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Pov. Joshua

Mi ero dimenticato le tendine della finestra scostate, perciò la luce mi colpì in pieno il viso, portandomi a sbruffare rumorosamente. Tentai a dormire ancora un po' ma la voglia di vederla e vedere i suoi occhi anche durante il sonno avevano vinto contro tutto. Battaglia persa.

Mi levai dal letto, scostando le lenzuola di lino, andando verso la finestra.
Vidii la sagoma sbiadita del suo cuore, o forse lo vedevo solo io poiché si vedeva un piccolo accenno e la lettera Giapponese all'interno neanche più.
Rifeci il suo stesso gesto, soffiando sul vetro per appannarlo appena, in un piccolo spazio, disegnando con l'indice che rabbrividii con il freddo del vetro, un cuore con una C dentro. La C della mia cura e del mio cuore che ormai teneva rinchiuso con il suo. Mi aveva estrapolato senza ritegno la parte più importante, l'organo vitale che ora batteva solo se lei era accanto a me.

Joshua ti ricordo che odiavi le cose melense. L'amore porta a vedere tutto in maniera colorata ed allegra, l'amore annienta i brutti pensieri, fa pensare al presente, cancella il passato e ti aiuta a disegnare una piccola scia per il futuro.

Decisi di svegliarla nel migliore dei modi, e il suo primo pensiero fu di guardare fuori dalla finestra, scostandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio impreziosito dalle sue pietre blu.

Mi ero nascosto nell'angolo, di fianco all'armadio e quindi la vidii anche stiracchiarsi. Così dolce e sensuale al tempo stesso. Impossibile per una qualunque ma lei riusciva con la sua naturalezza a sconvolgere il normale circolo della mia vita.

Quando fu di spalle la colsi alla sprovvista. Un sobbalzo seguito da un ansimo flebile. La sua voce bassa e delicata di prima mattina, quel corpo caldo che poco prima era arrovellato nelle coperte rosa, e la sua intimità...Dio quella fessura cosa era. Il paradiso che conteneva l'inferno dove bruciavo ogni volta. Le accarezzai dolcemente il gonfiore quasi per darle sollievo ed il mio nome era sempre una melodia che producevano le sue labbra rosse. Una melodia che non mi sarei stancato di sentire, anche se fosse stato un registratore per tutta la giornata senza il tasto Off.

Quando le infilai il dito in modo rude, facendola contorcere dal piacere, abbassando la testa, avvertii quanto fosse madida. Mi fotteva, abusava di me.

E dentro quel mare calmo e limpido, leggevo piccole onde di paura per il fatto che avrei visto Madison. La rassicurai. Non doveva temere. Nulla divide due cuori che hanno le catene inossidabili intorno.

Mi lavai e vestii con una maglia grigia a maniche lunghe con uno scollo a V contornato da bottoni neri, ed un Jeans verde militare. Ero raggiante e canticchiavo il motivo della canzone che avevo scritto dove Carlotta era tra le righe, mentre mi aggiustavo il ciuffo biondo cenere all'indietro con un po' di gel che avevo spalmato su i palmi.

Scesi le scale sentendo il rumore fastidioso ed incessante del frullatore che sembrava un trapano che perforava violentemente, salutando mia madre che era intenta a guardare stranita il suo beverone salutare. E non credevo difficile che fosse schifata.
Ma comunque alzò la testa, sorridendomi.

Aprii la porta richiudendola con un tonfo sordo mentre mi avviai sulla moto, infilandomi il casco per gettare un'occhiata fugace alla casa di Carlotta. Sembrava proprio che fossi una calamita e lei era la metà per restare attaccato e non cadere al suolo rompendomi in mille frammenti come schegge.
La moto produsse un rimbombo prima di abbassare la visiera e dare gas per partire, raggiungendo il locale dello Zio di Madison.

Uno Sbaglio DivertenteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora