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Pov. Joshua

Dire che il destino aveva confabulato contro di noi sarebbe stato un eufemismo. Mi detestava davvero?! Stentavo a crederci, poiché i suoi occhi la tradivano, e neanche se ne accorgeva.

Ed ora ci ritrovavamo di nuovo qua, in questo posto, come prigionieri. Dovevo ammettere che la scena che si era creata in macchina sarebbe stata da immortalare. Si stavano davvero tirando i capelli come delle ossesse, mentre Madison urlava come una gallina e Carlotta aveva lo sguardo capace di infiammare un intero bosco. Il motivo per il quale litigavano non mi era ben chiaro, possibile che fossi io quel motivo?! Mi andava di credere di sì.

Si era rintanata in camera, senza farsi vedere per tutto il giorno, mentre tentavo di fare un casino assordante solo per farla uscire e prendermi anche a parolacce, purché mi parlasse. Ed invece nulla la smuoveva, nulla le faceva aprire quella dannata porta e fare capolino, o scaraventarmi addosso qualche oggetto nel suo modo buffo ed isterico.

Neanche adesso che avevo alzato al massimo il volume dello schermo al plasma e della radio. Rumori scoordinati di voci che s'intrecciavano tra un vecchio film in bianco e nero ed una musica R&B che passava per una stazione radio qualsiasi. Un rumore che mi stava perforando i timpani, solo per il gusto di farle dare di matto. Dovevo ammettere che era cocciuta e resistente. Non voleva sventolare quella bandierina bianca che tanto attendevo.

Mi arresi dopo un po' spegnendo tutto, avviandomi nella mia camera. C'era un silenzio plateale, e si udiva solo il fruscio debole di quel poco vento che s'innalzava facendo smuovere le chiome folte degli alberi, al di fuori delle finestre.

Dopo un po' sentii il rumore leggero, della porta aprirsi, emettendo uno strascico morbido sulla superficie.
Decisi di rimanere un altro po' in camera per aspettare e coglierla sul fatto quando meno se lo sarebbe aspettato. Non sentii i suoi passi. Sapevo che probabilmente si era tolta le scarpe e camminava in punta di piedi con i suoi calzini multicolore. Ci riusciva malissimo, se fosse stata una ladra sarebbe finita in prigione almeno una centinaia di volte. Inutile dire che si era divorata il cartone "occhi di gatto", non aveva appreso nulla da loro.

Mi issai dal letto, attento a non farlo scricchiolare, levando il mio peso, ed aprii con una lentezza che mi avrebbe fatto divenire i capelli bianchi, la porta.

Feci come lei, camminando in punta di piedi, quando dalle scale mi sporsi, vedendo la sua ombra perfetta, ed un mugolio di piacere, con la bocca chiusa.
Affrettai il passo, stando sempre attento. Sembravo un poliziotto che doveva braccare il ladro per un furto.

Mi misi a braccia conserte, appoggiandomi allo stipite con le caviglie accavallate. La guardai gustarsi un pezzo di pizza che avevo ordinato, benché quando gliela proposi non mi rispose e non si mosse da quel letto come se fosse stata incollata con del vinavil sul piumone.

Accovacciò il pezzo di pizza per non far cadere i würstel, prendendone un pezzo, e potevo avvertire dai suoi versi e dal suo modo di mangiare che aveva una fame da lupi.

Finché non si voltò piano, divenendo leggermente paonazza in volto, tossendo per la pizza che sicuramente le era andata di traverso.
Innalzai un sopracciglio divertito, ed un sorriso sfacciato, incurvando le labbra all'insù.

"Una ladra di cibo. Astuta Carlottina. Hai fatto un corso avanzato per le rapine di pizza o hai un talento naturale?" Mi feci beffa di lei, vedendola rinsavirsi, deglutendo e rimpicciolendo gli occhi azzurri splendenti.

"Che cazzo vuoi?" Sbottò dolce come sempre, uno zucchero filato quasi, buttando il cornicione della pizza sulla scatola di cartone.

Uno Sbaglio DivertenteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora