CAPITOLO 37

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Eric

"É una pessima, pessima idea!" continuavo a pensare.

Portare un ragazzino con noi sarebbe stato omicidio.
"Perché nessuno se ne rende conto?!"
Nessuno a parte mio padre.
Ogni tanto sembrava avere un po'di sale in zucca.

Dovevamo prendere la Pietra e andarcene. Dovevamo seguire il piano.
Ma ovviamente Megan doveva fare di testa sua trascinando in una guerra un ragazzino con la scusa che aveva bisogno di una casa, di un porto sicuro!
"Beh, noi siamo tutto tranne che un porto sicuro!"

Eravamo arrivati in aereoporto, Roland aveva acquistato i biglietti per Yellowknife in Canada.
"Finalmente un clima per me!"
Nel freddo mi muovo meglio, mi sento più a mio agio, sono più lucido e sono al massimo perciò speravo di arrivare il prima possibile.
Anche perché così questa storia sarebbe conclusa per sempre.
Era un pó che ci pensavo, qualcosa non tornava anche se non riuscivo proprio ad afferrare cosa.

-Spero che tu non mi odi- disse una voce tirandomi fuori da quella mia ragnatela di pensieri.
Abbassai lo sguardo verso dove proveniva la voce: era Clark.
Quel ragazzino mi metteva una certa inquietudine.
Se ne stava sempre silenzioso e poi BOOM! all'improvviso compariva e ti prendeva di sorpresa.
É un'abilità che se ben sfruttata avrebbe dato i suoi frutti.
-No, non ti odio- gli risposi riconducendo gli occhi sull'immensità di umani che mi formicolava tutto intorno come una brutta sensazione.
-Ho visto quello che sai fare.
Sei bravo con quella Pietra.
Che a proposito si chiama...?- gli chiesi.
-Oh, non ho idea di come si chiami.
É un regalo di mia madre.
Era una professoressa di storia, una noia assurda!-

Non mi interessava sapere della sua vita, tantomeno averci niente a che fare.
Ma Clark sembrava perso nei ricordi e continuava a raccontare.

-Tranne quando mi parlava di alcune vecchie leggende, su Angeli, Ribelli e cose varie. Ora che ci penso, non avete detto di chiamarvi Vigilanti?- mi domandò.
Io annuí preoccupato: forse quel bambino era predestinato ad entrare a far parte di questa squadra.
-Come... Come i primi Angeli Ribelli! Figo!- esclamò.
-Mi raccontó che questi cosiddetti Angeli si disperarono per aver tradito Dio, così piansero e le loro lacrime divennero delle Pietre. Mia madre diceva sempre che questa era una di quelle, ma pensavo fosse soltanto un modo per far divertire un bambino! Non avrei mai pensato che fosse tutto vero! Almeno fino a qualche mese fa-
-In che senso?- gli chiesi sempre più preoccupato.
-Sí, fino a qualche mese fa. Da allora la Pietra ha cominciato come... ad attivarsi. La prima volta credo sia stata al rientro dalle vacanze estive.
Stavo rientrando da scuola quando vidi per terra un uccellino con un ala spezzata. Non poteva muoversi, mi fece pena. Così lo presi tra le mani quando quella stessa luce con cui ho curato prima gli altri, lo ha avvolto e curato. L'ala era perfetta!-

-La tua Pietra perciò al potere della guarigione- conclusi.
-Sí ma non finí lì. Più tardi scoprí che era anche in grado di animare gli oggetti. Capisci?-

-Tu, tu... Sei in grado di dare la vita agli oggetti inanimati.
Giusto, perché no?- dissi.

Clark sorrise.

-Hey ragazzino non ridere, hai visto anche tu che per poco non ci lasciavi le penne! Non sei ancora pronto!- aggiunsi spegnendo il suo sorriso.
-Troy farà di me un guerriero, contaci!- mi rispose.

Detto questo aumentó il passo per raggiungerlo.
-Quindi qual'è il nome della tua Pietra?!- gli urlai dietro.
-Pietra del Respiro!- annunciò lui.
-Oh almeno così diceva mia madre- concluse.

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Megan

Ormai ci eravamo imbarcati sull'aereo.
Troy ovviamente sedeva con il nostro ultimo acquisto: Clark.
Quel ragazzino ha un futuro come Vigilante!

-Hey Troy! Tutto bene?!- gli chiesi.
Il nostro arciere stringeva forte i braccioli del posto a sedere e sembrava avere bisogno di un sacchetto per il vomito o per gli attacchi di panico.
Ma probabilmente era già in panico perciò sarebbe stato meglio optare per il sacchetto per il vomito.

Lui mi rivolse uno sguardo benevolo poi ricominciò a combattere contro la pizza che aveva mangiato poco prima.

Davanti a loro, Hanna teneva sotto stretta sorveglianza il suo licantropo e Roland ed Eric confabulavano seduti alcuni posti più avanti.

Io sedevo con James, più pallido del solito.
In pratica doveva aver esaurito tutte le energie nel rigenerarsi dopo l'esplosione.
Chissà cosa accadeva nella sua testa in quel momento.
Lucifero, mio padre, ne stava prendendo il controllo.
"Maledetto!" pensai intensamente.
-A chi hai urlato maledetto?- chiese lui ruotando la testa nella mia direzione.
Sudava molto, aveva il viso increspato da goccie di sudore ma toccandolo constatai che era rimasto gelato come sempre.
"Che stupida! Non può avere la febbre! Non ha nemmeno una temperatura corporea!"
-Sto bene! Tranquilla, temperatura corporea 0 come sempre!- continuò lui leggendo nella mia mente.
-Potresti smetterla?!- esclamai.
-Di fare cosa?- chiese lui facendo finta di niente.
-Lo sai come la penso sulla lettura della mente!-
-Scusa, e che é così facile entrati in testa! Non serve essere un vampiro per comprenderti- mi rispose.
-Che vuoi dire?!- sboccai.
James fece un gesto davanti la mia faccia.
-É tutto questo!- esclamó accennando un sorriso.
-Basta guardarti in faccia.
Sul serio, non farlo con i nemici!- concluse.
Probabilmente aveva ragione.
-Vieni con me!- gli ordinai prendendolo per il braccio.
Si alzó e io lo condussi nel bagno delle donne dell'aereo.
Ci chiusimo in uno dei bagni e girai la chiave.
-Che ci facciamo qui?- mi chiese guardandosi intorno.
-Lo so che é squallido come posto, ma...- dissi slacciandomi i primi bottoni della camicetta.
-No, no per me va bene. Amo i bagni pubblici!- rispose entusiasta.
-HEY, COSA HAI CAPITO?!- sbraitai dandogli un colpetto sulla spalla.
-Stai male! Devi bere!- continuai.
-Ti stavo prendendo in giro!- esclamò ridendo ma la sua felicità fu stroncata da colpi di tosse.
-Stai a pezzi! Forza...- lo esortai spostandomi i capelli dalle spalle.
Lui esitó.
-Che c'è? Non hai mai rifiutato il mio sangue!- osservai.
-E se... e se tuo padre prendesse di nuovo il controllo?
Io, io non potrei fermarmi e tu...-
Si fermó.
Ma il senso della frase era ovvio: sarei morta.

-Hai sempre dovuto lottare contro dei demoni- gli dissi cingendogli i fianchi.
-Mio padre sarà solo uno in più...- continuai e allora lo baciai.
Le sue labbra scivolarono lente fino al mio collo dove, in una scarica di adrenalina, affondó i canini.
Niente di diverso: stessa sensazione di piacere, stessa estasi, stesso dolore.
Era sempre il mio James.
Sentivo il sangue scivolare via e le sue labbra muoversi sulla mia pelle.
-Scusi, é occupato?- disse una voce bussando alla porta.
James si staccó dal mio collo lasciando due fori.
Era una pratica difficile, avrebbe potuto decidermi un'arteria, ma James diceva che il sangue aveva gusti diversi in base a dove veniva estratto.
Il collo era il suo punto preferito.
-Emh... Sì!- esclamai rispondendo a quella voce anonima.
-Mi lasci un momento, esco subito!- continuai.
Ci ripulimmo dal poco sangue versato in luoghi che non siano all'interno di James, mi richiusi la camicetta nascondendo il morso e poi uscimmo.
Una donna sulla quarantina di stava specchiando e rifacendo il trucco.
Uscimmo di corsa e stavamo quasi per raggiungere la porta quando la donna alzó lo sguardo nello specchio.
Mi irrigidí pensando che ci avesse scoperto.
-Bella camicetta cara- mi disse con aria cordiale.
-Oh, grazie, arrivederci!- le risposi sorridendole e  sperando che non smuovesse lo sguardo dallo specchio.
Capí che vide riflessa soltanto me.
James non poteva specchiarsi perció...
nessun problema per fortuna.

"O almeno per ora" pensai tornandomi a sedere.

LOST WINGS: Nel Regno Dei MortiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora