Presi una mano di Dave tra le mie e la scossi violentemente. Avrei voluto che si svegliasse, che mi rispondesse di smetterla, che si voltasse per andare via. Tutto sarebbe stato meglio di quello che avevo davanti.
- Mi spiace - sussurrai. - Non avrei dovuto trascinarti in questo casino.
Mi sforzavo di guardare il suo volto cereo senza pensare all'ombra della morte falciare le ultime scintille di vita dal suo corpo. Non riuscivo a capire se stesse respirando, mi sentivo inutile e pesante persino per me stessa.
Dave era immobile, come se fosse stato una statua di marmo. Come se il suo corpo rigido fosse stato abbandonato da secoli.
Passò qualche minuto prima che comprendessi che Dave non poteva essere morto. A meno che non gli avessero pugnalato il cuore, non poteva essere rimasto ucciso.
La sua maglietta era sporca di sangue e terra, ma le macchie scarlatte potevano appartenere alle ferite riportate sul volto del ragazzo.
Gli sollevai la maglietta per controllargli il petto, e sospirai di sollievo nel constatare che il ragazzo era ancora vivo. Nessuna pugnalata al cuore. Aveva perso molto sangue, era svenuto. Ma era vivo.
Non avevo nemmeno dell'acqua per pulirgli il viso: nessuno dei due ne aveva con sé, poiché le Fiamme non hanno bisogno di bere. Tesi le orecchie affinché percepissero lo sciabordio dell'acqua. Niente. Non potevo permettermi di spingermi più lontano, non potevo lasciare Dave da solo nella foresta.
Rassegnata, gli passai una mano sul viso. Sebbene fosse molto più vecchio di me, sembrava un semplice diciassettenne. Tutto, in lui, tradiva la sua reale età. Persino una cicatrice biancastra vicino all'orecchio riusciva a renderlo più giovane e vivo.
Dopo ore dall'accaduto, Dave non si era ancora svegliato. Il suo corpo era caldo, ma non avevo mai visto una persona morta una seconda volta. Magari il corpo delle Fiamme si comportava in modo differente rispetto a quello degli altri...
Quei pensieri mi torturavano. Era come mille scenari orribili si stessero verificando nello stesso momento, potenti come lance. E io non avevo uno scudo.
Arrivò il momento in cui mi venne un'idea. Concentrai le mie energie in un unico punto, il mio dito, e restai alcuni secondi ad osservare la fiammella che si agitava sulla punta del mio indice. Lentamente la posai sul petto di Dave e la vidi sparire turbinando in un vortice di scintille.
Passò un'altra ora.
La disperazione crebbe.
L'ansia si fece più viva, artigliando il mio petto con minuscole manine gelide.
Il mio corpo iniziò a cedere contro il peso della paura di aver combinato qualcosa di irreversibile.
Era colpa mia.
Sì, era unicamente colpa mia.
Dave tossì.
In un attimo gli misi le mani sulle spalle e cercai di farlo mettere seduto. Mentre sistemava la sua schiena contro il corpo di un leccio, incontrai i suoi occhi grigi e rabbrividii. Erano stanchi e confusi, ma tutt'altro che vitrei.
- Vado a cercare dell'acqua - biascicai alzandomi frettolosamente.
Dave socchiuse le labbra come se volesse ribattere qualcosa, ma non disse niente.
Abbassai lo sguardo sul suo petto che si muoveva impercettibilmente al ritmo del suo respiro. - Oppure vuoi che resti qui?
Il ragazzo annuì. - Le Fiamme non hanno bisogno dell'acqua - riuscì ad articolare con voce roca.
Per alcuni minuti restammo in silenzio a fissare la scritta nella terra. Prima di decidermi a sollevare lo sguardo su di lui, cancellai le parole con un'unica manata. Al diavolo il messaggio nero.
Non appena incontrai nuovamente i suoi occhi, il mio sguardo divenne colpevole. Cercai in ogni modo di pensare ad una battuta di spirito, ad un commento sarcastico o a qualcosa, una qualsiasi, da dirgli per alleggerire quell'atmosfera cupa, ma non riuscii a pensare a niente.
"Vedi? È solo colpa tua", continuò a ripetere una vocina nella mia testa in tono così impertinente da farmi venire voglia di gridare.
Lui era rimasto immobile.
Mi premetti le mani sul viso, come se in quel modo potessi nascondere ciò che aveva combinato la mia irrefrenabile voglia di cacciarmi nei guai. - Mi dispiace tanto - singhiozzai, non riuscendo ad evitare che una lacrima sfuggisse al mio controllo e le braccia ricadessero contro i fianchi doloranti.
- Amelia... - sussurrò Dave con voce impastata. Con un dito macchiato di terra mi asciugò il viso. Non mi pulii la guancia dalla polvere.
- Non è colpa tua - soggiunse.
- Sì che lo è - risposi mordendomi il labbro.
Dave scosse la testa, ma non trovando le parole per replicare rimase in silenzio.
- Io... - tentai di riprendere. La mia voce fu rotta dalle lacrime. - Io credevo che...
Mi asciugai le lacrime e tirai su col naso. Vidi lo sguardo interrogativo di Dave e mi sforzai di concludere la frase, per quanto mi risultasse difficile.
- Io credevo che fossi morto!
Non riuscii a soffocare tutte le emozioni che premevano contro il mio petto, che volevano assolutamente uscire. Provai un brivido freddo. L'unica cosa che mi venne in mente di fare fu di uccidere i miei pensieri prendendo il viso del ragazzo tra le mani e premendo le mie labbra contro le sue così forte da farmi dimenticare il resto del Ponte.
Sentii la sorpresa di Dave, il fatto che non si aspettava né quell'affermazione, né il mio gesto avventato e ostile a quella situazione così disperata.
Quando sentii una delle sue mani sfiorarmi la schiena, mi ritrassi.
- Sono un disastro - mormorai affranta. Non avrei dovuto. Sarebbe stato meglio restare all'inizio del Ponte con Mara e Jimmy.
"Solo colpa tua".
- Io credo che tu sia solamente Amelia - rispose Dave.
•••
SPAZIO AUTRICE
So che avete amato la Davelia in questo capitolo. Scusate l'assenza di quattro giorni, dovevo meditare su cosa scrivere :)

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Il Ponte della Vita
FantasyUn Ponte circondato dall'Oblio rappresenta il mondo; ma solo raggiungendo la fine del Ponte si potrà ottenere ciò che tutti desiderano. Peccato che nessuno sa cosa sia. Peccato che una ragazza voglia scoprirlo.