AMELIA

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Mi asciugo con il dorso della mano le lacrime mentre guardo Trevis uscire dalla camera, cercando di interpretare il brusio che segue poco dopo che si è richiuso la porta alle spalle. Mi ha fatto promettere che non me ne andrò, almeno fino a quando lui e Matthew non saranno tornati.
Rivolgo il mio sguardo malinconio verso Jill, che mi si avvicina con le braccia aperte, per poi confortarmi.
- Sai che non dobbiamo per forza aspettarli. Possiamo prendere la macchina di Trev e andare altrove.
- E dove? - la guardo scuotendo la testa pian piano, rendondomi conto che non ho nessuno da cui andare, se non a quattro cavolo di ore da qui.
- Ci sono altri mille posti dove potremmo andare, non è di questo che devi preoccuparti. Devi solo dirmi che vuoi andare via da qui. Lui non ti merita, Amy, non merita nulla, da nessun essere umano. Non lasciare che ti riduca in pezzi, non ne è degno. - mi dice Jill, quasi con le lacrime agli occhi.
La abbraccio, più forte di prima, per confortare me e lei, che, in qualche modo, è già stata ridotta in frantumi da Matthew, anche se non so perché.
- Quanto tempo abbiamo prima che ritornino? - le chiedo.
- Se siamo fortunate, mezz'ora.
Vado subito all'armadio, dove ho sistemato i pochi abiti che avevo portato con me, o meglio, che Matthew aveva messo nel mio borsone, e prendo velocemente le mie cose, poi vedo Jill uscire da camera mia, e ricomparire pochi minuti dopo con il suo borsone tra le mani.
- Amy, dobbiamo sbrigarci, sei pronta?
La guardo, e per un piccolissimo istante vedo la nostalgia nei suoi occhi, ma è solo per poco.
- Sì, sono pronta, andiamo!
Ci dirigiamo a passo spedito verso l'entrata, Jill prende le chiavi dell'Audi, che Trevis ha lasciato su di una console e poi usciamo, correndo verso l'auto.
Non appena saliamo in auto vediamo le sagome di Trev e Matt spuntare dai folti alberi da cui è nascosta la casa, poi accade tutto nella frazione di pochissimi minuti: Jill da vita, convulsamente, al motore dell'Audi, che ruggisce al primo giro di chiave, e Matthew corre verso di noi. Immediatamente Jill chiude le sicure e pesta sull'acceleratore, poi sento solamente i pugni di Matthe sul tettuccio.
- Amelia! - urla - Amelia, fermati!
Lo guardo dallo specchietto, mentre si porta le mani ai capelli per la disperazione.
- Non preoccuparti, gli passerà. - dice Jill, cercando di consolarmi.
- Non me ne importa. - mento.
********

Sono quarantacinque minuti che osservo il movimento della gamba sinistra di Jill, che si muove da destra a sinistra.
- Allora? Terra chiama Amy!
Mi riscuoto dai miei pensieri. - Scusami, che hai detto?
- Tutto bene? - mi chiede, poggiandomi una mano sul braccio.
- Sì sì, ero solamente un po' sovrappensiero. Cosa mi stavi dicendo? - le chiedo guardandola.
- Ti ho chiesto se vuoi fermarti a mangiare qualcosa o continuare a fare strada.
- Esattamente dove siamo dirette? - dico, spostando il mio sguardo verso il finestrino.
Adesso che ci penso, non ho la più pallida idea di dove stiamo andando.
- Promettimi solamente che non ti farai prendere dal panico. - dice, guardandomi di sottecchi, con un sorriso sornione che mi ricorda molto quello di Matthew.
- Jill... - non mi piace proprio la sua faccia. - Dove stiamo andando?
- Io te lo dico, ma devi prima promettere!
- Jill...
- Prometti!
- Jillian!!
Il tono della mia voce, pieno di preoccupazione, la fa capitolare.
- Oh, e va bene! Siamo dirette a.. - dice, enfatizzando ogni parola.
- A...?
- New York, baby! - alzando il braccio vittorioso in aria.
- Stai scherzando.
- Non mi lascerò rovinare il week-and da quel troglodita di Matthew, e neanche tu. Ti è assolutamente proibito!
- Ma New York è a quasi dieci ore di macchina!
- Per questa sera dovremmo arrivare, e se siamo stanche possiamo fermarci in un motel! Andiamo Amy, lasciati andare per una volta, sono sicura che tua madre sarebbe fiera di te e dei tuoi progressi in fatto di pazzie!
Rifletto su quanto sia sconsiderata l'idea di affrontare tutte queste ore di auto per andare a New York, però... New York, ho da sempre il desiderio di visitarla, e i corsi sono stati sospesi, quale migliore occasione?
- Oh! D'accordo! New York sia! - urlo.
- Dai sorella! Così mi piaci! - urla Jill, e scoppiamo a ridere di vero gusto.
Mi allungo verso lo stereo dell'auto e alzo il volume, alla radio stanno mandando "CAN'T STOP THE FEELING" e iniziamo a cantare a squarciagola, fino a quando la canzone non termina.
- Vuoi il cambio? - chiedo.
- Tra una dozzina di chilometri dovrebbe esserci una piazzola di sosta. - mi informa Jill e annuisco.
Prendo il mio cellulare, che fino a quel momento ho tenuto dentro alla mia borsa in modalità silenzioso e controllo il display, restando sbigottita.
- Quante?
- Come scusa?
- Quante chiamate senza risposta hai? - mi chiede Jill.
- Trentadue. - le rispondo ancora incredula.
- Sta' tranquilla, non è un tipo che demorde facilmente.
- Io non capisco davvero cosa possa volere da me! - dico, quasi esasperata. - Non sono il tipo di ragazza da cui lui è attratto, non sono una di quelle che si porta a letto per solo una notte. Perché allora? Perchè me? - guardo Jill, sperando che almeno lei possa rispondermi.
- Penso sia proprio questo il punto, tu non sei come tutte le altre ragazze con cui è stato. Tu non cadi ai suoi piedi nel giro di qualche secondo, non sei disposta a perdere la tua integrità solo per una nottata. Credo che sia questo che lo porta a tormentarti, a cercare di farti cedere. È il brivido della conquista, la sfida, un gioco.
Rifletto su ogni parola che Jill mi dice, su quei pochi momenti che io e Matt siamo stati insieme e, seppur con amarezza, mi rendo conto che Jill ha ragione, e il prendere coscienza che per Matt sono davvero solamente un gioco mi lascia l'amaro in bocca, più di quanto vorrei.
Mi appoggio al sedile e guardo fuori dal finestrino, continuando a rimuginare sulle parole di Jill e su quanto ci abbia azzeccato ed è con questi pensieri che mi addormento.

- La devi smettere.
Mi riscuoto dal mio sonnellino, cercando di capire con chi ce l'abbia Jill.
- Non puoi continuare così, non puoi continuare a giocare al gatto e il topo, lei non se lo merita.
Mi rendo conto che Jill sta parlando al telefono, quasi sicuramente con Matthew, e faccio finta di continuare a dormire per poter ascoltare quello che si dicono.
- Non me ne importa nulla, Matt. Hai già distrutto abbastanza persone, compresa me, non ti permetterò di distruggere anche lei.
Jill fa una piccola pausa, probabilmente per ascoltare quello che Matt le sta dicendo. - Non pensi a Lucas, a cosa penserebbe di questa tua insana voglia di volerla annientare? Che razza di persona sei diventato? - chiede, quasi singhiozzando, poi seguono dei minuti di silenzio. - Non mi perdonerai mai, vero? Pronto! Matt?
Sento un tonfo e poi lo sbattersi dello sportello dell'auto.
Mi accorgo che il tonfo è dovuto al cellulare di Jill che cade a terra, cerco di interpretare la conversazione, ma l'unica cosa su cui riesco a rifletterre è che Matthew vuole distruggermi, ma per quale motivo? E poi, seriamente, cose c'è stato tra lui e Jillian? Perchè sembrano condividere parecchie cose e lo stesso dolore?
Vedo Jill uscire dal bar della stazione di servizio, con due enormi bicchieri di frullato tra le mani, e cerco di assumere la mia solita espressione spensierata, annullando, per il momento, ogni pensiero che riguardi Matthew.
- Buongiorno! - dice sorridendomi. - Anzi, forse sarebbe meglio dire buonasera!
Entra in macchina e mi porge uno dei due bicchieri.
- Che ore sono? - le chedo guardandomi intorno.
- Le otto e mezza.
- O mio Dio! Ho dormito per tutto questo tempo?
- Sì cara! Comprensibile, sarai sfinita!
- Sarai tu quella sfinita, dopo quasi sette ore di auto. Forza ti do il cambio!
Convinco Jill a trasferirsi sul sedile del passeggero e riprendo la marcia verso New York, dove arriviamo due ore e trenta minuti dopo.
- Dove andiamo?
- Vedi quell'insegna al led che lampeggia?- dice indicandomi un punto davanti a noi.
- Sì!
- Devi andare lì.
Una decina di indicazioni stradali dopo, siamo davanti ad una tipica casa newyorkese, a schiera e con i tipici gradini che portano all'ingresso.
- Eccoci arrivati!
- È un albergo?
- No, è casa dei miei.
Sono davvero senza parole.

L'AMORE NON HA BISOGNO DI PAROLEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora