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Jonathan

Rigirai quella chiave fra le mie mani per la milionesima volta, non riuscivo a trovare il coraggio di aprire la porta di quella camera, rimasta chiusa per troppo tempo. Se volevo guardare in faccia il mio presente e credere nel mio futuro, qualunque fosse, dovevo accettare il mio passato senza nascondere nulla...persino a me stesso. Se volevo essere libero, dovevo versare tutte quelle lacrime che mi ero rifiutato di mostrare al mondo. Per vivere davvero dovevo prima far guarire le ferite nella mia anima. 

Sospirai. 

Volevo essere un vero uomo? Sì. 

Ero adulto ormai, con già parecchie responsabilità sulle spalle, e non era più il momento di fare il codardo, perché il tempo dei giochi, delle ragazzate,  era finito, ora dovevo fare sul serio, essere coraggioso e non tirarmi indietro in nessuna occasione.   

Guardai quella piccola chiave argentata, l'inserii nella piccola serratura della porta di legno chiaro, e la girai per tre volte sentendo ogni mandata scattare fino a rendermi accessibile l'ingresso in quella camera. La camera dei miei genitori. 

Quando entrai accesi subito la luce, tastando la parete di sinistra per acciuffare l'interruttore, e notai che ogni cosa era rimasta esattamente come loro l'avevano lasciata. Io non avevo toccato nulla, la notte della loro morte avevo chiuso questa camera, sperando di chiuderci dentro anche il mio profondo dolore. Come se questa stanza potesse contenere quel che provassi dentro, impedendomi di scoppiare! 

Non potevo più scappare dai miei errori, basta. Ero stanco. 

Chiesi perdono con tutto il cuore al mio Dio, ero stato così sciocco e stupido. 

Le lacrime che non avevo versato riaffiorarono all'istante, inaspettate. 

Oggi erano esattamente due anni che i miei genitori non erano più qui, con me e con Silvia. 

C'era un forte odore di chiuso, la polvere sovrastava ogni superficie, starnutii fra le lacrime mentre andavo ad aprire le imposte della grande finestra che mi era di fronte, la spalancai. Percepii il vento caldo, estivo, sorprendermi e penetrare all'interno, scuotendo le tende chiare tirate ai lati. 

Un bagno di luce mi colpì in pieno, illuminando l'intera camera di una luce color arancio. 

Spensi le luci del lampadario ed ammirai come la luce del tramonto inondasse il letto matrimoniale sfatto, le ante dell'armadio semi-aperte. Intravedevo i vestiti di mio padre, quelli di mia madre. Le foto sui loro comodini, che ritraevano me e mia sorella sorridenti, in qualcuna c'era anche Giacomo. Osservai un poster, fissato alla parete di sinistra, era dentro una cornice raffinata. Mio padre e mia madre nel giorno del loro matrimonio. Erano sorridenti. Foto più piccole erano state fissate negli angoli. Ne raccolsi una. 

C' ero io, lì. 

Un neonato fra le braccia di Marco Corindone, mio padre. 

Nonostante non sapessi se fosse realmente lui il mio padre biologico, Marco mi aveva amato di un amore infinito, indescrivibile...ed io, l'avevo amato come un padre. 

Girai la foto.  

9 Luglio 1991

Era la mia data di nascita.   

E c'era scritto: 

Uno dei giorni più belli della mia vita. Sono diventato padre per la prima volta. Jonathan, Adam, Corindone. Ti amo, figlio mio. 

Rimasi fermo ed immobile per un po'. Non sapevo cosa fare esattamente...se non piangere, fino ad arrivare a singhiozzare. 

Mi tappai la bocca con una mano, per non far preoccupare Silvia che giocava in camera sua. 

L'amore nei tuoi occhi - Trilogy of forgiveness Vol.1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora