Capitolo 28

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Ricordai l'Oblio, quel vuoto reso vivo dai gridi degli uccelli assetati delle vittime che avevano la sfortuna di cadere nelle loro grinfie. La foresta in cui eravamo ora, se così si poteva definire, era immensa e silenziosa. E nera. L'Oblio non era che un ricordo, mentre ciò che attraversavamo era dominato dalle ombre. Solo un'altra volta tentarono di prenderci, ma Dave ed io riuscimmo a sfuggire dall'attacco improvviso.

Una sola frase aveva la forza di farsi sentire nelle nostre menti nonostante non fosse stata pronunciata: "Era meglio prima". Cosa? Tutto. Sopravvivere all'inizio del Ponte non era semplice, ma ero una Fiamma, ormai non m'importava. In quel posto, invece, non avevamo bisogno di dormire, mangiare e bere. Non necessariamente. Ciò che ci avrebbe uccisi la prima volta non ci sfiorava, ma ciò che ci avrebbe uccisi ora era persino più pericoloso. Qualcuno, come quelle ombre, era in grado di percepire la nostra presenza, e non solo: era in grado di vederci, di toccarci, di farci del male.

- Quando usciremo da qui...? - mi lamentai, parlando a bassa voce.

- Magari la foresta è infinita - rispose Dave, sempre più pessimista.

- Non dirlo neanche per scherzo - replicai stizzita, accelerando il passo. Avevo fretta di andare via, di scappare e arrivare finalmente al mio obiettivo: la fine del Ponte.

- Stai accanto a me - sentii la voce di Dave alle mie spalle. - Altrimenti saremo più vulnerabili entrambi.

Strinsi le mani a pugno e mi fermai per aspettarlo. Anche tra me e Dave qualcosa stava cambiando, lo sentivo: era come se tra noi si stesse formando una barriera invisibile e fredda. Sentivo le sue riposte più stanche, più svogliate e più lontane da me. Forse mi stava per abbandonare, forse voleva scappare. Forse...

- Attenta! - la sua mano mi strinse un braccio prima ancora che sentissi la sua voce.

- Eh? - domandai intontita, come se mi avessero appena svegliata da un sonno profondo.

Accanto a me vidi le mani di una di quelle ombre fuoriuscire dal terreno. Erano come liquide, scure e dense come nebbia.

Non mi mossi, restai paralizzata. Probabilmente successe tutto in pochi istanti, ma sentii il tempo gravarmi sulle spalle come se fossero passate ore e non secondi.

Sentii Dave afferrarmi per la vita e caricarmi sulla sua spalla, mentre l'ombra ci inseguiva.

- Sai arrampicarti? - riuscì a chiedere Dave.

Ricordai il giorno in cui, per salvare Jimmy, ero salita su un albero, ero precipitata e morta.

- Sì.

Mi mise a terra e mi incitò a salire sull'albero davanti a noi. Non dissi niente per ribattere ai suoi ordini.

- Muoviti! - sentii sotto di me. Dave rischiava di essere preso.

Riuscimmo ad arrivare ad un ramo basso e grande abbastanza per ospitarci entrambi, e guardammo sotto di noi.

Tremavo.

L'ombra era sparita.

- Tu hai mai visto una di quelle ombre uscire dal terreno? - chiese il ragazzo in un sussurro, ansimando per la stanchezza e la paura.

Scossi lentamente la testa, ma avevo un brutto presentimento. Il cuore mi martellava nel petto e il sangue era defluito dal viso di entrambi.

- Amelia... - sussurrò Dave al mio fianco. Aveva le pupille dilatate dal terrore.

Ci voltammo entrambi, insieme. Dietro di noi, appena appoggiandosi ad un grosso ramo dell'albero accanto al nostro, c'era un uomo fatto della stessa sostanza delle mani che avevamo visto poco prima. Parlò con voce gutturale: - A Laura non piacciono i vivi.

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