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Pov. Carlotta

Avevamo passato una domenica piacevole?! Lo so questa parola non rientrava nel mio vocabolario quando si parlava di Joshua. Ma per una volta non mi aveva irritato, era stato una mano amica quando tutti mi avevano deriso. Inevitabilmente guardammo The Ring, ed inevitabilmente mi coprii gli occhi per tutto il tempo del film venendo presa in giro con le sue solite frecciatine, constatando che ero e rimarrò sempre una donna Beta.

Ed era vero. Sognavo il principe azzurro, che venisse a salvarmi in sella ad un cavallo bianco. Avevo avuto l'opportunità di baciare Michael alla festa. Anche se solo per gioco mi sarei accontentata di sentire la morbidezza delle sue labbra carnose sulle mia. Non avevo mai baciato nessuno. Ed era triste ammetterlo perfino per me. Una diciottenne mai stata baciata. Avrei potuto girarci un film sulle mie disgrazie. Se ovviamente non mettevamo in conto che avevo baciato a dieci anni un bambino in classe con me. Si chiamava Gabe. Il tipico paffutello occhialuto. Un bacio a stampo rubato.

Presi il cuscino strofinandomi il viso sopra. Idiota! Come avevo potuto bere fino a ridurmi uno straccio. Gli avvenimenti della serata erano ancora nitidi nella mia mente. Io che riversavo tutto su i pantaloni del mio principe azzurro.
Stupida, stupida, stupida! Ecco cosa ero.

Avrei avuto voglia di restarmene sotto le coperte e non uscire più, invecchiando dentro al piumone, a imbottirmi di caramelle gommose a forma di orsacchiotto. La Scusa con mia madre che avessi la febbre, non aveva funzionato. Ero fregata! Sarebbe stato il giorno peggiore della mia vita.

Scostai le coperte controvoglia, sbuffando, mi avviai allo specchio. Mi passai una mano tra i capelli che avevano formato un nido confortevole per uccelli.
Presi un profondo respiro, lavandomi e vestendomi veloce.

Gettai uno sguardo alla finestra di Joshua. Aveva ancora la tenda grigia con motivi della bandiera americana, chiusa.

Arrancai fino alla porta, afferrando lo zaino da terra per portarmelo dolcemente sulla spalla, aprendo la porta di camera.
Più che camminare avrei azzardato dire che scivolavo sulle scale, con la testa china e la poca voglia di varcare quella soglia che si prospettava difronte ai miei occhi.

"Abbiamo tutto?! Si, ecco borsa...cappotto...depliant per il lavoro...cos'altro. Dannazione c'è qualcosa che manca ma non ricordo cosa" sentii la voce di mia madre squillante, e subito dopo la sua figura girare per le stanze come una trottola. Afferrava tutto con furia, parlando ed imprecando con gli oggetti ed il cappotto che non voleva far fuoriuscire la sua mano. Le si era incastrato il braccialetto contro la stoffa, provando a tirare con forza, rilasciò un sospiro di sollievo quando ci riuscì esausta e soddisfatta. Ed eravamo solo ad inizio giornata.

Credevo per un minuscolo istante che la mia sfortuna l'avessi ereditata da mia madre. E forse il timore che fosse proprio così si faceva sentire prepotente nelle mie viscere ed il
Mio stomaco che reclamava cibo.

"Le chiavi" le ricordai, scendendo l'ultimo scalino. Le presi tra le mani. Erano poste sulla credenza il legno, poiché spostava tutti gli oggetti come un'ossessa per trovarle.
Si girò dalla mia parte battendosi una mano sulla fronte.

"Qualche volta perderò la testa. Fortuna che ho te" mi sorrise dolcemente, guardando arrivare mio padre che si aggiustava la cravatta. Cinse una mano sulla vita sottile di mia madre dandole un bacio a stampo. Erano bellissimi insieme. Secondo me non esisteva miglior esempio d'amore se non vedere i propri genitori innamorati ancora dopo tanti anni.

Venne a salutare anche me, lasciandomi un lieve bacio sulla fronte.
"Buona giornata principesse" ci salutò sbattendo la porta.

E lo speravo davvero che fosse buona.

Uno Sbaglio DivertenteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora