42° capitolo

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La mattina dopo era il giorno tanto atteso ma anche tanto temuto.
Fin da quando si alzarono Alya ribadì a Shawn che non sarebbe stato facile e che non sarebbe nemmeno stato un bello spettacolo.
Verso le due del pomeriggio si recarono all'ospedale psichiatrico, dove sua mamma era "rinchiusa".
Arrivati suonarono al campanello e si presentarono al signore dietro al banco.
"Salve, siamo Alice Pietrogli e Shawn Mendes e siamo venuti a trovare mia madre, Anna Maria Luretri"
"Si, vi faccio accomodare in una saletta"
Alya annuì.
Li portarono in una stanza dove c'era un tavolo e delle sedie intorno e una piccola tv appoggiata ad un mobiletto.
La madre entrò pochi minuti dopo, con indosso una semplice veste bianca e accompagnata da due dottori.
I due ragazzi si alzarono in piedi e Anna andò ad abbracciare Alya.
"Ciao mamma, come stai?" Chiese con tono dolce.
"Io bene, sono ancora quì, ma stò bene e te?" disse con voce flebile.
Shawn la guardava, osservava ogni suo minimo movimento facciale.
Aveva il viso secco e scorparso di rughe, aveva gli occhi spenti e addormentati, e pensò che probabilmente erano causati da tutti gli antidepressivi che le somministravano ogni giorno.
I capelli erano in disordine e parlava piano, non scandendo bene le parole, trascinandole e attaccandole una all'altara.
"Io anche, sono contenta di vederti, e anche di presentarti Shawn, lui é il mio migliore amico, e pian piano stiamo scoprendo che fra di noi c'é più di una semplice amicizia" disse girandosi verso Shawn e sorridendoli, cosa che fece sorridere anche lui anche se non aveva capito niente di quello che si erano dette le due.
Ma un forte suono li fece girare di scatto.
La madre si era ripresa tutta insieme, come se avesse preso la scossa, e batteva i pugni più volte contro il tavolo.
"Perché, perché mi fai questo?" Urlò iniziando a piangere.
I due dottori la presero e la tennero ferma, ma non la portarono via.
"Cosa mamma, cosa ho fatto" chiese lei preoccupata.
" per anni ti ho detto che gli uomini sono macchine da distruzione, ti uccideranno, ti maltratteranno, ti useranno solo quando fará comodo a loro, e distruggeranno tutto quello che hai creato, e ora mi vieni a dire che stai con uno di quelli?" Continuò divincolandosi inutilmente dalle braccia dei due.
"Mi hai insegnato a non affezionarmi alle persone, mi hai detto "loro se ne andranno e tu soffrirai" mi hai insegnato a non sperare troppo in qualcosa, mi hai insegnato a non amare, mi hai detto "se l'amore non verrá ricambiato sarai solo illusa" e non mi hai mai insegnato che vivere non é un pericolo, che cadere significa solo saper rialzarsi, tu mi hai distrutta, mi hai resa quello che sono ora, una persona vuota, con mille paure e mille problemi, con l'ansia costante e la convinzione di essere una nullitá.
Devo tutto a lui, perché mi ha notato quando ero invisibile, certo, mi ha fatto del male e sono sicura che me ne fará ancora, ma mi ha sempre aiutato a credere in me stessa, a diventare più forte" disse Alya urlando di rimando mentre anche lungo il suo volto scendevano lacrime amare.
"Io ti volevo solo proteggere" disse mentre i dottori la stavano portando via
"E invece mi hai distrutto, mi dispiace" disse lasciandosi andare contro la spalla di Shawn, che la guardava preoccupato.
"Portami via da qui, ti prego" disse la ragazza singhiozzando.
Shawn era estremamente confuso.
Era successo in un arco di tempo così breve che se neanche avesse saputo la lingua, sarebbe riuscito a capire cosa fosse successo.

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