È appena iniziato l'intervallo.

Mi alzo dal mio posto e dico a Martina: <<Vado in bagno, non mi sento molto bene>>.

<<Ti accompagno?>> mi chiede, apprensiva.

<<No, non ce n'è bisogno. Stai tranquilla. Comunque, grazie>> le rispondo, e faccio per andarmene.

<<E di cosa?>> Mi guarda confusa.

<<Di esserci. Sempre. Qualunque cosa accada.>>

Mi sorride e attraverso il corridoio, evitando gli altri studenti e portandomi una mano sulla fronte.

<<Isabelle!>> Chiara mi si avvicina, ma io la ignoro e mi sciacquo il viso con dell'acqua fredda.

Ho un fortissimo mal di testa, e non ho idea di come farmelo passare.

<<Sei in pessima forma>> continua, con la sua solita espressione da deficiente.

Be', perlomeno non si sforza neanche di provare a passare per una ragazza intelligente.

Ora la prendo a pugni in faccia, giuro.

<<Peggio di te è impossibile>> ribatto, e mi chiudo a chiave in un bagno.

<<Giochi a nascondino?>>

<<Non mi chiamo mica Chiara>> le rispondo, acida.

Perché non può stare zitta per una volta? Che le costa?

Finalmente chiude la bocca e sento i suoi passi farsi sempre più lontani, insieme a quelli delle sue amiche.

Non voglio chiamare i miei genitori per un semplice mal di testa, però non voglio neppure restare in questo posto schifoso per altre tre ore.

E adesso? Che faccio?

Alla fine decido di stringere i denti e tornare in classe.

Sopporterò il dolore.

Del resto non è mai morto nessuno per un innocuo mal di testa, perciò posso sopportare sia i professori che i compagni di classe finché andrò a casa a riposarmi.

Una volta tornato l'intervallo, inizia un'ora di italiano piuttosto piacevole, durante la quale cerco di prestare attenzione, almeno un poco.

Seguono una lezione di matematica e una di latino; entrambe trascorrono molto lentamente.

Quando suona l'ultima campanella della mattinata sono felicissima.

Tornata a casa, poso lo zaino in camera, mi lavo le mani e mi reco in sala da pranzo, dove ci sono i miei genitori e mio fratello ad aspettarmi.

Alex arriva sempre prima di me perché torna in moto, ma io preferisco fare lo stesso tragitto a piedi.

È più sicuro e, senza ombra di dubbio, più rilassante.

<<Tutto bene? Non hai affatto una bella cera>> commenta mia madre appena mi siedo a tavola.

<<Ho mal ti testa>> rispondo semplicemente.

<<Vuoi prendere qualche medicina?>> mi chiede.

<<No, no, mi sta passando da solo>> le rispondo, e incomincio a mangiare.

Mentre mangiamo il secondo, mi torna in mente l'idea di fare una vacanza insieme a Martina e, forse, Jacopo.

Decido di comunicarla ai miei genitori per sapere il loro parere, e ne sono entusiasti: dicono che mi responsabilizzerà e che mi aiuterà a crescere.

Secondo me no, però se la vedono in questo modo a me non fa certo dispiacere, anzi.

Mi danno il permesso di partire, inoltre mi pagheranno pure il biglietto dell'aereo, sia per l'andata che per il ritorno, e sono proprio al settimo cielo.

Meglio di così non poteva andare, rifletto, e sorrido.

Ora spero solamente che anche i genitori di Martina reagiscano come hanno fatto i miei.

<<Starai a casa di un amico, vero?>> mi chiede mamma, un attimo prima di lasciare la cucina.

<<Veramente pensavamo di stare in hotel>> le rispondo, sperando che le vada bene lo stesso.

<<Visto che è la prima volta che viaggi da sola, direi che è meglio che alloggi da un amico, non si sa mai cosa potrebbe succedere.>>

Oh, no.

E ora che mi invento?

<<Non conosco nessuno che ha una seconda casa all'estero>> mento.

<<Vorrà dire che non andrai da nessuna parte.>>

Cosa? No!

Mi toccherà davvero chiedere a Roberto di ospitarmi...

Che scatole.

Però sempre meglio di niente.

<<Ora che ci penso, in effetti, una persona ci sarebbe. Ma la sua seconda proprietà si trova a Milano>> le dico.

<<Non ti piacerebbe andarci? È un posto bellissimo!>> esclama mamma, e mi viene da sorridere.

<<Vada per Milano?>> le domando.

Annuisce e mi abbraccia.

Speriamo che il giorno della partenza arrivi presto: non sto più nella pelle!

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