<<Seriamente avete litigato così pesantemente per una cretinata del genere?>> Lo fisso, incenerendolo con lo sguardo.
Come previsto, punta gli occhi altrove e abbassa la testa.
<<Non è stata solo colpa mia>> si mette subito sulla difensiva, facendomi innervosire ancora di più.
<<E secondo te me ne frega qualcosa di chi è la colpa?>> sputo acida.
Non sono due ragazzi immaturi, ma a volte si comportano proprio da bambini!
Non sopporto quando fanno così, quando mettono a repentaglio il loro rapporto per delle stupide supposizioni o motivi davvero insignificanti...
Bevo un altro sorso di cioccolata calda e poso il cucchiaino sul mio piattino.
<<Comunque, presto farete pace>> lo rassicuro.
<<Io non ne sarei così sicuro se fossi in te>> mi rivela.
<<E perché?>> chiedo confusa.
Mi sembra davvero che non sia nulla di grave, perciò entro un paio di giorni al massimo si riappacificheranno.
Così voglio sperare.
<<Be', è semplice: perché Martina non mi chiederà mai scusa.>>
<<Non vedo quale sia il problema... Vorrà dire che glielo dirai tu e poi lo farà anche lei>> gli dico.
<<No, no e no! Mi sono stufato: insomma, devo sempre fare io il primo passo? Dove sta scritto? Dove?!>> Si alza di scatto; ha perso le staffe.
Esce dal centro commerciale e io lo seguo, mantenendo tuttavia una certa distanza.
Sono quel tipo ti amica che ti starà vicino nonostante tutto ma non sarà mai invadente e per questo ti lascerà lo spazio.
Inoltre, per il suo bene devo anche permettergli di sbattere la testa contro il muro...
Tiene a Martina?
Bene: deve dimostrarlo, deve lottare.
Ma non per lei: deve farlo per entrambi.
Se non risolvono cose di questo tipo, delle sciocchezze, quando incominceranno a sorgere i veri problemi sarà allora che non ce la faranno, che verranno sommersi da essi.
Devono perciò sin da subito unire le loro forze; imparare a litigare e con la stessa facilità con cui la discussione si è scatenata, anche fare pace.
Jacopo mi dà le spalle ma li vedo comunque i suoi occhi, o meglio, me li immagino avendo però la certezza di non sbagliarmi: scommetto che vi si legge disperazione, smarrimento e rabbia.
<<Jacopo. Sono qui.>>
Sono stata io a parlare?
Dio, dovevo rimanere zitta.
Spero che non mi abbia sentito, anche perché ho sussurrato a bassissima voce.
Forse con i suoi singhiozzi non è giunto nulla alle sue orecchie...
<<Lo so, Isabelle. Ma vorrei che ci fosse Martina, adesso>> confessa, e non mi sento ferita, anzi gli do pienamente ragione.
Se lei fosse qui, non ci troveremmo in questa spiacevole situazione.
<<Andiamo?>> gli dico.
So che mi ha sentito ma evita lo stesso di rispondermi.
<<È tardi, dài. E poi non è così che starai meglio>> lo avviso prendendogli la mano.
Raggiungiamo la sua vettura, saliamo e, sospirando, mette in moto.
C'è molto traffico, oltretutto il tragitto sembra anche più lungo del solito visto che l'aria che si respira è piuttosto pesante.
Aprirei il finestrino, se solo non facesse così tanto freddo...
<<Ciao, Jacopo. Chiamami se hai bisogno, lo sai che per te ci sono sempre. Stammi bene>> lo congedo appena giungiamo di fronte al cancello di casa mia.
Jacopo riparte molto velocemente senza aggiungere altro.
Non è semplicemente chiuso il mio migliore amico... Si crea come una corazza impenetrabile per isolarsi da tutti e non ti permette in alcun modo di togliergliela.
Se la tiene stretta, non vuole sbarazzarsene e credo che di questo passo non lo farà mai.
Provo ad aprire il cancello ma è bloccato da un catenaccio.
Per aprirlo bisogna sbloccare il lucchetto inserendo un codice, del quale ovviamente io non sono a conoscenza.
Deve averlo inserito mio padre mentre ero al centro commerciale con Jacopo...
Perché mai avrebbe dovuto fare una cosa simile?, non posso evitare di domandarmi.
Ogni tanto gliene viene in mente una delle sue...
Provo a chiamare papà sul cellulare ma non risponde, perciò opto per la via più semplice: scavalcare.
Non sono mai stata molto agile ma tentar non nuoce.
Dopo vari tentativi, rischiando anche di cadere e sfracellarmi al suolo, finalmente sono in giardino.
Suono il campanello invano e il primo pensiero che mi passa per la testa è che mio padre deve essere uscito senza avvisarmi.
Non so cosa mi spinga a fare il giro della dimora alla ricerca di una qualche porta o finestra aperta; forse giusto per accertarmi che non sia entrato nessuno.
Ho sempre questa paura ormai: di ritrovarmi faccia a faccia con un estraneo proprio nella mia abitazione.
Cammino sino a giungere nel cortile sul retro, e intravedo una portafinestra aperta.
Il vetro è rotto ed è veramente mal ridotta: non ci sono dubbi, qualcuno deve averla forzata e deve essere entrato.
Chiamo immediatamente la polizia ed entro in casa.
Sicuramente deve essere stata opera di due o più persone visto che, mentre facevano irruzione in casa, qualcun altro montava il catenaccio al cancello, forse al solo scopo di guadagnare il maggior tempo possibile a discapito di chiunque avesse provato ad entrare.
Quindi necessitavano di tempo, almeno seguendo la logica della mia intuizione, probabilmente per nascondere tutte le eventuali prove.
Mi sto preoccupando tantissimo, perché mio padre deve per forza esserci stato durante il furto.
In salotto non c'è, perciò facendomi coraggio entro nel suo studio, il luogo dove l'ho visto per l'ultima volta.
Apro la porta e mi porto immediatamente una mano sul cuore, colpita da una fitta di dolore improvvisa.
Il suo corpo è lì, sul pavimento, in mezzo alla stanza.
Ogni cosa è in perfetto ordine, a differenza di prima, e lui giace inerme al suolo, senza emettere alcun suono.
Non respira più, constato toccandolo.
Non so neppure io stessa come faccia a non aver perso i sensi di fronte a una visione del genere...
Fatto sta che sono inginocchiata a terra, continuando a piangere e a urlare a pieni polmoni.
Chiamo a squarciagola mio padre implorandolo di tornare ma sapendo che non lo farà.
Sono completamente fossilizzata.
Non riesco a pensare né a controllarmi, sono in uno stato atroce.
Persone che non conosco e che non ho mai visto prima d'ora mi passano accanto e sembrano piuttosto indaffarate, tuttavia non mi curo di loro e neppure ascolto le loro voci, finché non si avvicinano al corpo senza vita di papà.
<<Lasciatelo!>> strillo in preda al panico.
Nessuno deve allontanarlo da me, lui non può andarsene via adesso.
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Now... I still believe.
Teen FictionIsabelle ha diciannove anni. È una ragazza timida, introversa e molto insicura. Capelli biondi, viso cosparso di lentiggini, labbra carnose, occhi di un azzurro intenso, inconfondibile, dello stesso colore del mare. È la persona che tutti sognano d...