Canotta nera, Vans bianche e jeans strappati.
Il biglietto da visita di Andrea.
<<Ciao>> inizio timidamente.
Non so perché ma mi mette sempre in soggezione la sua presenza.
<<Ciao>> ricambia il saluto, e con piacere noto che anche lui è imbarazzato tanto quanto lo sono io.
Cala un profondo silenzio, entrambi siamo troppo presi a guardarci e a notare ogni singolo dettaglio che ci caratterizza.
Cavolo, non avrei mai immaginato che Andrea fosse cambiato così tanto...
Ma, poiché continua a osservarmi e a scrutare centimetro per centimetro il mio corpo, forse sta facendo i miei stessi identici pensieri.
<<Vieni>> gli faccio, passandogli accanto.
Quel giorno aspettavo seduta sulla spiaggia che arrivasse invano, come ci eravamo messi d'accordo, per passare un intero pomeriggio in compagnia, tra chiacchiere, risate e altro, finché poi non sarebbe tramontato il sole.
Il tramonto tuttavia lo vidi da sola.
Voglio riprendere proprio da dove il nostro noi è finito.
Quel giorno, il filo che ci univa si è spezzato, chissà per quale moltitudine di motivi.
Non è mai troppo tardi per ricominciare, rifletto, e solo ora mi rendo conto di quanto questa frase sia significativa.
L'avevo data quasi per scontata; purtroppo, quella di non prestare abbastanza attenzione a ciò che mi circondava, era una mia vecchia abitudine.
Adesso però non più: ho aperto gli occhi, e con ciò sono riuscita a scoprire un vero e proprio mondo che ignoravo totalmente.
All'improvviso, da un momento all'altro la realtà mi ha tirato un pugno in piena faccia e da lì non ho più potuto ignorarla: devo per forza prenderla in considerazione, ora, e non posso metterla da parte neppure per un secondo.
<<Dove ci stiamo recando?>> mi chiede Andrea, curioso.
La sua voce a dire il vero me la ricordavo differente...
Era meno profonda e meno matura, e certamente non possono essere stati questi pochi mesi a fare la differenza.
Il suono che giungeva alle mie orecchie non era questo: nella maggior parte dei casi era strafottente, e non sofferente.
Qualcosa è successo, ora ne ho la conferma.
<<Secondo te?>> lo sfido per vedere se ha quel minino di intuito necessario per comprendere una cosa così semplice senza bisogno dei miei indizi.
<<In spiaggia?>> la sua pare più una domanda che un'affermazione, non lo afferma in modo sicuro.
<<Già. Hai indovinato.>> Sto sorridendo, lo so: deve essere palese.
Andrea mi ha causato tanto di quel dolore che secondo me neanche se lo immagina, eppure le mie labbra si incurvano e i miei denti iniziano a intravedersi.
Andrea non mi ha buttata giù del tutto; inoltre bisogna essere felici, anche solo per il fatto che abbiamo avuto il privilegio di camminare su questo pianeta, che respiriamo, che viviamo e che siamo circondati da persone che ci vogliono bene; e guai a smettere di essere felici... dovesse finire il mondo, dovesse la persona a noi più cara lasciarci.
<<Grazie, Isabelle.>>
Giro la testa in direzione della sua, probabilmente non avendo capito le parole appena proferite.
<<Eh?>>
<<Mi stai dando una seconda possibilità, giusto? O è solo una mia impressione?>> tira a indovinare.
<<Non sbagli. Ma ci sto ancora riflettendo>> gli confesso.
<<Devo sentire ciò che hai da dirmi, innanzitutto. Poi il resto verrà da sé>> gli spiego.
Annuisce nascondendo le mani nelle tasche dei jeans.
<<Quanto manca?>>
<<Siamo quasi arrivati.>> Alzo gli occhi al cielo.
La pazienza come sempre l'ha lasciata a casa.
È troppo vero che cose non cambiano mai...
Il sentiero che attraversa le grandi dune e che ci conduce sino alla spiaggia sembra più lungo e faticoso del solito, ma di sicuro è solo una mia impressione.
Il mio vestito, se proprio vogliamo dirla tutta, non va esattamente d'accordo con la sabbia...
In mia difesa, però, c'è il fatto che è inverno e che per nulla al mondo avrei pensato che alla fine ci saremmo recati dove ci troviamo adesso.
Venire qua è stata una idea dell'ultimo momento, che è partita da dentro di me, non dal mio cervello.
Non c'è nessuno nei dintorni, come del resto immaginavo; questo significa che chilometri e chilometri di costa sono a nostra completa disposizione, sono tutti per me Andrea.
<<Ci sediamo su quegli scogli laggiù? Che dici?>> propone il ragazzo di fronte a me.
<<Ma sono lontanissimi!>> esclamo, vedendoli appena.
<<Gara di corsa?>>
Faccio un cenno di assenso.
<<Tre, due...>> inizia, ma senza che possa terminare di parlare comincio a correre per arrivare prima di lui.
<<Ah, ho vinto!>> esulto, nonostante sappia di aver barato: non me ne importa niente.
Andrea scuote la testa e scoppiamo a ridere.
Dopo circa cinque minuti, che a me sembrano un'infinità di tempo, torniamo seri e ci sediamo sulle rocce, la superficie delle quali è liscia e levigata dalle onde che quotidianamente si infrangono contro di esse.
<<Tu hai sicuramente potuto constatare che mi sono comportato in maniera immatura e stupida, ma non sai la causa che mi ha fatto agire in quel modo.>>
<<Ti ascolto>> ribatto, secca.
Deve sbrigarsi: sto fremendo e mi tremano le mani.
Apre bocca ma la richiude immediatamente, i suoi occhi si fanno più tristi e la sua espressione diventa molto cupa.
<<Mia sorella Maria si è ammalata gravemente. Tuttora non sta bene, e ormai casa sua è diventata un ospedale in Germania. Non ho capito cosa abbia, se ce la farà o no, lo sanno i miei genitori che hanno preso una piccola abitazione in affitto per starle vicini, nel caso avesse bisogno di loro. Sono stato lasciato più o meno all'oscuro di tutto, non so con precisione cosa è successo... Mamma e papà l'hanno fatto per proteggermi, ma questo loro comportamento comunque mi ha ferito, e non poco. Mi hanno promesso che presto saprò tutto, appena avrò preso il diploma. Credo che ci trasferiremo in Germania... ancora non lo so. Io... Mi dispiace, non saprei che altro dirti. Ma questa situazione è più grande di me e mi ha travolto, trascinandomi via e allontanandomi da tutti, compresa te. Con Chiara era diverso, non voleva un rapporto serio, mi faceva divertire, be', più o meno, però nella maggior parte delle volte sì. E mi ricorda Maria, già. Mi ricorda moltissimo lei.>>
Mi gira talmente tanto la testa che vorrei strapparmi i capelli uno a uno.
Non avrei mai e poi mai potuto pensare a una cosa del genere: nemmeno nel peggiore dei miei incubi potrebbe prender vita una storia così terribile.
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Now... I still believe.
Teen FictionIsabelle ha diciannove anni. È una ragazza timida, introversa e molto insicura. Capelli biondi, viso cosparso di lentiggini, labbra carnose, occhi di un azzurro intenso, inconfondibile, dello stesso colore del mare. È la persona che tutti sognano d...