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Pov. Carlotta

Salutai Amanda, che mi rassicurò che tutto sarebbe andato per il meglio. Volevo crederci o almeno lo speravo. Camminavo a passo lento ma deciso, il cuore correva frenetico invece, cambiando ogni tanto di ritmo, e ciò mi faceva crescere l'ansia a dismisura.

Quando lo vidii a sedere sullo schienale di una panchina di legno, esalai un respiro abnorme, e subito dopo lo ripresi come se avessi fame d'aria, poiché sembrava che il cuore non voleva pompare ossigeno necessario.

I suoi occhi incontrarono i miei in quel frangente di tempo che ero rimasta impalata come il palo della luce al mio fianco, allungando di nuovo la gamba per compiere gli ultimi passi che mi dividevano da lui.
Il suo sorriso si allargò, in maniera dolce e sconfinata, un altro senso di colpa mi assaliva ma scacciavo via, per non essere soppressa da questa emozione. Non sapevo come comportarmi, e nessuno mi avrebbe dato una mano o un aiuto dal pubblico come nei talk show scadenti che passavano per la televisione.

Questa era una cosa che dovevo affrontare da sola. Un brillio passò come un lampo nei suoi occhi più chiari, un verde smeraldo in cui tempo prima mi perdevo, mentre ora annegavo in un mare cristallino.

"Ciao Carly" si alzò con un balzo, facendo toccare le suole delle sue Nike bianche al suolo, venendomi difronte, spostandosi il ciuffo all'indietro.

"Ciao Mich..." non riuscii a terminare la prima frase che già pesava, che mi prese il mento tra il pollice e l'indice incastrandomi in un bacio casto e delicato.

Quando si staccò mi sorrise mentre io lo accennai appena ed era debole talmente tanto che avevo paura che non l'avesse captato. E difatti fu così.

"Mi sei mancata" bisbigliò quasi soffice come se avesse paura che orecchie indiscrete ascoltavano le nostre conversazioni intime. Alzò una mano su cui mi cadde l'occhio con il battito ancora più elevato, passandomi un pollice sulla guancia soave.

I suoi occhi si fecero più scuri ed intensi ed era evidente il mio fastidio forse, o il fatto che non mi fosse mancato.
"Ti devo parlare" feci un respiro smorzato a frequenza come piccoli rimbalzi, passandomi la lingua sul labbro in evidente imbarazzo e difficoltà. Una folata soffice s'innalzò, colpendomi in pieno, parandomi di più con il giacchetta fine.

Si sentiva solo il rumore delle macchine sfrecciare, ed un leggere fruscio di alberi e brusio di poche persone che passavano di lì, come il bastone che batteva al suolo con un rumore sordo, di un vecchietto che passava.

"Possiamo parlare dopo? Ho l'allenamento ora e ti volevo con me." Rivelò fievole vedendo il mio sguardo freddo ed il mio distaccamento nei suoi confronti. Mi stava costando fatica e così peggiorava la situazione che scoppiava come la seconda guerra mondiale dentro di me. Ero come un tsunami, mi si smuoveva tutto e traballavo, crollavo.

Si girò per avviarsi, mentre lo bloccai stringendo la mano sulla sua giacca di pelle.
"Ho bisogno di parlarti ora" ricalcai risoluta ma dolce non volevo essere glaciale e non se lo meritava. Sopratutto il magone che mi si era fermato in gola.

Sbruffò debolmente per poi acconsentire grattandosi la nuca.
"Vedi in questi tre giorni che non ci siamo visti..." non mi lasciò finire che fece una risata amara ma contenuta, cambiando espressione vedendo la sua mascella divenire rigida e spigolosa ed ero sicura che se ci avrei passato sopra i contorni con l'indice mi sarei punta come Aurora, solo senza l'ago.

"Sei innamorata di lui vero?" Mi chiese quella domanda ispido, che mi raggelò il sangue nelle vene. Una domanda a brucia pelo senza mezzi termini, dritto e coinciso spiazzandomi completamente.

Abbassai lo sguardo sulla punta delle mie scarpe nere di pelle, ondeggiando su i talloni.
Mi morsi l'interno guancia, per annuire, e riportare il mio sguardo dispiaciuto verso di lui che non si scompose come se avevo avuto la forza di tramutarlo in una statua come se fossi stata Medusa.

Uno Sbaglio DivertenteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora