Storm >>

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Jonathan

Respirare.

Che cosa meravigliosa.

Lo facciamo continuamente, senza rendercene neanche conto.

E' semplice, così naturale, avviene spontaneamente. E' indispensabile.

Al mio risveglio però, appena aperti gli occhi, mi ero ritrovato a contare ogni mio singolo respiro. Come se fosse una novità per me.

Inspirare, espirare.

Nei polmoni quell'aria sapeva di nuovo, fresco, come se fosse la prima volta che stessi utilizzando ossigeno per poter sopravvivere.

Era come se mi stessi riempendo di nuova vita, come se il mio corpo stesse rinascendo.

Un soffio di vita in grado di non farmi dare per scontato il fatto che stessi anche soltanto semplicemente immettendo aria dentro ai polmoni e che il mio cuore stesse battendo nel petto senza che io gli stessi impartendo alcun ordine.

Niente avrei dato più per scontato, ormai.

E non avrei dato per scontato neanche una più piccola parte di lei. I suoi meravigliosi occhi color nocciola, i suoi lunghi capelli lisci e scuri, le sue labbra da baciare, il suo piccolo naso, le fossette che le affioravano sulle sue guance quando sorrideva, la sua fronte alta, il suo collo elegante. Era meravigliosa ed era MIA.

SOLO E SOLTANTO MIA.

Lo urlai dentro di me mentre sentivo le sue dita accarezzarmi con dolcezza, scorrere e insinuarsi fra i miei capelli, fino a scontarsi con le mie dita ancora intorpidite. Amavo il suo tocco, quando mi toccava ogni altra cosa perdeva senso e valore. E adoravo il suono della sua voce, era la cosa più soave e musicale che avessi mai udito in tutta la mia esistenza.

Rinascere avendo lei al mio fianco fu straordinariamente bello, indimenticabile.

L'amavo.

Come quest'aria che stavo respirando e anche di più.

Questo stesso ossigeno che era pieno di lei, del suo profumo.

Come dimenticare quel bacio di cui mi fece dono il primo giorno della mia nuova vita?

Fu in grado di sciogliere quel nodo che mi serrava la gola e che mi proibiva di parlare, di riempire di nuove forze i miei muscoli ancora addormentati a causa del sonno forzato a cui ero stato costretto.

Ero stato in coma per una settimana, circa. Avevo rischiato di perdere la vita che avevo sempre sognato e desiderato di vivere assieme a lei e di non veder crescere i miei figli.

Trassi un profondo respiro mettendomi a sedere sul letto.

Non mi ero minimamente pentito di quel che avevo fatto per salvarla. Avrei ripreso quei due proiettili alla schiena altre mille volte ancora pur di saperla al sicuro.

Ero suo marito, il mio compito era amarla, proteggerla, fare tutto il necessario per renderla contenta.

Lei era la madre dei miei figli, e non potevo sceglierne una migliore per Eva Sofia e Marco Patrick.
Era una donna straordinaria. Aveva tenuto duro per una settimana, lottando contro la preoccupazione che nutriva nei miei confronti, con il dolore alla spalla, quelli del parto, e in tutto questo aveva anche dovuto prendersi cura dei piccoli.

Che donna coraggiosa, forte e decisa che avevo al mio fianco, non potevo chiedere di meglio alla vita. E pensare a quanto ero stato sciocco all'inizio di tutto. Avevo rischiato di perderla in più di una occasione per i miei continui sbagli e la mia immaturità.

L'amore nei tuoi occhi - Trilogy of forgiveness Vol.1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora