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Aurora

Le sue braccia mi avvolsero e mi fecero sentire protetta, al sicuro, amata, meno sola. E ne avevo un assoluto bisogno, in quel momento. 

Iniziai a piangere contro il suo petto, sfogando tutte le lacrime che avevo trattenuto in corpo. 

Ero consapevole del fatto che gli stessi bagnando la camicia ma non ne potevo fare a meno. 

Lo sentii sospirare mentre le sue mani presero ad accarezzarmi i capelli castani con movimenti lenti e delicati. 

" Sssh, Aury. Non sei sola, ok? Ci sono io. Sssshhh, usciremo da questa situazione. Nessuno potrà più farti del male, sei al sicuro ora. Devi pensare soltanto ai gemelli, ok? Il resto si aggiusterà da solo. " sussurrò cercando di calmarmi. 

Tremavo e singhiozzavo fra le sue braccia, dovevo avere un aspetto orribile ma...Giacomo era il mio migliore amico, il mio più intimo e caro confidente, conosceva praticamente tutto sul mio conto ed era così naturale il fatto che adesso mi stessi sfogando con lui! 

Sin dal primo giorno che c'eravamo conosciuti alle Colonne di San Lorenzo, in quella strana e particolare circostanza, tra di noi si era instaurato questa sorta di reciproco legame di fiducia, d'affetto, così vero, solido, bello e autentico. Era come se ci conoscessimo da sempre, da tutta una vita. Era come se avessi un altro fratello maggiore, oltre a Sebastian, un' altra spalla sempre pronta su cui piangere. Giacomo era la persona che più riusciva a farmi sorridere, a non mettermi in imbarazzo, ed averlo accanto in un momento come questo significava molto per me. 

Avevo bisogno di lui, del suo sostegno. Il sapere che c'era m'infondeva coraggio. 

Nonostante i trascorsi, quel che era accaduto tra lui e Jonathan, ero lieta di averlo ritrovato. 

 " Come ti senti? " chiesi con un sospiro, sciogliendo l'abbraccio. 

Giacomo fece una smorfia, adocchiando i due gemelli che continuavano a dormire indisturbati in mezzo a noi: " Beh, piuttosto bene. Il braccio non fa tanto male. " 

Scossi la testa con un mezzo sorriso, tirando su col naso: " Non intendevo soltanto quello..." precisai. 

Mi stavo riferendo a ben altro, e lui capì perfettamente cosa intendevo, captò ogni mio pensiero. 

" Non lo so. " ammise sconfitto, con una scrollata di spalle. " Non ho idea di come dovrei sentirmi. Ho ucciso un uomo, che aveva intenzione di ammazzare me, te e Jonathan e...non lo so. Ho fatto un casino. E' stato un bene? Oppure no? Non avrei mai voluto privare qualcuno della vita, MAI. E' successo e non ne vado fiero. E' come se avessi scelto chi poteva vivere e chi no. Ho giocato a fare Dio, ma Mirko non mi ha lasciato altra scelta...e l'istinto ha preso il sopravvento. Se potessi tornare indietro magari cercherei di fermarlo in un altro modo. Il fatto è che non posso più. E Jonathan, se non avesse fermato Alberto...non lo so, sono confuso. Siamo stati entrambi costretti ad uccidere. Credo che per superare la cosa ci vorrà del tempo. " si fermò di colpo e scosse la testa: " Non voglio più parlarne, per favore. "   

Annuii comprensiva: " Ok, mi dispiace. " 

Trasse un profondo respiro e si passò una mano fra i corti capelli biondi, già in disordine. 

" Tu? Come stai? " chiese, dopo qualche minuto di silenzio, per poi aggiungere: " Intendo nel fisico, perché moralmente me l'hai già mostrato poco fa. "  

Un lieve sorriso increspò le mie labbra, era per lo più spento: " Fisicamente? Mmm...in via di guarigione. I dolori provocati dal parto sono accettabili, vengono completamente cancellati, annientati dalla gioia di essere mamma. Non avrò un bel fisico in questo periodo, ma ne è valsa la pena per mettere al mondo queste due meraviglie. E comunque, sono sicura che molto presto tornerò in forma. Basterà un po' di esercizio e sana alimentazione. " dissi spostando lo sguardo su Marco ed Eva. 

L'amore nei tuoi occhi - Trilogy of forgiveness Vol.1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora