Aurora
Le tue labbra sulle mie,
respiro di te:
un dolce richiamo all'infinito.
" Chiudo gli occhi e vedo te. Mangio, bevo, cammino, respiro e penso a te. Abbracciami almeno con la mente, amore mio, nei pensieri che ho di te, perché ne ho un assoluto bisogno. Il sole mi sembra così spento, ormai. Dimmi che ci sei, in qualsiasi modo tu voglia, perché è quello che vorrei. " gli sussurrai accarezzandogli la fronte con tutta la dolcezza di cui ero capace, non potevo fare altro.
" Vorrei vivere in te, adesso... " aggiunsi con il cuore in mano, una lacrima intenta a solcarmi il viso. "... per cancellare questo dolore che mi porto dentro. E' così forte, straziante, destabilizzante, che non riesco a resistergli. Non so per quanto tempo ancora riuscirò a sopportarlo e domarlo. Sto per impazzire. Tu sei l'unico che potresti metterlo a tacere. Ho bisogno che tu ti riprenda, ok? Non sopporto di restare separati in questo modo. "
Il reparto di terapia intensiva era uno dei tanti piani di un ospedale che non avrei mai voluto frequentare, visitare o anche soltanto vedere per sbaglio in tutta la mia vita. Invece, la persona che amavo di più al mondo era finita proprio qui.
Sapevo che il coma gli fosse stato indotto, ma questo non mi faceva sentire meglio. No, affatto.
Le sue condizioni erano state così critiche e disperate che ai medici non era rimasta altra scelta che questa. Nonostante mi avessero spiegato diverse volte tutta la situazione nel dettaglio, quindi passo per passo, con parole elementari, semplici, ancora continuavo a non capire gran parte delle cose, e con grande sforzo mi stavo affidando completamente ai medici.
Jonathan era tenuto sotto controllo, monitorato continuamente, e se dormire profondamente, a questo modo, gli avesse permesso di recuperare e tornare da me al cento per cento, d'accordo. Avrei atteso, con angoscia nel cuore, ma avrei atteso. Era il fatto di non avere una certezza che mi mandava il cervello in panne.
" Ehi, non puoi svignartela così. Sai? Mi avevi promesso che ci saresti sempre stato per me e i gemelli. Tu sei il padre e non puoi permettere che crescano senza di te. Chiaro? Non è un permesso che posso accordarti. " dissi ridacchiando fra le lacrime. Ero sul punto di una crisi di nervi.
" Conosci una certa Charlotte? Sapevi che fosse la moglie di Giacomo? " chiesi, come se lui potesse rispondermi! Che idiozia, non sapevo nemmeno cosa stessi facendo! Stavo parlando da sola, che stupida!
" E' insopportabile." proseguii, infischiandomene altamente di ciò che stessi pensando. Avevo bisogno di aprire bocca e di parlargli, che potesse ascoltarmi o meno era un altro paio di maniche.
Mi avvicinai ancora di più a lui, facendo attenzione a tubicini e fili di ogni sorta, per insinuare le dita fra i suoi capelli...e il profumo dolce della sua pelle era rassicurante.
" Ti amo. " gli sussurrai.
Le mie labbra avrebbero tanto voluto accostarsi alle sue, ma Jonathan era intubato, così mi accontentai di depositargli un gentile bacio su uno zigomo, che fu seguito da tanti altri ancora più leggeri, soffiati, lungo la guancia e parte della mascella. Quel filo di barba presente sul suo volto pizzicò la mia bocca più di una volta, ma non m'interessava.
Volevo che in qualche modo Jonathan ascoltasse prevalere il suono dei miei baci e non quello dei macchinari intorno a noi, volevo che percepisse la mia presenza accanto, le mie mani sul suo viso, e non tutti quei tubicini e fili presenti sul suo corpo.
Dovevo essere io ad aggrapparmi a quel bip, che scandiva i suoi battiti cardiaci, non lui. Lui doveva aggrapparsi a me, ai battiti del mio cuore, al suono del mio respiro.
Doveva sapere che ero qui, in qualunque modo potesse o volesse, ad altro non badavo.
Doveva sapere che c'ero e che ci sarei sempre stata, e mai me ne sarei andata.
La mia attesa, la mia impazienza di riaverlo con me dovevano farsi largo in lui e scorrere nelle sue vene e raggiungere il suo cuore, per mettergli fretta e nuove forze per aiutarlo a riprendersi al più presto.
Non poteva lasciarsi andare.
" Se mi ami davvero, devi tornare da me. Io sono qui, ok? " bisbigliai, poi mi allontanai un poco. Ripresi per bene posto sulla sedia, accanto al suo letto.
Rimasi a fissarlo in silenzio, per un po'.
Dopo qualche minuto, sospirai: " Non sei solo, amore mio. "
E posando la fronte contro un suo braccio, chiusi gli occhi.
" Eva Sofia e Marco Patrick, non devi dimenticarti di loro. Ok? Sono i nostri figli, non vorrei crescere nessuno dei due senza di te. " dissi con voce tremante, avevo ripreso a piangere. Non credevo di contenere tutte queste lacrime dentro di me. I miei occhi erano fin troppo gonfi e arrossati per continuare a farlo, eppure era inevitabile...
Le mie guance erano rosse, tiravano e facevano male, per colpa del sale di quelle lacrime colme di dolore e amarezza che mi rigavano il volto. La testa mi stava esplodendo. Era uno stress che non avrei sopportato a lungo. Persino la spalla ferita, si fece notare con qualche fitta.
" Dovresti vedere quando dormono o sorridono, credo che abbiano ereditato i tuoi occhi verdi. Non ne sono del tutto convinta, ovviamente, ma vorrei che fosse così. E lo sai. " ammisi con un accenno di sorriso sulle labbra.
Riaprii gli occhi, tirando su col naso: " Amore mio, possiamo iniziare una nuova vita. Niente più sangue, tradimenti, vendette, rimpianti, rimorsi, basta. Il passato per me è un capitolo chiuso ormai, ma devi volerlo anche tu "...
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L'amore nei tuoi occhi - Trilogy of forgiveness Vol.1
ChickLitAurora abita con due bizzarre, ma simpatiche, coinquiline all'ottavo piano in un condominio ormai in decadimento. Troppo presa dai suoi studi, non pensa minimamente a perdere tempo in feste universitarie, svariate uscite notturne e quanto altro, fig...