Capitolo 38

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Sebbene le Fiamme non avessero bisogno di dormire, Dave si appisolò accanto a Iris. Io non avevo voglia di dormire, né tantomeno pensare a cio che era successo negli ultimi giorni.
Laura era sicuramente morta carbonizzata dal mio fuoco. Ero un'assassina. In quegli attimi provai una profonda sensazione di disagio, sentii che il gelo della foresta si impossessava di me, così vulnerabile. In quel momento ero una preda perfetta.
Mi alzai da terra, lanciando un'ultima occhiata a Dave, e raggiunsi l'albero carbonizzato. Il martellare pressante del mio cuore era rapido come i miei passi. Ad ogni rumore sobbalzavo, certa di non essere sola, ma alla fine mi arresi al fatto che, in quel momento, non avrei potuto fare niente per difendermi. Dovevo solo proseguire.
Non sapevo cosa avevo in mente, volevo solo scoprire qualcosa di più su Laura e i suoi esperimenti. Probabilmente, ciò che mi spingeva a combattere contro la mia stessa paura era la necessità di sapere se Dave fosse realmente guarito. Ogni volta che si voltava verso di me, temevo di trovarmi davanti quegli occhi neri, mostruosi.
Ero terrorizzata. Cercai di negarlo a me stessa, ma non ci riuscii.
- Cosa fai? - sentii domandare alle mie spalle, e per poco non lanciai un grido di terrore.
Mi voltai di scatto, assordata dai battiti del mio cuore che rimbombavano nelle tempie.
- D... Dave... - balbettai. - Ti sei svegliato.
- Non stavo dormendo - mi confidò. La sua postura era rigida, come se fosse stato turbato dal mio fantomatico comportamento.
- Ah - fu l'unica cosa che riuscii a mormorare.
Il ragazzo mi posò una mano sulla spalla e guardò lo scheletro dell'albero. - Come mai sei venuta qui?
La sua voce profonda, unita alla sensazione della sua mano sulla mia pelle, mi fece avvampare. Dentro il mio petto sentii nascere una sensazione piacevole, di calore. Per un attimo chiusi gli occhi, godendomi la sua presenza accanto a me. Quando li riaprii, notai che mi guardava.
Probabilmente, Dave si accorse solo in quel momento della vicinanza al mio corpo. Sentii la sua mano scivolare via e il calore diminuire, fino a sparire completamente.
- Vorrei delle informazioni - mi affrettai a rispondere alla sua domanda.
- Su Laura?
Annuii. Nella mente mi maledicevo per la mia stupidità: ero diventata vulnerabile, non desideravo altro che il suo calore accanto a me. Frustrata, distolsi lo sguardo da lui.
- A volte è meglio non sapere.
- Lo dici perché hai paura? - chiesi senza riflettere.
- Cosa intendi? - notai nella sua voce una nota di disappunto, come se fosse stato colto nel vivo ma non avesse la forza di ammetterlo.
- Ciò che ti hanno fatto... Ti terrorizza, giusto? - la mia precedente sicurezza iniziò a vacillare.
Dave rimase in silenzio. Lentamente voltai la testa verso di lui. Nell'ombra i suoi occhi rilucevano di una strana luce, erano belli quanto inquietanti.
- Torniamo da Iris. - disse improvvisamente, brusco.
- No! - gli afferrai un polso nel vano tentativo di fermare le sue intenzioni. - Perché sei sempre così...?
- Così come?
- Così... Freddo. E chiuso.
Il ragazzo perse definitivamente la pazienza. - Amelia, che ti prende?
Sbuffai indignata. Possibile che dovessimo sempre discutere? - Io non ho niente... Tu, invece...
Non mi diede il tempo di finire la frase, perché mi precedette: - Non posso permettermi di aprirmi con te, accettalo.
Le sue parole mi ferirono. - Perché?
Le mani di Dave mi presero i polsi e il suo viso si avvicinò al mio. Sentivo il suo respiro caldo appena sotto il naso; il mio cuore minacciò di esplodere. - Lo sai perché. - disse abbassando la voce.
- No, non lo so - ribattei senza nascondere la frustrazione.
Premette la sua fronte contro la mia e, diminuendo ancor più il tono di voce ma non la durezza, rispose: - Perché ti amo, dannazione. Tutto quello che succede non fa altro che legarmi inesorabilmente a te, mi attrai come una calamita. Non posso permettermi una tale debolezza, sai che non possiamo entrambi.
Le sue mani lasciarono la presa sui miei polsi. I suoi occhi indugiarono nei miei, prima che Dave si voltasse e si dirigesse verso il punto in cui riposava Iris, certo che l'avrei seguito.

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