Capitolo 18

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Continuavo a piangere, piegata a terra come un foglio di carta gettato via come se la sua utilità fosse finita. Non volevo che Dave morisse. Non di nuovo. Pensai che era morto molti anni prima di me, che sarebbe dovuto essere adulto ma non era mai cresciuto. Le nostre vite erano bloccate. E se arrivando alla fine del Ponte, questo blocco si togliesse e la nostra vera età prendesse il sopravvento? Non credevo che sarei riuscita a sopportarlo, non dopo quello che stava per succedere pochi minuti prima nella caverna.

Ripensai al modo in cui mi avevano fatto sentire i suoi occhi. Era quel genere di sguardo da cui non riesci a staccarti, che ti legge l'anima e ti fa sentire perfetta anche se sai di non esserlo. Il sarcasmo e la freddezza avevano lasciato spazio a qualcos'altro... Qualcosa che non riuscivo ad identificare.

Continuai a rivivere il momento in cui le mie labbra stavano per incontrare le sue. Cosa mi era venuto in mente? E, soprattutto, perché lui non aveva fatto niente per impedirmelo?

Pensavo di non provare niente per lui. Non potevo essere cotta di quello sbruffone. Non dovevo esserlo.

Rabbrividii, cercando di non pensare al fatto che, dentro quella grotta infernale, Dave rischiava di essere trasformato in polvere una volta per tutte.

"Non posso restare qui", pensai. Se fossi entrata nella grotta, però, Dave non me l'avrebbe mai perdonato. Non era giusto impicciarmi nella sua battaglia, ma avevo davvero paura per lui.

Probabilmente fu il terrore della sua seconda morte a spingermi a prendere un pugnale e ad addentrarmi nell'oscurità. Non avevo fiaccole e usare le mie capacità di Fiamma non mi sembrava saggio, ma non potevo continuare a barcollare nel buio, o mi avrebbero certamente sentita. Prima che prendessi qualsiasi decisione, vidi davanti a me una luce chiara stagliarsi contro le pareti di roccia scura. La seguii titubante, misurando ogni passo. Ero attenta a mantenere il mio respiro calmo, costringendomi a restare mite mentre ero a pochi passi dal punto in cui si stava consumando la vendetta del ragazzo biondo. Non so se fui fortunata a ritrovarmi in breve tempo davanti alla porta: era aperta. Accanto all'uscio brillava il fuoco di una piccola fiaccola ormai agonizzante.

Dentro la stanza percepivo un debole sussurro, appena udibile, come se una debole corrente d'aria serpeggiasse tra i cunicoli stretti. Ma sapevo che ciò che percepivo non era il vento. Cercai di ragionare, ma la mia mente d'un tratto non era più lucida, bensì ingombra di pensieri cupi che si accavallavano uno sopra l'altro, confondendomi. Fu per questo motivo che la prima, sciocca idea che mi venne in mente fu di sbirciare dalla porta aperta e cercare di scorgere Dave e Malcom. Colsi al volo il suggerimento gentilmente offerto dal mio cervello in quel momento malfunzionante, rendendomi conto appena del fatto che era una pessima idea, e, senza fare rumore, mi avvicinai alla porta e diedi un'occhiata all'interno della stanza.

Non avrei dovuto farlo.

I due non stavano guardando dalla mia parte, per cui potevo osservarli indisturbata. La schiena di Dave era premuta contro la parete, accanto al cumulo di ossa, e la mano di Malcom era serrata sulla sua gola. L'altra mano teneva un pugnale e minacciava di premerlo contro le costole del ragazzo.

Vedere Dave in quello stato fu così tremendo che per poco non urlai.

Lo sconforto bruciava contro il mio petto, suggerendo ai miei occhi di lasciare che le lacrime mi offuscassero la vista. Volevo smettere di guardare quella scena pietosa, eppure ero lì, immobile, consapevole del fatto che le mie gambe non avevano alcuna intenzione di muoversi. Erano incollate al pavimento, murate, come se l'orrore che mi scalfiva il cuore fosse il prezzo da pagare per essere stata così sciocca da seguire i due ragazzi.

Non potevo aiutare Dave. Non era possibile entrare senza essere notata, e anche se avessi trovato un modo, le mie ginocchia si sarebbero rifiutate di sostenere il peso del corpo.

Cercai di afferrare un paio di quei sussurri. Malcom, in quel momento, stava dicendo: - Non sei contento? Finirai tra quelle ossa, Dave.

- Non sperarci - fu la risposta soffocata del ragazzo.

La mano di Malcom premette ancor più forte sulla gola di Dave. Vidi che il mio amico cercava a stento dell'aria, senza trovarla, rantolando come un cucciolo impaurito.

Erano a pochi metri da me, eppure non potevo raggiungerli. O, almeno, questo era quello che avrei dovuto fare: stare al mio posto.

"Amelia, fidati di me. Tornerò, lo giuro", erano state le ultime parole che il ragazzo mi aveva rivolto. Non mi bastavano. No, lui doveva per forza regalarmi altro tempo, perché era ciò di cui avevo bisogno. Per questo non poteva morire.

Lentamente presi coraggio e mi avvicinai. Avvertivo la tensione che c'era nell'aria come se una miriade di scariche elettriche mi stesse schiaffeggiando, mentre le mie gambe avanzavano mollemente verso la stanza. Oltrepassai la porta camminando lentamente, misurando ogni passo, ogni respiro, tentando di non produrre alcun rumore.

A nemmeno due metri dalla schiena di Malcom, Dave mi vide e strabuzzò gli occhi, smettendo improvvisamente di contorcersi. Malcom lo notò. La sua schiena si incurvò, rigida e possente, ma il ragazzo non ebbe il tempo di parlare, perché fui così svelta da stupirmi io stessa della rapidità con la quale avevo agito.

Il coltello che avevo in mano si piantò nel collo di Malcom, che allentò la presa su Dave. Quest'ultimo sfilò il pugnale dalla mano del ragazzo biondo e, non appena alla Fiamma venne trafitto il cuore, il suo corpo si carbonizzò, diventando polvere in pochi istanti.

Non mi ero accorta di avere gli occhi velati di lacrime innocenti. In un attimo mi trovai accucciata a terra, avendo la sola forza di domandare: - Cos'è successo?

Dave continuava a respirare affannosamente, e in un attimo si trovò seduto a terra, davanti a me. - Avevi detto... - biascicò. - Che non saresti venuta... dovevi stare fuori...

- Non parlare - mi asciugai le ciglia con il dorso della mano e gli toccai il braccio nel vano tentativo di offrirgli sostegno.

- Era la mia battaglia, Amelia...

- Ma ora siamo una squadra, ricordi? Non permetterò ad un pazzo di portare via la tua vita, specialmente non dopo che sono riuscita a convincerti ad accompagnarmi. - scherzai accennando un sorriso tremolante. Avevo lo stomaco sottosopra e le membra doloranti.

- Partiremo tra un paio di giorni... ora non ce la faccio - ammise, e in un attimo crollò, svenuto.

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