Sono appoggiata al distributore automatico, mentre scelgo quale merendina comprare, quando sento qualcuno toccarmi la spalla.

È mio fratello.

<<Come sta procedendo?>> mi domanda, incrociando le braccia.

Sembra interessato a guardare qualcosa sul suo cellulare in attesa che gli risponda.

La sua voce è parecchio confortante in questo momento: avevo giusto bisogno di lui, l'unico che sono convinta possa davvero capirmi e anche l'unico che riesca a farmi cambiare umore facilmente.

Ai miei occhi, a parte mia madre e Alex, non c'è nessun altro dalla mia parte, e, se devo essere sincera, sono un po' preoccupata adesso che non ho un singolo amico su cui contare.

Ero abituata ad avere un sacco di persone al mio fianco, a poter fare affidamento su esse, invece non ne è rimasta neppure mezza...

È triste e allo stesso tempo strano come la vita cambi in un batter d'occhio, e talvolta come un evento abbia il potere di sconvolgertela di punto in bianco, facendoti sentire smarrito, perso nel vuoto assoluto.

<<Be', diciamo che potrebbe andare meglio: i compagni mi lanciano occhiate esattamente come fossi un alieno, mi sento in imbarazzo e non so mai cosa dire. Sarò sincera: è uno schifo, già, proprio uno schifo. Fortunatamente però non me ne importa, perché tra meno di quanto immaginiamo si risolverà tutto>> affermo con così tanta determinazione che forse quasi quasi riesco a convincere perfino me stessa.

<<Sì, sicuramente. Lo spero anche io, non ci resta altro da fare se non sperare>> mi appoggia mio fratello.

<<Andiamo in cortile?>> mi chiede, e io ribatto facendogli  un cenno di assenso con la testa.

Fa molto freddo: sento brividi percorrere il mio corpo dalla testa ai piedi, per cui indosso la giacca e nascondo le mani nelle tasche per cercare di scaldarmi.

Dopo qualche secondo, già sto meglio.

<<Jacopo e Martina invece?>> indaga, ma inizialmente decido di rimanere sul vago.

Era il primo a credere che la nostra amicizia sarebbe durata per sempre - mentre sono sicura al cento per cento che sia finita da un pezzo - e resterebbe troppo deluso, più di quanto già lo sia dalla morte di papà.

Sento gli occhi inumidirsi, le lacrime stanno cominciando a scendere.

<<Isabelle, puoi dirmi la verità. Peggio di così, fidati che non posso stare.>>

Sospiro, sconfitta.

<<Ci ho parlato poco e niente. Non sono stati molto comprensivi nei miei confronti, non hanno capito che sono stata talmente male da non riuscire nemmeno a uscire di casa per un lungo, orribile periodo, e non si sono resi conto di quanto io stia ancora soffrendo. O forse, riflettendoci, sì: infatti, appena hanno visto che non sono più quella di una volta, che non mi si addicono più i termini gioia e spensieratezza, hanno preferito evitarmi... Mi chiedo solamente perché mi abbiano voltato le spalle senza pensarci due volte: eppure avrei giurato che ci fosse un legame incredibile che ci univa. Be', mi sbagliavo>> sbuffo, davvero distrutta.

Questo è stato il colpo di grazia per me.

Certi comportamenti non te li aspetteresti mai dai tuoi migliori amici, ma sono stata costretta a ricredermi.

Chiunque ha una doppia faccia, o meglio un lato nascosto che mostra raramente agli altri, perché gli fa più comodo tenerlo unicamente per sé.

Aver capito che io, Jacopo e Martina non eravamo affatto uniti come invece pensavamo, che ci ripetevamo frasi alle quali neppure credevamo, del tipo che non potevamo fare a meno di stare insieme, che eravamo inseparabili, è terribile.

Ora che tutto mi è crollato addosso, però, questa scoperta fa meno male di quanto avrebbe fatto mesi fa.

Già, perché il dolore, in fin dei conti, da un lato ti rende forte, anche se dall'altro ti distrugge.

Non posso biasimare nessuno per la piega che hanno preso gli eventi, escluso l'artefice dell'omicidio di mio padre.

Non so chi sia, ma qualcuno è stato, per forza.

Non ho davvero idea di come stia riuscendo pian piano ad andare avanti.

Se qualcuno me lo domandasse e dovessi necessariamente rispondergli, penso che pronuncerei tre semplici parole: <<Non lo so>>.

Aspetta un attimo...

Sono stata io a dirlo, vero?

<<Eh?>> Alex mi fissa a metà tra il divertito e il preoccupato.

Oddio, allora è proprio come temevo: non l'ho solo pensato, l'ho anche detto ad alta voce.

Il suono della campana che annuncia la fine dell'intervallo e quindi l'inizio delle ultime due ore di questa giornata scolastica, suona salvandomi dall'imbarazzo.

<<Niente>> farfuglio distrattamente, prendendo lo zaino da terra.

<<Devo andare, adesso ho Matematica. Ci vediamo direttamente qui all'una, va bene?>> propongo, e Alex annuisce.

<<Sì, okay. A dopo, e buona fortuna!>>

<<Grazie, anche a te!>> lo saluto, dirigendomi nell'aula della mia prossima lezione.

Non ascolto le inutili chiacchiere dei compagni e neppure quelle della professoressa: poso la testa sul banco e mio malgrado mi addormento.

Una squillante voce mi fa aprire di colpo gli occhi, e non posso evitare di sbadigliare.

<<Qual è il tuo cognome? Dormire a scuola, ma ti rendi conto?!>>

<<Eh? Ah, già. Sì, so benissimo di essermi addormentata>> le rispondo con tono pacato.

<<Guarda, ti consiglio di stare molto attenta: se il tuo comportamento non accenna a migliorare, convocherò immediatamente i tuoi genitori. Sono stata abbastanza chiara? Farò un colloquio sia con tua madre che tuo padre, e non comunicherò loro cose positive nei tuoi confronti, puoi starne sicura.>>

Una risata amara, che provo a soffocare con un colpo di tosse, rimbomba nella classe.

Cala un incredibile silenzio, e devo ammettere di sentirmi un po' in colpa a spezzarlo, enunciando in tono velenoso, appena accanto alla cattedra: <<Sapevo che non sarei dovuta venire>>.

Dopodiché esco dall'aula sbattendo furiosamente la porta, e ignorando le grida dell'insegnante, infuriata, mi chiudo in bagno.

Qui nessuno può sentirmi, nessuno può parlarmi, nessuno può giudicarmi.

Sono al sicuro, lontana dalla realtà, e riesco a sentire il mio cuore battere; so che, almeno per qualche minuto, posso stare in pace, per conto mio...

Finalmente riesco a respirare, cavolo.

Non mi ero resa conto di aver trattenuto il respiro finora.

Vorrei non tornare di là subito: preferirei restare seduta sul lavandino ancora un po'; tuttavia so benissimo che nascondermi è una scelta irrazionale e infantile...

Sbuffando, mi alzo e mi ripeto che il mio buonsenso, stavolta, mi porterà più lontana dell'istinto.

Now... I still believe. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora