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Pov. Carlotta

Stava diventando strano il fatto di entrare nella sua camera attraverso la finestra, e la mia scarsa capacità di scavalcare ancora di più.

Aprii la finestra della sua stanza, entrando lentamente dentro senza rischiare di fratturarmi qualcosa.

"Entrerai mai dalla porta?" Sentii la voce di Joshua dietro le mie spalle, finendo quasi per inciampare. Mi aggrappai al cornicione per non cadere e fare la prima figura di merda della giornata, e non avevamo neanche iniziato a parlare di ciò che mi avrebbe dovuto insegnare.

Mi ripresi, scattando in piedi per aggiustarmi la maglia ed i capelli.
"Che Eva Kant sarei altrimenti?" Riportai la frase che mi aveva detto il giorno prima, vedendolo ridere debolmente mordendosi il labbro, ed alzarsi dal letto.

"Ottima osservazione. Dunque...che vuoi fare?" Mi chiese serio avvicinandosi. E non  sapevo bene che diavolo fare, non mi ero preparata nulla d'interessante, era lui doveva dirmi cosa fare non viceversa.

Mi morsi il labbro, girovagando con lo sguardo sulla sua camera, dove alcune foto ricoprivano la parete dietro al letto.
"Non lo so...tu cosa vuoi fare?" Confessai mentre mi guardò più serio, un azzurro che divenne quasi blu.

"Primo errore Carlotta. Se un ragazzo ti chiede cosa vuoi fare è il momento giusto per prendere posizione e decidere. Se lasci a lui la palla in mano crederà che ogni cosa che vuole fare ti possa andare bene" spiegò un concetto che ancora non sapevo, mentre elargii una "O" con la bocca aperta quasi Sorpresa.

"Io...io non ero preparata ecco" mi giustificai, cambiando posizione da un piede all'altro in agitazione. Cavolo la calma era andata a farsi benedire.

"Quando sarai sola non ci sarà una prova, dovrà venirti automatico" rivelò gentilmente, guardandomi annuire.

"Levati la maglia" sbottò all'improvviso alzando il mento, mentre stavo ancora assimilando il suo concetto, pressandolo nella mia memoria interna e tirarla fuori quando mi sarebbe servita. Mi ridestai rendendomi conto di ciò che mi aveva appena chiesto. Stava con le braccia conserte appoggiato con la schiena al comò ed un sopracciglio innalzato. L'aria strafottente e per nulla turbata come invece L'avevo io in quel preciso istante con tanto di occhi sgranati.

"Cosa?! No!" Asserii, portandomi con le braccia a circondarmi le spalle, come una sorta di protezione, mentre le guance le sentivo tirare ed ero sicura che fossi diventata un peperone arrostito.

Si staccò dal comò, chinando la testa, ma potevo comunque vedere che stava trattenendo un ghigno divertito e non mi spiegavo che cosa ci fosse di così divertente dentro ad una domanda tanto imbarazzante.
Rimasi impalata, ritrovandomelo difronte, ed avevo ancora le braccia a proteggermi. Si sporse di poco verso il mio orecchio sentendo il respiro caldo solleticarmi il collo.
"Stavo scherzando. Ma avevamo detto niente imbarazzo ed invece sembri un pomodoro maturo sulle guance" proruppe di nuovo. Tenni gli occhi chiusi finché non sentii il suo calore svanire e la sua figura staccarsi piano da me, riaprendoli. Aveva ancora un sorriso sardonico e due fossette deliziose.

Iniziavo ad odiarlo, anche se era difficile visto che già lo odiavo, forse...si, cioè no, cioè insomma...
"Lasciami in pace" scattai irritata, rendendomi subito conto di averlo detto a voce alta, portandomi una mano sulla bocca.

"Sei tu che hai chiesto il mio aiuto" mi accusò con un'espressione stranita dal mio cambio di umore radicale.

Oh cazzo! Carlotta ti devi trattenere! Già era fin troppo strana ed imbarazzante la situazione di per se, ci mettevo anche le mie crisi interiori. Che pasticcio.

Uno Sbaglio DivertenteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora