvenimenti di quest'ultima settimana.

Improvvisamente, davanti a me, comparve l'immagine delle mani pallide di mia madre che sfioravano lentamente, come solo loro sapevano fare, l'acchiappasogni vicino al mio letto.

<<Devi credermi Mia>> la luce soffusa sul comodino rendeva il viso di lei ancora più stanco. Le mie mani cercavano un pupazzo, piccolo e rovinato dal tempo. L'unico che avevo <<Io l'ho visto>> Il sorriso di mia madre divenne un ghigno ed io iniziai a tremare. Il crocifisso che portava al collo ciondolava da una parte all'altra assecondando ogni suo movimento <<A prendere tua sorella è stato un mostro! Un demonio! E tornerà!>> Sentii le sue mani stringermi le spalle e scuotermi avanti e indietro <<Devi credermi!>>

Strinsi forte gli occhi e osservai l'immagine di quel doloroso ricordo che si allontanava, diventando sempre più piccolo e sfocato. Appena questo sparì io sospirai rassegnata.
Per quanto queste immagini mi avrebbero tormentato?

Quando raggiunsi l'appartamento mi accorsi di stare tremando proprio come nel mio ricordo e rabbrividì.
Feci un passo verso il cancello, la testa ancora bassa, troppo impegnata a combattere con i miei ricordi e con le mie paure, per accorgermi di lui.

«Mia»

Tutto in me, al suono di quella voce, si tese. Alzai lentamente gli occhi fino ad incontrare i suoi.
Gli stessi occhi neri e bui, gli stessi che non mi avevano lasciato dormire quella notte.
Qualcosa in me vacillò ma ero troppo stanca e troppo confusa per capire cosa fosse. Mi sembrava di avere bisogno di lui e di averne allo stesso tempo paura. 

«Daniel, cosa ci fai qui?» La mia voce non era altro che un sospiro.

Gli angoli delle sue labbra si inclinarono in un sorriso e sulle sue guance comparvero le solite fossette. Mi sorpresi nuovamente ad osservarle con stupore e mi sentì inspiegabilmente stupida «In realtà... ti stavo aspettando»

Rimasi immobile a fissarlo mentre il cuore batteva furioso nel mio petto. Mi ricordai delle minacce di Trevor, delle parole di Chris e tremai, sotto il sole delle due del pomeriggio, come se fosse notte.

«Uhm... »Le mie labbra si dischiusero lentamente, ma non riuscì a decidere cosa fare. I miei occhi, spenti quasi come quelli di Aidan quella mattina, lo guardavano intensamente.
Non riuscivo a distogliere lo sguardo dalle sue fossette, dalle sue labbra, dal modo in cui queste assecondavano ogni suo respiro «... ok»

Daniel si passò una mano tra i capelli mentre sul suo viso prendeva forma la solita espressione tesa e distante. La stessa espressione che riusciva sempre a farmi sentire in soggezione davanti a lui.
Un'espressione austera, tragica, che poco si addiceva ad un ragazzo della sua età.

Distratta, passai il peso da un piede all'altro mentre i suoi occhi bui mi scrutavano. Non capivo se ero felice di vederlo o non lo ero per niente. Qualcosa, dentro di me, sembrava non aspettare altro che lui, mentre, qualcos'altro, avrebbe voluto tutto tranne questo.

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