AMELIA

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Entro in bagno chiudendomi la porta alle spalle; sono disarmata dalla semplicità con la quale ho baciato Matt pochi secondi fa, prima di entrare in bagno; quasi fosse un gesto abitudinario, compiuto miliardi di altre volte prima di quella.
Mi porto una ciocca di capelli dietro l'orecchio prima di avviarmi verso la doccia per aprire l'acqua affinché si riscaldi.
Intercetto il mio viso sullo specchio e mi esamino attentamente: gli occhi sono lucidi, come mai prima d'ora; gli zigomi sono rosati, come se avessi messo del blush ma in realtà è un colore naturale quello che tinge i miei zigomi; ciò su cui mi soffermo, però, sono le labbra che sono gonfie e arrossate da fare paura, chiunque capirebbe che sono state alla mercé di un'altra bocca, che sembrava non riuscire a soddisfare la propria sete.
Mi sento diversa, come se non vedessi la me di sempre, come se quello che io e Matt abbiamo fatto avesse cambiato non solo la mia anima ma anche il mio corpo, diverso da quello che per diciannove anni ho conosciuto e riconosciuto allo specchio; ho una nuova percezione di me, più profonda di quanto non fosse.
Traccio il contorno del mio volto prima di decidere di perdermi sotto la doccia, lavando via il suo odore.
Mi perdo a riflettere sotto il getto caldo dell'acqua, che rigenera le mie membra, dopo la nottata e la mattina appena trascorse; un tonfo mi riscuote dai miei pensieri, facendomi sobbalzare.
-Sì?
-Spelndore non vorrei metterti fretta, ma il tempo scorre inesorabile e ci aspettano quasi cinque ore di strada.
-Esco subito- dico, catapultandomi fuori dalla doccia; asciugo i capelli in onde morbide e indosso un paio di jeans skinny, una maglia nera a fiori e le mie converse rosse; traccio il contorno degli occhi con un filo di eye-liner e del mascara.
-Finalmente!- sospira Matt vedendomi uscire dal bagno.
-Non ho impiegato così tanto- gli faccio una linguaccia.
-Ancora devo farla io la doccia, quindi vedi un po'. Inoltre è arrivata tua madre...
Sgrano gli occhi - E che le hai detto?
-Che mi sono scopato la figlia tutta la notte- sbuffa, alzando gli occhi al cielo.
-Idiota!- sussurro, incerta sul fatto che mi abbia sentita.
-Le ho detto la verità...che eri sotto la doccia.- dice e ride, beffandosi di me.
-Oh...
-Già! Mi faccio la doccia, prepara tutto che tra poco dobbiamo tornare.
Annuisco mentre lo osservo scomparire dietro la porta del mio bagno, un po' ferita dalle parole che ha usato pochi secondi prima; sono consapevole del fatto che non abbiamo fatto l'amore, anche se le autoscontro nel mio stomaco, ogni volta che lo vedo, mi suggeriscono altro; però il termine "scopare" non è proprio quello adatto.
Scaccio via i pensieri dalla mia mente e raccolgo le poche cose che devo riportare con me al campus, compreso lo zaino con le lenzuola, che rappresentano la prova di quello che ho concesso a Matt.

-Ehi mamma...- la saluto quando arrivo di sotto, osservandola mentre armeggia con le pentole in cucina -Tesoro!- mi viene incontro abbracciandomi dolcemente.
-Noi andiamo via, non c'è bisogno che cucini- le sorrido, a mo' di ringraziamento.
-Oh... in realtà viene Mike a cena e voglio preparare qualcosa di buono.
-Ah...
-Amelia, so che siamo state, per gran parte della nostra vita, solo noi due, però è Mike, il nostro Mike; quello che mi ha accompagnata in ospedale quando ti sei rotta il braccio, quello che riparava tutto ciò che si rompeva, quello che ci ha sempre aiutate durante le difficoltà, è quello...
-Mamma- la interrompo sorridendo -lo so, voglio che tu sia felice e non potrei desidare di meglio per te, se non Mike, ma se le cose non dovessero funzionare?- le chiedo pensando già al peggio.
-Abbiamo quasi quarant'anni, non affronteremo le cose come ragazzetti di quattordici anni. Non dovresti essere tu a farmi la paternale. Piuttosto, che mi dici di Matt? Si vede lontano un miglio che non porta nulla di buono.
-Mamma...
-No Amelia, abbiamo lavorato duramente per farti arrivare dove sei, non ti permetterò di perdere tutto.
-Sembri tua madre...
-No...non ti permettere signorina. Io lo faccio per te, per ciò in cui credi e per cui hai lottato.
-Non ho bisogno neanche io delle tue paternali, mamma. So benissimo cavarmela da sola.
Sento dei passi lungo il corridoio andare verso le scale e, pochi secondi dopo, sento Matt scendere i gradini, così rivolgo un' occhiata ammonitrice a mia madre che annuisce e cambia discorso.
-Mi raccomando state attenti lungo la strada.
-Tranquilla- la rassicuro.
-Andiamo?- chiede Matt, arrivando in cucina.
-Sì- dico prendendo le poche cose che ho con me.
-Alla prossima signora Philipson- le sorride.
-Certamente!- ricambia cordiale mia madre e io alzo gli occhi al cielo.
Saliamo in macchina pochi istanti dopo, lasciandoci questi due giorni, lontani da tutto e tutti, alla spalle.

Trascorriamo gran parte del viaggio di ritorno in silenzio, né io né Matt abbiamo voglia di parlare, anzi credo che Matt sia piuttosto nervoso, anche se cerca di non darlo a vedere; mi limito a cambiare le stazioni radio alla ricerca di una qualsiasi canzone che conosco, così da poter tenere impegnata la mente per cantare, ma nulla da fare.
-Hai fame?- chiede Matt dopo ore che in realtà sembrano secoli.
-Non molta- rispondo. Ho una strana sensazione alla bocca dello stomaco, come se tutto quello che è accaduto in questi giorni stesse per finire, come se questo viaggio ci stesse conducendo verso la fine di qualcosa che, in fin dei conti, non è mai iniziata.
Diversi minuti dopo Matt si ferma ad un drive e prende qualcosa da mangiare per sé e un frullato al caffè e una ciambella per me, che in fin dei conti non ho poi così tanta fame.
Non troviamo traffico sulla strada per il ritorno e Matt, pigiando costantemente sull'acceleratore, riduce drasticamente il tempo che ci separa dal nostro ritorno al campus .
Quando arriviamo Matt sosta con la macchina davanti all'edificio del dormitorio, serra le mani sul volante e noto che il suo torace si alza e abbassa spasmodicamente, lo guardo un po' contrariata poi apro la portiera della sua auto.
-Matt, non preoccuparti. Ero consapevole del fatto che i due giorni che abbiamo trascorso insieme sarebbero rimasti a Port WentWhort...- dico con un fil di voce, ma sicura di me.
Mi costa non poca fatica doverlo ammettrlo, ma sapevo che non era nulla di serio; ho imparato a conoscere Matthew e ho capito che le relazioni stabili non fanno per lui.
-Amy, mi fa piacere che tu non abbia visto più di quanto in realtà c'è, mi hai tolto un peso. Ci vediamo in giro, splendore!.
Resto allibita dalle sue parole mentre lo osservo allontanarsi, sgommando, con la sua auto.
Mai mi sarei aspettata una tale risposta da lui; va bene tutto, ma non questo, queste offese gratuite non le posso sopportare.
Arranco a fatica su per le scale, rimuginando sulle sue parole, che hanno scavato una voragine nel mio petto e arrivata in camera, tra le mie confortevoli mura, lascio libere le lacrime che possono riversarsi sul mio viso.












SPAZIO AUTRICE
Eccoci qui con un nuovo capitolo. Mi scuso per gli, quasi certi, orrori ahahahahahah. Mi raccomando, fatevi sentireeeeee!!!!

L'AMORE NON HA BISOGNO DI PAROLEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora