Canzoni del capitolo:
• Trading Yestarday - Love Song Requiem
• Sia - Alive
Dopo aver letto il capitolo; leggete le note d'autrice è importante ❤
Corro senza fermarmi mai. La mano mi brucia e mi accorgo che sto perdendo molto sangue. La cosa più giusta fare, in questo momento, era andare da Jacob, in infermeria.
Ma ho giurato che non ci avrei messo più piede. Posso benissimo pulire la ferita da sola.
Ma soprattutto voglio stare da sola.
Mi guardo intorno e vedo un ambiente familiare. Non mi sono resa conto di essere tornata nel Kanada.
Entro in uno dei tanti magazzini. Questo era pieno di valigie. Migliaia di valige.
Mi inoltro in questa giungla di cuoio fino a che non riesco più a vedere l'uscita.
Sembra che qui non ci metta piede nessuno ed era isolato.
È il posto che fa per me. Mi siedo comodamente fra le valigie.
Guardo la mia mano e scoppio in un pianto disperato. Tanto qui, non può sentirmi nessuno ed è l'unico modo che ho per sfogarmi.
Cerco di fermare la fuoriuscita del sangue, levando i piccoli frammenti di coccio che vi sono rimasti.
Strappo un pezzo di stoffa dalla mia tunica e la stringo, legandola saldamente intorno alla ferita.Dopo aver sistemato la ferita, mi sdraio. Non riesco a smettere di piangere. Ne ho tanti di motivi.
Lui non aveva fatto niente. So che non poteva difendermi, ma poteva benissimo dirgli di smetterla. Invece non lo ha fatto.
Era rimasto li immobile. A fissarmi, mentre venivo umiliata, derisa e ferita.
Se non gli importava niente di me, io avrei fatto altrettanto.
Non mi va più di pensare a lui. Non merita neanche di far parte dei miei pensieri.
Guardo la ferita e penso che se ci fosse stato mio padre, mi avrebbe curata. Da piccola caddi da un ramo di un albero. Ero un maschiaccio all'epoca, e mi facevo spesso male.
Tornavo a casa con i vestiti sporchi e non mancavano di certo i tagli sulle gambe.
Così mio padre mi medicava, in segreto. La mamma si arrabbiava molto se mi vedeva in quelle condizioni e io, non facevo niente per collaborare, perché quando mio padre mi medicava, le ferite mi bruciavano e lui, per tranquillizzarmi, mi dava sempre un biscotto.Sorrido.
Dio solo sa quanto mi manchi, papà.
Posso dire di aver amato solo un uomo, in tutta la mia vita, ed è stato il mio papà. Per lui c'è un posto speciale, nel mio cuore.
Mi immagino la mia famiglia riunita ed abbracciata, prima di sprofondare nel buio.Mi sento tutta indolenzita. Non sento più l'odore di cuoio delle valigie. Sembra, invece, che abbia dormito sui sassi. Apro lentamente gli occhi e vedo le tavole di legno della parte superiore della cuccetta che c'è nella mia baracca.
Faccio fatica ad alzarmi. Mi sento strana. Calda, anzi bollente e sto sudando, come se fossi sotto al sole d'estate.
Non faccio in tempo a mettermi dritta che sento una voce e delle braccia stritolarmi in un caloroso abbraccio.« Oh Mio Dio! Miriam! Grazie a dio, stai bene! » mi ci volle un po per capire che quella voce apparteneva a mia madre.
Bene. Non tanto.
« C-come ci s-ono f-inita qui? » chiedo, con un filo di voce.
« Sei sparita per tre giorni. Pensavamo che.... poi Lucie è entrata per caso nel magazzino e ti ha trovata li, con la mano tutta insanguinata. Ma cosa è successo? »
Tre giorni? Ero rimasta nel magazzino per tre giorni?
Ora ricordo: il servizio di porcellana in frantumi, l'ufficiale che mi aveva calpestato la mano e ... lui. Mi ero rifugiata nel magazzino per fuggire da tutto e tutti.
« Niente. Mi sono tagliata » sussurro.
« Devi andare subito in infermeria. Ti porteremo io e Sarah »
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Breath Of Life| Louis Tomlinson
Fanfiction[ COMPLETA] " Ci si innamora non trovando la persona perfetta, ma vedendo perfetta una persona imperfetta. " Anno: 1942 Miriam è un'adolescente ebrea che vive a Parigi. È una ragazza solare e piena di vita, nonostante le leggi razziali non r...