38° capitolo

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"Ragazzi scendete é pronto" urlò la madre del ragazzo.
Alya inspirò con la bocca.
"Tranquilla, andrá bene" le sussurrò Shawn.
"si eh!" disse poco convinta.
Si sedettero tutti a tavola e cominciarono a mangiare parlando dei piani per la settimana e cose varie.
"Allora Alya? Hai deciso cosa fare?" Chiese il padre.
"Oh emh, si..a questo proposito volevo chiedervi una cosa" disse alzando lo sguardo.
"Io e Shawn avevamo intenzione di andarci insieme" disse timida.
"Non se ne parla" disse il padre severo
"Non credo proprio" ridacchiò la madre.
"E non credo che nemmeno a loro vada bene" continuò.
"No, scusate se vi veniamo contro, ma non vedo perché non mandarli, Shawn ha giá fatto molti viaggi da solo e con i suoi amici, ed é ancora qui" intervenì Karen.
"Vedi dove sta la differenza? Loro si fidano del loro figlio" piagnucolò Alya.
"No, se ci vuoi andare, ci vai o con me o con tuo padre"
La ragazza sbuffò in modo teatrale e cercò di persuadere con gli occhi sua madre.
Ma lei bevve un sorso d'acqua e la fissò indifferente.
"Ma dai, pensala come un viaggio d'amicizia, dicevi che dovevo uscire più spesso e conoscere nuove persone, e ora che ne ho l'opportunitá mi metti i bastoni fra le ruote?" chiese alzando la voce.
Tutti la stavano fissando, ma poco le importava, era sempre stata una ragazza testarda.
"Si, é vero, ma passare dal stare segregata in casa ad andare in un altro stato mi sembra esagerato" disse la madre scaldandosi.
"Dettagli" minimizzò Alya.
"Credo di essere in grado di viaggiare da sola, anche perché avete giá organizzato tutto voi, essenzialmente devo solo camminare e respirare, e sono certa che riesco a farcela anche da sola" continuò lei lamentandosi.
"Sei immatura, fai ragionamenti inutili e infantili" la sgridò sua madre.
"Oh!, scusate se all'etá di sei anni sono stata sfrattata da casa mia, portata in un posto dove parlavano un'altra lingua, non conoscevo nessuno e ho dovuto superare un trauma senza nessuno della mia vera famiglia a supportarmi, e che non mi ha permesso di affezionarmi alle persone per anni" disse alzandosi di scatto da tavola e guardando di sfuggita Mia, che aveva inizialmente abbassato la testa e poi si era alzata correndo nella sua stanza.
"Lo sai che non intendevo questo" sussurrò la madre con le lacrime agli occhi.
"Ho diciotto anni, sono libera di fare quello che voglio" urlò con la voce spezzata, mentre saliva le scale per andare, anche lei, in camera.
Shawn rimase in silenzio a fissare il piatto semi vuoto.
"Scusate" disse alzandosi anche lui e raggiungendo la camera di Mia.
Bussò due volte ma non ricevette risposta.
"Posso?" chiese aprendo la porta.
"Oh si Shawn, entra pure" disse tirando su col naso.
"Ehy, lo sai che non lo diceva con cattiveria" disse lui sedendosi sul letto vicino alla ragazza.
"Si, lo so, solo che lei non capisce quanto mi fa sentire inutile se dice queste cose.
Sono sempre stata la persona con cui si sfogava e si sentiva libera, come una vera sorella, e quando dice così mi sembra che in realtá non sia servito a niente fare tutti quelli sforzi.
Lei crede che per me sia stato semplice, ma non é vero, ho dovuto cambiare tutto, per anni non ho invitato nessuno a casa perché non volevo lasciarla da sola, quando andavamo a scuola eravamo compagne di banco e passavo la ricreazione con lei, così che non si sentisse esclusa, e poi la notte restavo sveglia con lei a giocare a giichi stupidi così che lei non sentisse la mancanza della sua famiglia.
Ma a me sembra che lei non se ne accorga, di tutto quello che ho fatto per lei." Si sfogò Mia.
"Io credo che tu sia una buona amica per lei, ma credo anche che questo l'abbia portata a relazionare solo con te, per questo ora é sempre sola" puntualizzò Shawn.
"Si lo so, ma che ci potevo fare? Lei piangeva sempre e a me dispiaceva"
Il ragazzo sbuffò.
"Lei ti ammira, sei importante, molto importante, e credo che un legame come il vostro sará impossibile da distruggere"
Mia annuì.
"Grazie" sussurrò.
"Ora vado da lei, sono sicuro che mi aspettano molte lacrime nell'altra stanza" scherzò.
La ragazza ridacchiò.

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